Vita Chiesa
Coronavirus, don Falabretti (Cei): “Pandemia non diventi alibi per non rialzarsi. Aiutare i giovani a pregare insieme”
La prima Gmg senza processione dei giovani, in una piazza san Pietro vuota, a causa del Coronavirus. Riflettendo sul tema della Gmg “Giovane, dico a te, alzati!”, don Falabretti rimarca: “Non possiamo lasciare che la vicenda molto seria della pandemia, che ha dei costi in termini di sofferenza, di vite umane, di economia, passi senza rifletterci. Non si può tornare alla vita e non torneremo alle cose di prima, ricominciando da dove le abbiamo lasciate”. “Sentiamo dire – aggiunge il sacerdote – che il virus è un castigo di Dio, ascoltiamo da varie parti dei mea culpa di chi crede che la pandemia sia il risultato delle nostre errate scelte di vita. Ecco, io non vorrei che diventassero alibi per non alzarsi di nuovo e non cominciare ad incidere come dovremmo con scelte che investono il nostro modo di stare accanto agli altri. E non posso nemmeno lamentarmi per l’assenza della Eucarestia se poi non torno all’Eucarestia disposto a far sì che questa diventi la forma della mia vita. Non solo incontro e donazione con Cristo ma diventare come Lui in termini di fraternità e di carità. Io credo che alzarsi voglia dire questo. Altrimenti sarà tutto inutile”. “A questa Gmg mancherà il fatto di potersi incontrare. Voglio sperare, allo stesso modo, che in questo tempo ci sia almeno spazio per la riflessione e il silenzio”.
Sulla pagina web del Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg) don Falabretti torna ancora sulla Gmg: “Nessuno di noi – scrive – avrebbe mai immaginato una situazione del genere: le parole non sono sufficienti a dire ciò che ci abita il cuore e nello stesso tempo sono necessarie perché qualcosa cominci a essere raccontato e riconosciuto. La morte, in diverse zone d’Italia, non ha risparmiato nessuna famiglia: tutti hanno avuto almeno un parente o un amico caro da salutare. L’ombra della morte si prolungherà ancora per molto tempo anche a causa dell’impossibilità di celebrare i riti del congedo: è un’esperienza di morte che in un certo senso si raddoppia”. La Settimana Santa, allora, “ci viene incontro come la risposta cristiana al desiderio di speranza, di vita, di respiro che tutti cerchiamo in questo tempo. È la settimana in cui Gesù patisce, muore e risorge e forse mai come quest’anno vediamo il suo dolore nell’esperienza di molti ammalati, dei loro cari, di chi si sta prendendo cura di loro. Per questo sarà ancora più importante aiutare i ragazzi, gli adolescenti, i giovani a non perdere la possibilità di pregare insieme”. Le nuove tecnologie, per don Falabretti, “sono un dono” perché aiutano “a non perdersi di vista, ad accorciare le distanze, a ritrovarsi vicini; anche se non poter essere fisicamente presenti alle celebrazioni rende la preghiera non solo inedita, ma anche più faticosa”. “Restiamo vicini con la preghiera, ma anche con il ricordo e l’amicizia – conclude il responsabile del Snpg – molti si stanno augurando che un tempo così difficile ci renda migliori e ci permetta di tornare alle nostre cose con un rinnovamento interiore. Me lo auguro anche io, anche se credo che non sarà un automatismo: ci dovremo lavorare e spero che lo si possa fare insieme”.