Vita Chiesa
Papa in Iraq: Card. Sako, “Le lacrime del Papa hanno commosso tutti gli iracheni. Ora una ‘magna charta’ per ricostruire l’Iraq delle civiltà”
“Stamattina mi sono recato in nunziatura a salutare Papa Francesco che partiva. Gli ho chiesto prima di andarsene: ‘Sei felice?’ Mi ha sorriso, e levando le sue braccia mi ha risposto “Sì, tanto!”. Io gli ho detto: “Santità, lei ha segnato la storia di questo Paese. Dopo tutto quello che abbiamo sofferto è arrivato il momento di cambiare la cultura e la mentalità del nostro Paese”. Il patriarca caldeo di Baghdad, il card. Louis Raphael Sako, racconta così il suo saluto a Papa Francesco poco prima del suo rientro in Italia, al termine del viaggio di 4 giorni in Iraq, il primo di un pontefice nella terra di Abramo. È ancora emozionato il cardinale. Al telefono parla di “una visita impreziosita dalla sua semplicità, dalla sua umiltà, e dal suo amore, ricca di messaggi molto profondi”. E ripercorre tutte le tappe del viaggio, Baghdad, Najaf, Ur dei calde, Mosul, Qaraqosh e Erbil: “sono stati tutti momenti commoventi con gli occhi del mondo intero puntati sull’Iraq. Il Papa ha toccato il cuore di tutti gli iracheni. Non dimenticheremo mai questi giorni. Le lacrime del Pontefice a Mosul, in mezzo alle macerie di questa città simbolo della violenza inaudita di Daesh, hanno commosso tutto il Paese”.
“Il dono più bello di questa visita è stata la presenza stessa del Pontefice tra di noi. Un qualcosa di eccezionale che tutti hanno voluto assaporare” dice Mar Sako che rivela: “Alle messe hanno partecipato più di 150 musulmani e tutti hanno voluto il libretto per seguire le celebrazioni. Anche la gente rimasta fuori ha chiesto la stessa cosa. Sono state presenti tantissime autorità, diplomatici e ministri. Un fatto davvero commovente”. Al termine della sua visita, aggiunge Mar Sako, “il Papa ci lascia un mandato molto forte: quello ‘di essere strumenti della pace di Dio e della sua misericordia, artigiani pazienti e coraggiosi di un nuovo ordine sociale’, come ci ha detto ieri alla messa a Erbil. La sua visita ha rappresentato per noi e per tutto l’Iraq un momento storico”.
“Dobbiamo mettere a frutto quanto ci ha detto – sottolinea il patriarca caldeo -: siete e siamo tutti fratelli cui fanno eco le parole del Grande Ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani ‘Voi siete parte di noi e noi parte di voi’. Siamo fratelli anche se diversi e per questo siamo chiamati a uscire fuori dalla spregevole mentalità del tradimento e del settarismo e ad accettarci a vicenda con amore, rispettando le ricche differenze di fede, cultura, etnia. Come ci ha detto il Papa: per costruire il futuro dobbiamo puntare più su quanto che ci unisce che su quanto ci divide”. Quindi “accogliere, comprendere, rispettare e perdonare: è un cammino lungo che siamo chiamati ad intraprendere per il bene dell’Iraq ma anche di tutta la Regione”.
“In questi giorni tutti gli iracheni erano uniti come un solo popolo per la presenza del Papa. Anche chi osteggiava la visita, chi era scettico, ha dovuto ricredersi. Siamo stati una squadra: la presidenza, il governo, le autorità sciite e sunnite, la chiesa, i servizi di sicurezza e i media. Poco fa – dice Mar Sako – il premier Mustafa al Kadhimi ha parlato in Tv e ha ribadito il suo impegno nel redigere una sorta di ‘magna charta’ per il futuro dell’Iraq che preveda il rispetto dei diritti e delle diversità, garantire la sovranità del Paese, ed altro ancora per la rinascita, il progresso e la prosperità del nostro Paese”. “Da parte mia – conclude il cardinale – ho proposto al presidente Barham Salih di promuovere un incontro per confrontarci sulla visita e vedere come metterla a frutto. Non dobbiamo arrenderci adesso. La nostra preghiera è che l’Iraq torni ad essere il Paese delle civiltà, delle religioni e della diversità”.
Intanto nasce già un primo frutto della visita papale: in un tweet il premier al Kadhimi, ha dichiarato il 6 marzo Giornata nazionale della tolleranza e della coesistenza. Un modo per “celebrare” e ricordare gli storici incontri di Najaf tra l’Ayatollah Ali Al Sistani e Papa Francesco e di Ur dei Caldei, nella terra di Abramo.