Vita Chiesa
Giornata dei poveri: Leonardo Di Mauro (Cei), “I poveri ci chiedono un po’ di posto, soprattutto nel nostro cuore”
“Cosa ci chiedono i poveri? Prima di tutto di non essere dimenticati, di non voltarci dall’altra parte, di non cedere alla tentazione della rassegnazione, del cinismo e dell’indifferenza”. Don Leonardo Di Mauro è il responsabile del Servizio nazionale per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo della Cei. Siamo andati da lui per capire, alla vigilia della Giornata mondiale dei poveri, chi sono oggi le persone più vulnerabili, come la pandemia ha cambiato in questi mesi il volto della povertà e soprattutto come la Chiesa italiana sta andando incontro alle nuove esigenze che emergono come un grido d’aiuto dalle “periferie” del mondo. Da questo punto di vita, il suo ufficio è un osservatorio interessante: è qui che arrivano le richieste di aiuto alla Chiesa italiana da parte di missionari, vescovi, diocesi di tutto il mondo. “I poveri, come dice Gesù, li avremo sempre con noi”, fa notare don Di Mauro. “E la Chiesa, fedele alla sua missione, incontrandoli, si comporta come Cristo, il Buon Samaritano della storia che ancor oggi viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito versando sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”.
Che cosa ci sta chiedendo oggi l’umanità sofferente e povera?
Proprio oggi ho ricevuto su WhatsApp un piccolo video in cui il vescovo di Butembo-Beni (nord-est della Repubblica Democratica del Congo) racconta che lo scorso fine settimana c’è stato un ennesimo massacro nel silenzio vergognoso di tanti. Mentre i potenti sono occupati a dividersi la torta del potere – dice il vescovo – la popolazione che soffre è ignorata. L’ultima enciclica del Papa ci ricorda che siamo tutti fratelli perché figli dello stesso Padre, Creatore del cielo e della terra. E sopra la terra e sotto il cielo c’è posto per tutti. Ecco, direi che l’umanità sofferente e povera ci chiede un po’ di posto, non solo sulla terra e sotto il cielo, ma anche e, soprattutto, nel nostro cuore.
La Giornata è un invito a tendere la mano al povero. Come lo sta facendo la Chiesa italiana?
Come si sa, quasi un terzo dell’intero budget dell’8xmille è destinato alla carità. La gran parte attraverso le diocesi italiane e le Caritas diocesane; una parte per interventi di rilievo nazionale; un’altra parte (quest’anno 80 milioni di euro) attraverso il Servizio interventi caritativi a me affidato, per progetti di formazione e sviluppo sociale in zone povere del mondo. Questi fondi affidati alla Chiesa che è in Italia, sono la mano tesa alle Chiese sorelle più povere sparse nel mondo e impegnate a servire i popoli impoveriti dal saccheggio di risorse (umane e materiali) e dall’economia che uccide. Grazie ad essi in tanti posti del mondo dove ne sarebbero privi, si realizzano scuole di ogni grado, scuole professionali ed infermieristiche, scuole agricole ed artigianali, centri di salute, si impiantano mezzi di comunicazione sociali, si portano avanti progetti di promozione della donna e di difesa delle minoranze etniche, si difendono i diritti umani e civili.
Come si trasforma la Chiesa nel suo incontro con il povero?
Mi vengono in mente le Caritas diocesane che fin dai primi giorni dell’emergenza Covid-19 hanno continuato a stare accanto agli ultimi e alle persone in difficoltà, mettendo in atto risposte diversificate, mai sperimentate in precedenza: pensiamo ai servizi di ascolto e di accompagnamento telefonici o l’ascolto organizzato all’aperto, la consegna di pasti a domicilio e la fornitura di pasti da asporto, la distribuzione di dispositivi di protezione individuale e igienizzanti, la messa a disposizione di alloggi per i periodi di quarantena e isolamento, i servizi legati all’acquisto e distribuzione di farmaci e prodotti sanitari o i servizi di assistenza psicologica. Una vivacità di iniziative e opere realizzate anche grazie alla disponibilità di oltre 62mila volontari, a partire dai giovani del servizio civile universale, che da nord a sud del Paese si sono spesi a favore dei più vulnerabili.
Chi sono i poveri oggi?
I poveri nel mondo sono quelli di sempre. Come ebbe a dire Papa Francesco, non esiste solo la pandemia del Covid 19, ci sono anche le pandemie della fame, della guerra, ecc. Ognuna di queste pandemie genera poveri. Anche questa pandemia, come le altre, ha forti conseguenze economiche dovute alle chiusure e limitazioni imposte dai governi. In tanti paesi poveri le conseguenze economiche uccideranno più che la malattia stessa. Da noi, infatti, tali gravi conseguenze sono, almeno in parte, attenuate dai diversi aiuti e sussidi sociali. Tutto questo non esiste in molti paesi e tanta gente rimane in balia di se stessa. Penso a quanti non hanno una casa in cui rinchiudersi per proteggersi e a quanti vivono di lavori occasionali. Ma anche alle gravi conseguenze educative dovute alla mancanza di tecnologia che permetta, come da noi, di sopperire in parte da remoto. Diversi progetti di formazione in corso, ad esempio, stanno chiedendo variazioni di budget per poter acquistare strumenti per comunicare a distanza.
Come è cambiata la povertà con la pandemia?
Meglio ricorrere a strumenti idonei per esprimere bene la situazione. Dal Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia pubblicato lo scorso mese da Caritas Italiana, emerge un dato significativo: i centri di ascolto confermano una crescita della povertà. Da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%, quasi la metà di chi si rivolge alla rete Caritas non lo aveva mai fatto in passato. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani e delle persone in età lavorativa.
Allargando lo sguardo sul mondo, cosa sta succedendo?
Preoccupano i dati della Banca mondiale che per la prima volta dopo venti anni attestano la crescita della povertà estrema: le persone costrette a vivere con meno di 2 dollari al giorno salgono da 60 milioni a una quota che oscilla tra gli 88 e 114 milioni. Si palesano poi disuguaglianze e sperequazioni sociali che il virus ha fatto emergere in tutta la loro crudezza, rendendole ancora più acute, e che non sempre i diversi sistemi di protezione sociale dei vari Paesi riescono a contenere.