“Siamo in un anno drammatico: la pandemia da Covid-19 ha portato malattia e morte in tante famiglie, ha messo in luce la nostra fragilità, ha ridimensionato la pretesa di controllare il mondo ritenendoci capaci di assicurare una vita migliore con il consumo e il potere esercitato a livello globale. Sono emerse tante contraddizioni nel nostro modo di concepire la vita e le speranze del futuro”. Lo scriive la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e la Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei nel messaggio per la 15ª Giornata nazionale per la Custodia del Creato, che ricorre il 1° settembre, dal titolo “Vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà (Tt 2,12). Per nuovi stili di vita”. “Si è visto un sistema socio-economico segnato dall’inequità e dallo scarto, in cui troppo facilmente i più fragili si trovano più indifesi”, aggiungono i vescovi, che esprimono alle tante persone colpite negli affetti come nel lavoro la loro vicinanza, nella preghiera come nella solidarietà concreta. Osservando che “l’emergenza sanitaria ha anche messo in luce una capacità di reazione forte della popolazione, una disponibilità a collaborare”, le due commissioni episcopali evidenziamo l’impegno di medici e operatori sanitari, “pronti a spendersi con generosità, in alcuni casi fino al dono della vita, per la cura dei malati”, di tanti lavoratori e famiglie. “Abbiamo toccato con mano tutta la nostra fragilità, ma anche la nostra capacità di reagire solidalmente a essa – continua il messaggio –. Abbiamo capito che solo operando assieme, anche cambiando in profondità gli stili di vita, possiamo venirne a capo. Ne è prova anche la solidarietà che si è venuta a creare verso i nuovi poveri che bussano alla porta della nostra vita”.Certi che “abbiamo compreso il valore della lungimiranza, per non farci trovare nuovamente impreparati dall’emergenza stessa; per agire in anticipo, in modo da evitarla”, i vescovi affermano che “adesso è tempo di ripensare tanti aspetti della nostra vita assieme, dalla coscienza di ciò che più vale e le dà significato, alla cura della stessa vita, così preziosa, alla qualità delle relazioni sociali ed economiche”. “Davvero la pandemia ha evidenziato tante situazioni di vuoto culturale, di mancanza di punti di riferimento e di ingiustizia, che occorre superare. Non ultimo, in un contesto di incertezza e fragilità, diventa fondamentale ricostruire un sistema sanitario fondato sulla centralità della persona e non sull’interesse economico. Il suo smantellamento ha creato le condizioni per un impoverimento sociale”.Si legge nel messaggio, dal titolo “Vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà. Per nuovi stili di vita”: “Cominciamo col guardare al nostro rapporto con l’ambiente; ‘tutto è connesso’ e la pandemia è anche il segnale di un ‘mondo malato’, come segnalava Papa Francesco nella preghiera dello scorso 27 marzo”. “La scienza, provata nella sua pretesa di controllare tutto, sta ancora esplorando i meccanismi specifici che hanno portato all’emergere della pandemia – aggiungono i vescovi –. Essa appare, oltre che per ragioni sanitarie non ancora spiegate, anche come la conseguenza di un rapporto insostenibile con la Terra”.L’attenzione delle due commissioni episcopali è per “l’inquinamento diffuso, le perturbazioni di tanti ecosistemi e gli inediti rapporti tra specie”, che “possono aver favorito il sorgere della pandemia o ne hanno acutizzato le conseguenze”. “Questa emergenza ci rimanda, insomma, anche all’altra grande crisi: quella ambientale, che pure va affrontata con lungimiranza”.Riferendosi alla “profondità” e all’“ampiezza” degli effetti che il mutamento climatico sta avendo sul pianeta, i vescovi osservano che “se ‘nulla resterà come prima’, anche in quest’ambito dobbiamo essere pronti a cambiamenti in profondità, per essere fedeli alla nostra vocazione di ‘custodi del creato’”. “Purtroppo, invece, troppo spesso abbiamo pensato di essere padroni e abbiamo rovinato, distrutto, inquinato, quell’armonia di viventi in cui siamo inseriti”. Parole che richiamano l’“eccesso antropologico” di cui parla Francesco nella Laudato si’. Per rimediare, i presuli chiedono di “assumere uno sguardo contemplativo, che crea una coscienza attenta, e non superficiale, della complessità in cui siamo e ci rende capaci di penetrare la realtà nella sua profondità”. “Da esso nasce una nuova consapevolezza di noi stessi, del mondo e della vita sociale e, di conseguenza, si impone la necessità di stili di vita rinnovati, sia quanto alle relazioni tra noi, che nel nostro rapporto con l’ambiente”. Infine, l’invito rileggere la Laudato si’ nelle nostre diocesi, nelle parrocchie, in tutte le associazioni e movimenti “in maniera metodica e capillare, con l’aiuto di varie competenze”.