Vita Chiesa
Papa Francesco: nuovi santi, «essere luci gentili tra le oscurità del mondo»
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«È la santità del quotidiano, di cui parla il santo cardinale Newman», ha spiegato Francesco, che ha preso in prestito le parole del nuovo santo: «Il cristiano possiede una pace profonda, silenziosa, nascosta, che il mondo non vede. Il cristiano è gioioso, tranquillo, buono, amabile, cortese, ingenuo, modesto; non accampa pretese, il suo comportamento è talmente lontano dall’ostentazione e dalla ricercatezza che a prima vista si può facilmente prenderlo per una persona ordinaria». Invocare, camminare, ringraziare, i tre verbi attorno a cui si è incentrata l’omelia.
«Abbiamo bisogno di guarigione, tutti», ha esordito Francesco: «Abbiamo bisogno di essere risanati dalla sfiducia in noi stessi, nella vita, nel futuro; da molte paure; dai vizi di cui siamo schiavi; da tante chiusure, dipendenze e attaccamenti: al gioco, ai soldi, alla televisione, al cellulare, al giudizio degli altri. Il Signore libera e guarisce il cuore, se lo invochiamo. La fede cresce così, con l’invocazione fiduciosa, portando a Gesù quel che siamo, a cuore aperto, senza nascondere le nostre miserie. Invochiamo con fiducia ogni giorno il nome di Gesù: Dio salva. La preghiera è la porta della fede, la preghiera è la medicina del cuore». «La fede richiede un cammino, un’uscita, fa miracoli se usciamo dalle nostre certezze accomodanti, se lasciamo i nostri porti rassicuranti, i nostri nidi confortevoli», ha garantito il Papa: «La fede aumenta col dono e cresce col rischio».
«Il punto di arrivo non è la salute, non è lo stare bene, ma l’incontro con Gesù», ha spiegato Francesco: «La salvezza non è bere un bicchiere d’acqua per stare in forma, è andare alla sorgente, che è Gesù. Solo Lui libera dal male, e guarisce il cuore, solo l’incontro con Lui salva, rende la vita piena e bella». «Questa è la cosa più importante della vita: abbracciare il Signore della vita», ha detto il Papa, secondo il quale «il culmine del cammino di fede è vivere rendendo grazie. Possiamo domandarci: noi che abbiamo fede, viviamo le giornate come un peso da subire o come una lode da offrire? Rimaniamo centrati su noi stessi in attesa di chiedere la prossima grazia o troviamo la nostra gioia nel rendere grazie? Ringraziare non è questione di cortesia, di galateo, è questione di fede. Un cuore che ringrazia rimane giovane. Dire: ‘Grazie, Signore’ al risveglio, durante la giornata, prima di coricarsi è l’antidoto all’invecchiamento del cuore, perché il cuore invecchia e si abitua male».