Vita Chiesa

Papa Francesco, Angelus: «non c’è il numero chiuso in Paradiso»

«Non c’è il numero chiuso in Paradiso! Ma si tratta di attraversare fin da ora il passaggio giusto, e questo passaggio giusto è per tutti, ma è stretto. Questo è il problema». Lo ha detto il Papa, durante l’Angelus di ieri, in cui ha spiegato che «Gesù non vuole illuderci, dicendo: ‘Sì, state tranquilli, la cosa è facile, c’è una bella autostrada e in fondo un grande portone…’. Non ci dice questo: ci parla della porta stretta. Ci dice le cose come stanno: il passaggio è stretto». «Per salvarsi bisogna amare Dio e il prossimo, e questo non è comodo!», ha esclamato Francesco: «È una porta stretta perché è esigente, l’amore è esigente sempre, richiede impegno, anzi, sforzo, cioè una volontà decisa e perseverante di vivere secondo il Vangelo. San Paolo lo chiama il buon combattimento della fede».

«Ci vuole lo sforzo di tutti i giorni, di tutto il giorno per amare Dio e il prossimo», il monito del Papa, a commento della parabola evangelica del padrone di casa e delle persone che cercano di farsi riconoscersi da lui, affinché apra loro la porta: «Queste persone allora cercheranno di farsi riconoscere, ricordando al padrone di casa: ‘Io ho mangiato con te, ho bevuto con te… ho ascoltato i tuoi consigli, i tuoi insegnamenti in pubblico…’; ‘Io c’ero quando tu hai dato quella conferenza…’. Ma il Signore ripeterà di non conoscerli, e li chiama operatori di ingiustizia». «Il Signore ci riconoscerà non per i nostri titoli – ‘Ma guarda, Signore, che io appartenevo a quell’associazione, che io ero amico del tal monsignore, del tal cardinale, del tal prete..’», ha commentato il Santo Padre: «No, i titoli non contano, non contano. Il Signore ci riconoscerà soltanto per una vita umile, una vita buona, una vita di fede che si traduce nelle opere. E per noi cristiani, questo significa che siamo chiamati a instaurare una vera comunione con Gesù, pregando, andando in chiesa, accostandoci ai Sacramenti e nutrendoci della sua Parola. Questo ci mantiene nella fede, nutre la nostra speranza, ravviva la carità. E così, con la grazia di Dio, possiamo e dobbiamo spendere la nostra vita per il bene dei fratelli, lottare contro ogni forma di male e di ingiustizia».

«Siamo tutti preoccupati per i vasti incendi che si sono sviluppati in Amazzonia. Preghiamo perché, con l’impegno di tutti, siano domati al più presto». È l’appello del Papa, pronunciato dopo l’Angelus di ieri e a poco più di un mese dal primo Sinodo dei vescovi, da lui convocato, interamente dedicato alla regione così cruciale per la sostenibilità ambientale. «Quel polmone di foreste è vitale per il nostro pianeta», ha sottolineato Francesco, che poi a braccio ha salutato i fedeli argentini: «Vedo che ci sono alcuni miei connazionali argentini, e li saluto bene!». Tra i fedeli presenti in piazza San Pietro, il Papa ha salutato in particolare la comunità del Pontificio Collegio Nord Americano, «specialmente i nuovi seminaristi appena arrivati», esortati «all’impegno spirituale e alla fedeltà a Cristo, al Vangelo e al magistero della Chiesa». «Senza costruire sopra queste colonne, sarà impossibile edificare davvero la vostra vocazione», ha ammonito Francesco.