Vita Chiesa
Mediterraneo, Vescovi in San Marco. Bassetti: “Vi racconto l’aneddoto di La Pira e l’ex studente disperato sotto al Campanile di Giotto”
Il professor Ugo De Siervo, presidente emerito della Corte Costituzionale ha affrontato la dimensione giuridica e costituzionale del Professor Giorgio La Pira che “malgrado la sua forte fede cattolica, si impegna per costruire la casa comune, dove possono vivere e cooperare credenti e non credenti. Eletto all’assemblea costituente in quota DC, entra a far parte della 75° commissione. La sua relazione alla commissione della costituente fu contestata, perché scritta con terminologie troppo cattoliche. Le discussioni diedero origine al compromesso costituzionale, intorno al grande dibattito iniziale si forma unione in cui si riconoscono forze politiche e sociali diverse e distanti tra loro. Malgrado il clima politico tesissimo la Costituzione nel ’47 viene approvata da oltre il 90%. La costituzione per La Pira doveva essere uno strumento giuridico, storicamente proporzionato alla creazione di un ordine sociale nuovo a cui il parlamento doveva tendere in futuro”.
Il dottor Giuseppe Matulli, ex sindaco e parlamentare, Fondazione La Pira è intervenuto sul La Pira amministratore: “Non c’è un settore della città di Firenze non affrontato nei suoi mandati da sindaco. L’obiettivo di ‘Una casa per amare’: le case minime, per cui é attaccato anche da sinistra. Lo porta alle estreme conseguenze e oggetto delle inquisizioni. Episodio molto bello nel bel mezzo di questa fase. Ad una cena del Rotary Club a cui la Pira arrivò con grande ritardo. Il suo posto a tavola era già stato tolto. Al suo arrivo gli fu liberato prontamente. La Pira, da grandissimo comunicatore qual era, disse al presidente del Rotary che lui aveva appena fatto quello che rimproveravano a lui: 1Il mio club é quello della città, non posso star tranquillo se qualcuno del mio club non ha un posto dove sedere”.
Infine ha preso la parola il professor Mario Primicerio, Presidente delle Fondazione La Pira: “Dove nasce l’impegno di La Pira nell’agire nella scena internazionale? Ai sindaci convenuti a Firenze (nel 1955) farà dire che “le città non vogliono morire”. Nessuno ha il diritto di distruggere le città, perché non ci appartengono. In questi giorni che si profilano prospettive di guerra, ci accorgiamo che sono proprio le città a subire le più dirette conseguenze del conflitto. La Pace é una cosa troppo seria per lasciarla fare solo ai governi e alle diplomazie. L’azione e l’impegno per la pace deve essere sorretto dalle istituzioni più vicine ai cittadini. Quelle locali, delle città. Dopo il convegno dei sindaci del 1955, in piena guerra fredda, nasce la stagione dei “Colloqui Mediterranei”. Perché allora il “mare nostrum” non era frontiera di pace, ma l’incrocio esatto delle frontiere di guerra. Dei due blocchi est-ovest e quello nord-sud, tra Europa e Africa. Il Mediterraneo é la culla della triplice famiglia di Abramo, la pace del mondo passa attraverso la pace di Gerusalemme. Ritenuto un’utopista, un sognatore, ma lui si definiva realista: “Sono, invece, drammaticamente utopisti coloro che pretendono di risolvere problemi inediti con mezzi drammaticamente superati come quelli della guerra, della contrapposizione”. L’unica strada é quella del dialogo, difficile e inquinato dalle volontà di prevalenza, che inevitabilmente dovrà trionfare. C’era una frase che La Pira diceva sempre al termine dei colloqui Mediterranei, che vorrei potessimo ripetere anche oggi, al termine di questi incontri: “l’anno prossimo a Gerusalemme” – che si dice tradizionalmente nella cena di Pasqua degli Ebrei. Il fine dei nostri sforzi, anche se non sappiamo quando sarà questo domani”.