Vita Chiesa
Papa Francesco: 51 anni fa l’inizio del suo sacerdozio
Papa Francesco celebra oggi 51 anni di sacerdozio. Jorge Mario Bergoglio è stato ordinato presbitero il 13 dicembre del 1969, a pochi giorni dal suo trentatreesimo compleanno (17 dicembre); undici anni prima, l’11 marzo del 1958, aveva fatto il suo ingresso nel noviziato della Compagnia di Gesù all’interno della quale ha emesso la professione perpetua il 22 aprile del 1973. Il Pontefice scopre la sua vocazione il 21 settembre 1953: è il giorno della memoria liturgica di San Matteo, e il giovane Jorge Bergoglio, diciassettenne, di passaggio nella parrocchia dove era solito andare, avverte la necessità di confessarsi. Trova un prete che non conosceva e quella confessione gli cambia la vita. “Questa è stata per me un’esperienza di incontro: ho trovato che qualcuno mi aspettava. Ma non so cosa sia successo, non ricordo, non so proprio perché fosse quel prete là, che non conoscevo, perché avessi sentito questa voglia di confessarmi, ma la verità è che qualcuno m’aspettava – ha raccontato Francesco il 18 maggio 2013 alla Veglia di Pentecoste in piazza San Pietro con i movimenti, le nuove comunità, le associazioni e le aggregazioni laicali -. Mi stava aspettando da tempo. Dopo la Confessione ho sentito che qualcosa era cambiato. Io non ero lo stesso. Avevo sentito proprio come una voce, una chiamata: ero convinto che dovessi diventare sacerdote”. Bergoglio sperimenta la presenza amorosa di Dio nella sua vita, si sente toccare il cuore ed avverte la discesa della misericordia di Dio, che con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull’esempio di Sant’Ignazio di Loyola. È stato questo episodio della sua vita ad ispirare la scelta del suo motto da Pontefice “miserando atque eligendo” – già utilizzato da vescovo – tratto dalle Omelie di San Beda il Venerabile, sacerdote (Om. 21; CCL 122, 149-151), che commentando l’episodio evangelico della vocazione di San Matteo, scrive: “Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me” (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi).
Papa Francesco si rivolge spesso ai sacerdoti nelle sue omelie e nei suoi discorsi. Quest’anno, in particolare, li ha citati più volte riferendosi all’attuale pandemia e all’impegno profuso al fianco dei fedeli provati dall’emergenza sanitaria. In una lettera indirizzata il 31 maggio scorso al clero romano, che avrebbe voluto incontrare alla Messa crismale rinviata a causa delle restrizioni imposte dal Covid-19, Francesco parla ai pastori del popolo di Dio che hanno toccato con mano il dolore della gente, “per essere più vicino”, “condividere e confermare il cammino”. “Come comunità presbiterale – ha scritto il Papa – non siamo stati estranei a questa realtà e non siamo stati a guardarla alla finestra; inzuppati dalla tempesta che infuriava, voi vi siete ingegnati per essere presenti e accompagnare le vostre comunità: avete visto arrivare il lupo e non siete fuggiti né avete abbandonato il gregge”. Francesco ha spronato i sacerdoti alla saggezza, alla lungimiranza e all’impegno comune, e guardando al futuro ha precisato che “sarà indispensabile sviluppare un ascolto attento ma pieno di speranza, sereno ma tenace, costante ma non ansioso che possa preparare e spianare le strade che il Signore ci chiama a percorrere”. “Come sacerdoti, figli e membri di un popolo sacerdotale, ci spetta assumere la responsabilità per il futuro e proiettarlo come fratelli” conclude la lettera.
Parlando poi il 20 giugno a medici, infermieri e operatori sanitari della Lombardia, Francesco ha ricordato “lo zelo pastorale e la sollecitudine creativa dei sacerdoti” che “hanno aiutato la gente a proseguire il cammino della fede e a non rimanere sola di fronte al dolore e alla paura”. “Ho ammirato lo spirito apostolico di tanti sacerdoti, che andavano con il telefono, a bussare alle porte, a suonare alle case: “Ha bisogno di qualcosa? Io le faccio la spesa…”. Mille cose – ha detto il Papa -. La vicinanza, la creatività, senza vergogna. Questi sacerdoti che sono rimasti accanto al loro popolo nella condivisione premurosa e quotidiana: sono stati segno della presenza consolante di Dio”. Quindi ha aggiunto: “Purtroppo non pochi di loro sono deceduti, come anche i medici e il personale paramedico”. Infine si è rivolto ai sacerdoti che sono stati malati e che “grazie a Dio sono guariti” e a tutto il clero italiano, “che ha dato prova di coraggio e di amore alla gente”.