Vita Chiesa

Concistoro, lo stemma del cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val D’Elsa- Montalcino

Blasonatura dello stemma Scudo a calice, inquartato d’oro e d’azzurro. Nel primo alla spada d’argento, posta in palo; nel secondo al giglio e alla stella (8) d’oro, posti in sbarra; nel terzo a due onde d’argento poste in campagna, sormontate da un’ancora di nero; nel quarto alla ruota (16) di rosso. Detto scudo accollato ad una croce arcivescovile astile trifogliata d’oro; timbrato da un galero prelatizio di rosso, con quindici fiocchi, dello stesso, pendenti per ciascun lato, ordinati in cinque livelli (1,2,3,4,5); accompagnato in punta dal pallio da metropolita e da un cartiglio bifido svolazzante, d’argento, caricato del motto “MIHI FECISTIS”, di nero.

Esegesi dello stemma Lo stemma araldico del Cardinale Augusto Paolo Lojudice, del Titolo di Santa Maria del Buon Consiglio, Arcivescovo Metropolita di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino, è composto da cinque elementi: lo scudo, la croce, il galero prelatizio, il pallio ed il cartiglio. Ciascun elemento è proprio del presule o della carica che ricopre.

1. LO SCUDO

Forma Lo scudo è a forma di calice, tipico della tradizione inglese, ma ormai diffuso ovunque, ricorda inoltre il calice con il quale si celebra quotidianamente l’Eucaristia (elemento fondamentale del ministero del Sacerdote e del Vescovo).

Partizione La partizione dello scudo è inquartata (diviso in quattro parti), la prima e la quarta d’oro, la seconda e la terza d’azzurro.

Elementi figurativi Le figure che compaiono nello scudo sono: la spada, che simboleggia la Parola di Dio (altro elemento fondamentale del ministero del Diacono, del Sacerdote e del Vescovo), ma anche San Paolo Apostolo, compatrono della Diocesi di Roma (diocesi di origine del titolare dell’arma) e patrono personale del presule (che usa il secondo come nome principale); il giglio, chiaro riferimento a San Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e Patrono della Chiesa Universale (anche in omaggio al Santo Padre Francesco che lo ha eletto Vescovo e creato Cardinale, il quale presenta lo stesso riferimento nel suo stemma, anche se con un fiore di nardo); la stella, ad otto punte, altrettanto chiaro riferimento a Maria Santissima, cara al Cardinale con i titoli di Nostra Signora del Suffragio (in riferimento alla parrocchia d’origine), Madre della Fiducia (in riferimento al Seminario Romano, dove si è preparato al sacerdozio, prima, ed ha esercitato il ministero di direttore spirituale, dopo), Madre del Buon Consiglio, Madre del Redentore, Regina dei Confessori della Fede (in riferimento alle parrocchie romane di ministero sacerdotale e del titolo cardinalizio), Salus Populi Romani e Madre del Divino Amore (in riferimento alla diocesi di Roma), Patrona e Regina di Siena (in riferimento all’Arcidiocesi di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino); le onde del mare sormontate dall’àncora (uno dei primi simboli del cristianesimo), chiaro riferimento a Cristo, sola àncora di salvezza nel mare del mondo; la ruota, simbolo della laboriosità e del lavoro, che richiama l’attività caritativa del titolare dello stemma: una ruota rossa a sedici braccia è infatti l’elemento principale della bandiera del popolo rom, una delle realtà che maggiormente il presule ha incontrato nel servizio di sostegno a chi si trova nel bisogno.

Colori I colori utilizzati nello scudo sono il giallo, il blu, il bianco, il rosso ed il nero (che nel linguaggio degli smalti araldici sono detti rispettivamente oro, azzurro, argento, rosso e nero): l’oro è il metallo più nobile, molto usato in araldica, è simbolo di virtù spirituali quali fede, clemenza, temperanza, carità e giustizia; l’azzurro, essendo il colore del cielo, simboleggia tutte le idee più alte: la virtù e la fermezza incorruttibile e la gloria; in questo scudo inoltre, l’oro e l’azzurro sono riferimento alle Famiglie Lojudice ed Angeli, famiglie d’origine del presule; l’argento è uno dei metalli più usati in araldica per il suo splendore, per il colore metallico e per la sua bellezza: simboleggia l’amicizia, l’equità, la giustizia, l’innocenza e la purezza; il rosso simboleggia virtù spirituali quali, ad esempio, l’amore ardente verso Dio, il prossimo e la giustizia, simboleggia anche, allo stesso tempo, la porpora ed il sangue (i cardinali infatti sono chiamati a testimoniare la Fede fino all’effusione del sangue); il nero, infine, che fu introdotto al tempo dei cavalieri come colore del lutto, è il simbolo della stabilità e della costanza.

2. LA CROCE La croce, d’oro, posta in palo dietro lo scudo, è simbolo distintivo della dignità episcopale del titolare dello stemma, elemento ormai codificato da secoli per identificare, a due bracci orizzontali, un arcivescovo.

3. IL GALERO PRELATIZIO Il galero prelatizio rosso, con quindici nappe (o fiocchi) dello stesso colore pendenti per ciascun lato, ordinati in cinque livelli con, rispettivamente, 1, 2, 3, 4 e 5 nappe per ogni livello, costituisce l’elemento araldico distintivo proprio con il quale ogni cardinale timbra il proprio scudo personale.

4. IL PALLIO Il pallio, costituito da una striscia di stoffa di lana bianca con delle croci nere, è un paramento liturgico che si adagia sulle spalle e rappresenta la pecora che il pastore porta sulle sue spalle come il Cristo ed è pertanto simbolo del compito pastorale di chi lo indossa. Il pallio è prerogativa degli arcivescovi metropoliti, come simbolo della giurisdizione in comunione con la Santa Sede e viene consegnato dal Santo Padre che lo benedice nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo nella Basilica Vaticana. L’Arcivescovo di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino lo porta in quanto Metropolita della Provincia Ecclesiastica di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino che ha come diocesi suffraganee la Diocesi di Grosseto, la Diocesi di Massa Marittima – Piombino, la Diocesi di Montepulciano – Chiusi – Pienza e la Diocesi di Pitigliano – Sovana – Orbetello.

5. IL CARTIGLIO Il cartiglio, posto sotto lo scudo, contiene il motto personale scelto dal titolare dello stemma: “MIHI FECISTIS” (in italiano “LO AVETE FATTO A ME”), tratto dal Vangelo di Matteo (25, 40) che, riprendendo il discorso di Gesù nel Giudizio Finale, costituiscono le linee guida della vocazione e del ministero del presule. Richiama anche il motto di Santa Teresa di Calcutta.