Vita Chiesa

Papa in Romania: conferenza stampa aereo, «l’ecumenismo si fa camminando insieme, pregando insieme»

«Io non sono rimasto in silenzio, io ho pregato il Padre nostro in italiano». A rivelarlo ai giornalisti, rispondendo ad una domanda sulla recita, in successione, del Padre Nostro in latino e in romeno, prima da parte del Papa e poi da parte del patriarca Daniel, è stato il Papa, durante la conferenza stampa sul volo di ritorno dalla Romania. «Io ho visto durante la predica del Padre Nostro la maggioranza della gente, sia in rumeno sia in latino, pregare», ha proseguito Francesco: «La gente va oltre di noi capi. Noi capi dobbiamo fare degli equilibri diplomatici per assicurare che andiamo insieme, ci sono delle abitudini, delle regole diplomatiche che è buono custodire, perché le cose non si rovinino, ma il popolo prega insieme. Anche noi quando siamo da soli preghiamo insieme, questa è una testimonianza: io ho esperienza di preghiera con tanti, tanti pastori, luterani, evangelici e anche ortodossi».

«Gli ortodossi sono cristiani», ha ricordato il Papa: «Ci sono dei gruppi cattolici un po’ integristi, dobbiamo pregare per loro, perché il Signore, lo Spirito Santo li ammorbidisca un po’». «È facile avvicinarsi a Daniele», ha confessato  riguardo al patriarca ortodosso: «È  facile perché lo sento come un fratello, e noi abbiamo parlato come fratelli, avendo sempre questa idea: l’ecumenismo non è arrivare alla fine della partita, della discussione, l’ecumenismo si fa camminando insieme, pregando insieme». «Questa è già l’unità dei cristiani», ha spiegato il Santo Padre: «Non aspettare così che i teologi si mettano d’accordo di fare l’eucarestia: l’eucarestia si fa tutti i giorni, con la preghiera, con la memoria del sangue dei nostri martiri, con le opere di carità e anche volendosi bene».

Il mancato incontro con Salvini. «Io non ho sentito che nessuno del governo, eccetto il premier, abbia chiesto udienza». Così il Papa, nella conferenza stampa sul volo di ritorno dalla Romania, ha risposto alla domanda di un giornalista sulla sua presunta non volontà di incontrare il vicepremier Salvini. Per avere un’udienza con il Santo Padre si deve far richiesta alla Segreteria di Stato, ha ricordato Francesco: «Il premier Conte l’ha chiesta, è stata data come da protocollo: è stata una bella udienza, con il premier, di un’ora o più forse, un uomo intelligente, un professore, che sa di che parla». Il Papa ha ricordato, inoltre, di non aver ricevuto né il vicepremier, né gli altri ministri, e di aver ricevuto invece il presidente della Repubblica. Interpellato sull’uso dei simboli religiosi in campagna elettorale, ha rivelato: «Non sono entrato in queste notizie della propaganda, di come ha fatto un partito la propaganda elettorale. Io mi confesso ignorante, io non capisco la politica italiana, è vero devo studiarla… ma non capisco e dire un’opinione sugli atteggiamenti di una campagna elettorale, di uno dei partiti senza informazioni, così, sarebbe molto imprudente da parte mia». «Io prego per tutti, perché l’Italia vada avanti e gli italiani si uniscano e siano leali, nel loro impegno», ha assicurato Francesco: «E io sono italiano perché sono figlio di un migrante italiano. Nel sangue sono italiano, i miei fratelli tutti hanno la cittadinanza. Io non ho voluto averla, perché nel periodo in cui l’hanno presa io ero vescovo, e ho detto: ‘No, un vescovo devo essere della patria’, e non l’ho voluta prendere. Per questo non ce l’ho». «C’è nella politica di tanti Paesi la malattia della corruzione, dappertutto», ha proseguito il Papa: «Dobbiamo aiutare i politici ad essere onesti, a non fare campagna con maniere disoneste, la calunnia, la diffamazione, gli scandali, e tante volte seminare odio e paura. Questo è terribile. Un politico non deve mai seminare odio e paura, soltanto speranza: giusta, esigente, ma speranza, perché deve condurre il Paese in avanti».

«Tutti siamo responsabili dell’Unione europea». Ne è convinto il Papa, che rispondendo alle domande dei giornalisti sul futuro dell’Europa, ha insistito sulla «responsabilità» che tutti i Paesi membri, non a caso chiamati a turno a presiederla, hanno nei confronti del nostro continente. «Se l’Europa non guarda bene le sfide future, l’Europa appassirà, sarà appassita», il monito di Francesco, che ribadendo quanto ha detto a Strasburgo ha messo l’accento sul pericolo che l’Europa, da «madre», stia diventando «nonna Europa», perché «si è invecchiata, ha perso l’illusione di lavorare insieme», tanto che «forse di nascosto qualcuno si può fare la domanda: ma non sarà questa la fine di un’avventura di 70 anni?». «Riprendere la mistica dei padri fondatori», l’indicazione di marcia del Papa, secondo il quale «l’Europa ha bisogno di se stessa, della propria identità, della propria unità, di superare, con le tante cose che la buona politica offre, le divisioni e le frontiere». «Stiamo vedendo delle frontiere in Europa, questo non fa bene», il grido d’allarme del Santo Padre: «È vero che ogni Paese ha la propria cultura e deve custodirla, ma con la mistica del poliedro: c’è una globalizzazione dove si rispettano le culture di tutti, ma per favore, l’Europa non si lasci vincere dal pessimismo o dalle ideologie. Perché l’Europa è attaccata, non con cannoni o bombe in questo momento, ma con ideologie che non sono europee, che vengono da fuori o che nascono da dei gruppetti dell’Europa, non sono grandi».

«Ogni volta che vado da lui a visitarlo, gli prendo la mano e lo faccio parlare: parla poco, parla adagio con la stessa profondità di sempre, perché il problema di Benedetto sono le ginocchia, non la testa». Con queste parole il Papa ha descritto il suo rapporto con il Papa emerito, rispondendo alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa sul volo di ritorno dalla Romania. «Ha una lucidità grande – ha proseguito – e io sentendo parlare lui divento forte, sento il succo delle radici che mi aiutano ad andare avanti. Sento questa tradizione della Chiesa, che non è una cosa da museo: la tradizione è come le radici che ti danno il succo per crescere, e tu non diventerai come le radici, tu fiorirai, l’albero crescerà e darà dei frutti e i semi saranno radici per gli altri». «La tradizione della Chiesa è sempre in movimento», ha ribadito Francesco: «La tradizione è la garanzia del futuro e non la custode delle ceneri. Non è un museo. La tradizione non custodisce le ceneri, la nostalgia degli integristi, tornare alle ceneri, no! La tradizione sono radici che garantiscono che l’albero cresca, fiorisca e dia frutto. E ripeto quel pezzo del poeta argentino che mi piace tanto citare: tutto quello che l’albero ha di fiorito gli viene da quello che ha di sotterraneo».