Vita Chiesa

Papa in Romania, a giovani e famiglie: la fede non è quotata in borsa, ma è certezza di amore

Sono lieto di sapere che in questa piazza si trova il volto della famiglia di Dio che abbraccia bambini, giovani, coniugi, consacrati, anziani rumeni di diverse regioni e tradizioni, come pure della Moldavia, e anche quelli che sono venuti dall’altra sponda del fiume Prut, i fedeli di lingua csango, polacca e russa». È il saluto del Papa (testo integrale) alle famiglie e ai giovani romeni, incontrati questo pomeriggio nel piazzale antistante il Palazzo della Cultura di Iasi, capitale della Moldavia e seconda città della Romania.

«Lo Spirito Santo ci convoca tutti e ci aiuta a scoprire la bellezza di stare insieme, di poterci incontrare per camminare insieme», ha proseguito Francesco nel suo discorso, in risposta alle domande di una famiglie e di un giovane. «Ognuno con la propria lingua e tradizione, ma felice di incontrarsi tra fratelli», ha detto il Santo Padre paragonando l’incontro ad «una nuova Pentecoste», dove «lo Spirito abbraccia le nostre differenze e ci dona la forza per aprire percorsi di speranza tirando fuori il meglio da ciascuno; lo stesso cammino che iniziarono gli Apostoli duemila anni fa e in cui oggi tocca a noi prendere il testimone e deciderci a seminare. Non possiamo aspettare che siano altri a farlo, tocca a noi. È difficile camminare insieme, vero? È un dono che dobbiamo chiedere, un’opera artigianale che siamo chiamati a costruire e un bel dono da trasmettere». Il Papa ha cominciato il suo discorso fuori testo, chiedendo «un applauso ai bambini» e definendo una «bella eredità dare un futuro ai bambini».

«L’amore ha messo radici in voi e ha dato molto frutto». Sono le parole rivolte dal Papa ad Elisabetta e Ioan, nonni con undici figli, presenti – con altre migliaia di famiglie e giovani – nel piazzale antistante il Palazzo della Cultura di Iasi. «Voi guardate al futuro e aprite il domani per i vostri figli, per i vostri nipoti, per il vostro popolo offrendo il meglio che avete imparato durante il vostro cammino: che non dimentichino da dove sono partiti», ha proseguito Francesco rispondendo alla loro testimonianza: «Dovunque andranno, qualunque cosa faranno, non dimentichino le radici. È la sapienza che si riceve con gli anni: quando cresci, non ti dimenticare di tua madre e di tua nonna e di quella fede semplice ma robusta che le caratterizzava e che dava loro forza e costanza per andare avanti e non farsi cadere le braccia. È un invito a ringraziare e riabilitare la generosità, il coraggio, il disinteresse di una fede ‘fatta in casa’, che passa inosservata ma che costruisce a poco a poco il Regno di Dio». La fede, per il Papa, «è un dono che mantiene viva una certezza profonda e bella: la nostra appartenenza di figli, e figli amati da Dio. Dio ama con amore di Padre: ogni vita, ognuno di noi gli appartiene. È un’appartenenza di figli, ma anche di nipoti, sposi, nonni, amici, vicini; un’appartenenza di fratelli».

«Il maligno divide, disperde, separa e crea discordia, semina diffidenza. Vuole che viviamo distaccati dagli altri e da noi stessi. Lo Spirito, al contrario, ci ricorda che non siamo esseri anonimi, astratti, esseri senza volto, senza storia, senza identità. Non siamo esseri vuoti né superficiali». Incontrando le famiglie  e i giovani, a Iasi, il Papa ha spiegato con queste parole che «esiste una rete spirituale molto forte che ci unisce, ci ‘connette’ e ci sostiene e che è più forte di ogni altro tipo di connessione. Sono le radici: sapere che apparteniamo gli uni agli altri, che la vita di ciascuno è ancorata alla vita degli altri». «Tutti fioriamo quando ci sentiamo amati», ha garantito Francesco: «Perché l’amore mette radici e ci invita a metterle nella vita degli altri». «Che tutti i romeni siano fraterni come le stelle della notte», ha detto il Papa a braccio parafrasando il poeta nazionale romeno, Mihai Eminescu. «Noi apparteniamo gli uni agli altri e la felicità personale passa dal rendere felici gli altri. Tutto il resto sono favole», il monito del Santo Padre: «Per camminare insieme lì dove sei, non ti dimenticare di quanto hai imparato in famiglia. Non dimenticare le tue radici». «Quando le persone non ameranno più, sarà davvero la fine del mondo», ha detto il Papa citando un santo eremita  romeno: «Perché senza amore e senza Dio nessun uomo può vivere sulla terra! La vita inizia a spegnersi e a marcire, il nostro cuore smette di battere e inaridisce, gli anziani non sogneranno e i giovani non profetizzeranno». «Il peggio viene quando non ci saranno sentieri ‘dal vicino al vicino’, quando vediamo più trincee che strade», il grido d’allarme di Francesco.

«Questa città, durante quest’anno, è la capitale nazionale della gioventù». Lo ha ricordato il Papa, al termine del suo discorso nel secondo e ultimo appuntamento pubblico della seconda giornata del viaggio in Romania. «Una città che storicamente sa aprire e iniziare processi; una città che sa ospitare giovani provenienti da varie parti del mondo come attualmente«: così Francesco ha definito Iasi, esortando le migliaia di persone presenti ad «aprire strade per camminare insieme e portare avanti quel sogno dei nonni che è profezia: senza amore e senza Dio nessun uomo può vivere sulla terra». «Da qui oggi possono partire ancora nuove vie del futuro verso l’Europa e verso tanti altri luoghi del mondo», l’appello del Santo Padre: «Giovani, voi siete pellegrini del secolo XXI, capaci di nuova immaginazione dei legami che ci uniscono. Ma non si tratta di creare grandi programmi o progetti, ma di lasciar crescere la fede, di lasciare che le radici portino il succo», e la fede «non si trasmette solo con le parole, ma con gesti, sguardi, carezze come quelle delle nostre madri, delle nostre nonne; con il sapore delle cose che abbiamo imparato in casa, in maniera semplice e genuina».

«Lì dove c’è molto rumore, che sappiamo ascoltare», la consegna: «Dove c’è confusione, che ispiriamo armonia; dove tutto si riveste di ambiguità, che possiamo portare chiarezza; dove c’è esclusione, che portiamo condivisione; in mezzo al sensazionalismo, ai messaggi e alla notizie rapide, che abbiamo cura dell’integrità degli altri; in mezzo all’aggressività, che diamo la precedenza alla pace; in mezzo alla falsità, che portiamo la verità; che in tutto, in tutto privilegiamo l’aprire strade per sentire questa appartenenza di figli e di fratelli». «Quest’ultima cosa che ho detto ha la musica di San Francesco d’Assisi», ha proseguito il Papa a braccio: «Voi sapete cosa consigliava ai suoi frati per trasmettere la fede? Diceva così: ‘Andate, predicate il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole’». Poi Francesco, ancora a braccio, ha raccontato una cosa che gli è successa all’arrivo in piazza: «C’era una donna anziana, una nonna, e nelle braccia aveva il nipote più o meno di due mesi, non di più. Quando sono passato, me l’ha fatto vedere: sorrideva, e sorrideva con un sorriso di complicità, come dicendomi: ‘Guardi, adesso io posso sognare!’. In quel momento mi sono emozionato, e non ho avuto il coraggio di andare e portarla qui avanti, e per questo lo racconto. I nonni sognano quando i nipoti vanno avanti, e i nipoti hanno coraggio quando prendono le radici dai nonni». Infine, l’Atto di affidamento a Maria della Romania, «giardino della Madre di Dio«- come l’ha definita 20 anni fa Giovanni Paolo II: «A lei consacriamo l’avvenire dei giovani, delle famiglie e della Chiesa».

Prima di raggiungere Iasi, il Papa ha salutato un gruppo di persone con disabilità e alcuni membri del Comitato organizzatore. Una volta atterrato a Iasi, ha raggiunto in auto la cattedrale di Santa Maria Regina, per raccogliersi in preghiera e deporre una candela davanti alle reliquie del Beato Martire Anton Durcovici. Prima di salire sulla papamobile diretto al piazzale del Palazzo della Cultura, Francesco ha benedetto in silenzio una statua di marmo di Cristo Redentore e una pietra che segnala il Cammino di Santiago di Compostela in Romania.