Vita Chiesa

Il Papa e le vittime del triplice disastro: l’indifferenza si vince con la compassione

«Facciamo un momento di silenzio e lasciamo che la nostra prima parola sia pregare per le oltre diciottomila persone che hanno perso la vita, per le loro famiglie e per coloro che sono ancora dispersi». È cominciato con questo invito il discorso del Papa alla Bellesalle Hanzomon, dove ha incontrato le vittime del «triplice disastro», il sisma di magnitudo 9 che generò poi il successivo tsunami e l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima nel marzo 2011, causando 18.000 morti. «Una preghiera che ci unisca e ci dia il coraggio di guardare avanti con speranza», ha detto Francesco, che nel suo discorso ha fatto eco alle testimonianze di tre vittime, ascoltate poco prima e salutate al suo arrivo, e ha ringraziato «per gli sforzi delle amministrazioni locali, delle organizzazioni e delle persone che lavorano nella ricostruzione delle aree in cui si sono verificate le catastrofi e per alleviare la situazione delle oltre cinquantamila persone che sono state evacuate, attualmente in alloggi temporanei, senza poter ancora tornare a le loro case». «Sono particolarmente grato, come ha sottolineato Toshiko, per la prontezza con cui molte persone, non solo dal Giappone ma da tutto il mondo, si sono mobilitate immediatamente dopo le catastrofi per soccorrere le popolazioni colpite con la preghiera e l’assistenza materiale e finanziaria», l’omaggio di Francesco: «Un’azione che non può andare perduta nel tempo e venire meno dopo lo shock iniziale, ma che dobbiamo prolungare e sostenere». «Alcuni di coloro che vivevano nelle aree colpite ora si sentono dimenticati e non pochi devono affrontare continui problemi», ha fatto notare il Papa: «terreni e foreste contaminati e gli effetti a lungo termine delle radiazioni». Di qui l’appello «alle persone di buona volontà perché le vittime di queste tragedie continuino a ricevere l’aiuto di cui hanno tanto bisogno». «Senza risorse di base: cibo, vestiario e riparo, non è possibile condurre una vita dignitosa e avere il minimo necessario per poter ottenere una ricostruzione, che a sua volta richiede di sperimentare la solidarietà e il sostegno di una comunità», il monito del Santo Padre: «Nessuno si ‘ricostruisce’ da solo; nessuno può ricominciare da solo. È essenziale trovare una mano amica, una mano fraterna, in grado di aiutare a risollevare non solo la città, ma anche lo sguardo e la speranza».

«Otto anni dopo il triplice disastro, il Giappone ha dimostrato come un popolo può unirsi in solidarietà, pazienza, perseveranza e resistenza», ha detto il Papa. «La strada per un pieno recupero può essere ancora lunga, ma è sempre possibile se può contare sull’anima di questa gente capace di mobilitarsi per soccorrersi e aiutarsi a vicenda», il suo messaggio di fiducia, unito all’invito ad «andare avanti ogni giorno, a poco a poco, per costruire il futuro basato sulla solidarietà e l’impegno reciproco, per voi, i vostri figli e nipoti, e per le generazioni a venire». «Guerre, rifugiati, alimentazione, disparità economiche e sfide ambientali» sono problemi che «non possono essere visti e trattati separatamente», ha ribadito il Papa sulla scorta della Laudato si’: «È un grave errore pensare che oggi i problemi possano essere affrontati in maniera isolata senza considerarli come parte di una rete più ampia. Facciamo parte di questa terra, dell’ambiente; perché tutto, in ultima analisi, è interconnesso». Il primo passo, per Francesco, «oltre a prendere decisioni coraggiose e importanti sull’uso delle risorse naturali, e in particolare sulle future fonti di energia, è lavorare e camminare verso una cultura capace di combattere l’indifferenza». «Uno dei mali che più ci colpiscono sta nella cultura dell’indifferenza», la tesi del Papa, secondo il quale «urge mobilitarsi per aiutare a prendere coscienza che se un membro della nostra famiglia soffre, tutti soffriamo con lui; perché non si raggiunge una interconnessione se non si coltiva la saggezza dell’appartenenza, l’unica capace di assumere i problemi e le soluzioni in modo globale. Apparteniamo gli uni agli altri».

Con le vittime del triplice disastro del 2011, il Papa ha ricordato in particolare l’incidente nucleare di Daiichi a Fukushima e le sue conseguenze. «Oltre alle preoccupazioni scientifiche o mediche, c’è anche il lavoro immenso per ripristinare il tessuto della società», ha fatto notare Francesco: «Fino a quando i legami sociali non saranno ristabiliti nelle comunità locali e le persone avranno di nuovo una vita sicura e stabile, l’incidente di Fukushima non sarà completamente risolto». Ciò implica, ha ribadito associandosi ai vescovi del Giappone, «la preoccupazione per il prolungarsi dell’uso dell’energia nucleare, per cui hanno chiesto l’abolizione delle centrali nucleari». «La nostra epoca è tentata di fare del progresso tecnologico la misura del progresso umano», il grido d’allarme del Papa: «Questo paradigma tecnocratico di progresso e di sviluppo modella la vita delle persone e il funzionamento della società e, spesso, porta a un riduzionismo che tocca tutti gli ambiti delle nostre società». È dunque importante, in momenti come questo, «fare una pausa e riflettere su chi siamo e, forse in modo più critico, su chi vogliamo essere»: «Che tipo di mondo, che tipo di eredità vogliamo lasciare a coloro che verranno dopo di noi?». «La saggezza e l’esperienza degli anziani, insieme all’impegno e all’entusiasmo dei giovani – la tesi di Francesco – possono aiutare a plasmare una visione diversa, una visione che aiuti a guardare con grande rispetto il dono della vita e la solidarietà con i nostri fratelli e sorelle nell’unica, multietnica e multiculturale famiglia umana».

«Quando pensiamo al futuro della nostra casa comune, dobbiamo renderci conto che non possiamo prendere decisioni puramente egoistiche e che abbiamo una grande responsabilità verso le generazioni future», ha quindi ribadito il Papa che ha esortato a «scegliere uno stile di vita umile e austero che risponda alle urgenze che siamo chiamati ad affrontare». «Trovare un nuovo percorso per il futuro, un percorso basato sul rispetto per ogni persona e per l’ambiente naturale», l’appello di Francesco, partendo dalla consapevolezza che «tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità». «Nel continuo lavoro di recupero e ricostruzione dopo il triplice disastro, molte mani devono stringersi e molti cuori devono unirsi come se fossero una cosa sola», la proposta del Papa: «In questo modo, quanti hanno sofferto riceveranno sostegno e sapranno di non essere stati dimenticati. Sapranno che molte persone, attivamente ed efficacemente, condividono il loro dolore e continueranno a tendere una mano fraterna per aiutare».