Vita Chiesa

Papa in Romania: incontro autorità, «costruire una società inclusiva» dove gli ultimi non sono «intralci»

Dopo quelli al presidente della Repubblica e alle autorità, destinatari del suo primo intervento pubblico, il primo saluto di Francesco è per il patriarca Daniel – presente all’incontro – esteso poi «ai Metropoliti e ai Vescovi del Santo Sinodo, e a tutti i fedeli della Chiesa Ortodossa Romena», oltre che ai vescovi,  sacerdoti,  religiosi,  religiose e tutti i membri della Chiesa Cattolica, «che vengo a confermare nella fede e a incoraggiare nel loro cammino di vita e testimonianza cristiana», le parole del Papa. «Sono lieto di trovarmi nella vostra ţară frumoasă (bella terra), a vent’anni dalla visita di San Giovanni Paolo II e mentre la Romania – per la prima volta da quando è entrata a far parte dell’Unione Europea – presiede in questo semestre il Consiglio Europeo», l’esordio di Francesco, secondo il quale «è questo un momento propizio per rivolgere uno sguardo d’insieme ai trent’anni ormai trascorsi da quando la Romania si liberò da un regime che opprimeva la libertà civile e religiosa e la isolava rispetto agli altri Paesi europei, e che inoltre aveva portato alla stagnazione della sua economia e all’esaurirsi delle sue forze creative». «Durante questo tempo – ha proseguito il Papa – la Romania si è impegnata nella costruzione di un progetto democratico attraverso il pluralismo delle forze politiche e sociali e il loro reciproco dialogo, per il fondamentale riconoscimento della libertà religiosa e per il pieno inserimento del Paese nel più ampio scenario internazionale». «È importante riconoscere i molti passi avanti compiuti su questa strada, anche in mezzo a grandi difficoltà e privazioni», l’omaggio del Santo padre, che tra i segnali positivi ha citato «la volontà di progredire nei vari campi della vita civile, sociale e scientifica», che «ha messo in moto tante energie e progettualità, ha liberato numerose forze creative tenute un tempo prigioniere e ha dato nuovo slancio alle molteplici iniziative intraprese, traghettando il Paese nel secolo XXI».

«Benvenuto in Romania!». E’ il saluto del presidente della Romania, Klaus Werner Iohannis, al Papa, durante l’incontro con le autorità, la società civile e il Corpo diplomatico, nel palazzo presidenziale di Bucarest. «Si ritroverà per alcuni giorni sulla terra di Sant’Andrea Apostolo, Protettore della Romania, e sono convinto, Santo Padre, che a Bucarest, Iaşi, Şumuleu Ciuc e Blaj sarà accolto con il più grande calore», ha proseguito il presidente: «Conoscerà la terra che Papa Giovanni Paolo II ha chiamato in modo così bello ‘Giardino della Madre di Dio’. A nostra volta, saremo lieti di ospitare il Vescovo di Roma, luogo delle radici della nostra lingua e fede».

«Alla fine della Sua Visita in Romania, Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato, il 9 maggio 1999, un forte messaggio di fiducia nel futuro del nostro Paese, nel suo destino europeo, nel ruolo della nostra civiltà come ponte tra Occidente e Oriente», ha ricordato Iohannis a Francesco a proposito del suo predecessore: «Oggi posso dirle che quel messaggio che abbiamo ricevuto ha fruttificato e la Romania ha ritrovato il suo destino nella famiglia dell’Europa unita». «Meno di una settimana fa, questo destino europeo è stato fortemente riconfermato dai Romeni nel Paese e all’estero», ha sottolineato il capo dello Stato, assicurando che «la diplomazia pontificia continua ad essere un fattore pacificatore e di equilibrio nell’affrontare le questioni dell’agenda globale. Di fronte alle sfide contemporanee, i cittadini della Romania vedono la Visita di Vostra Santità come un nuovo incoraggiamento a compiere un servizio al bene comune per contribuire ad una società giusta e ad un mondo di amore fra gli uomini».

«Durante questo periodo, la Romania compie il primo mandato del nostro Paese nella Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea», ha proseguito Iohannis, citando l’incontro dei leader europei a Sibiu, il 9 maggio scorso, durate il quale questi ultimi hanno «chiaramente ribadito la loro volontà di lavorare insieme per un’Europa unita in pace e democrazia, un’Europa unica, guidata dai sui valori e dalle sue libertà». Poi il riferimento alla storia romena e alla «tragica esperienza del totalitarismo, la mancanza di libertà, la privazione forzata dei valori cristiani» e alla beatificazione «dei vescovi martiri della Chiesa Romena unita con Roma, Greco-Cattolica», definita «un grande omaggio a tutti coloro che si sono sacrificati durante il periodo comunista per la libertà e per la fede». «In un mondo marcato da fenomeni complessi, l’Europa ha bisogno oggi, forse più che mai, di modelli di convivenza pacifica, di modelli di dialogo tra la maggioranza e le minoranze, dialogo fra le culture, che offra punti di riferimento per il consolidamento della tolleranza e del rispetto reciproco», ha affermato il presidente, secondo il quale «la Romania è un esempio di ‘buone pratiche’, per il modo in cui ha assicurato e assicura il rispetto dei diritti delle persone appartenenti alle 20 minoranze nazionali storiche del suo territorio. In Romania, un Paese con una popolazione a maggioranza ortodossa, l’impegno dello Stato di garantire la libertà religiosa ha portato a un dialogo interconfessionale caratterizzato da un profondo rispetto reciproco. Questo clima rispecchia anche l’ospitalità che la Chiesa Cattolica offre alla nostra diaspora in Europa, per la quale vorrei ringraziarVi moltissimo!».

«Rendo omaggio ai sacrifici di tanti figli e figlie della Romania che, con la loro cultura, il loro patrimonio di valori e il loro lavoro, arricchiscono i Paesi in cui sono emigrati, e con il frutto del loro impegno aiutano le loro famiglie rimaste in patria». Sono le parole dedicate dal Papa ai romeni sparsi del mondo, subito menzionati nel suo primo discorso. «Pensare a questi fratelli e sorelle che sono all’estero è un atto di patriottismo, di fratellanza, è un atto di giustizia. Continuate a farlo!», ha aggiunto a braccio «Per affrontare i problemi di questa nuova fase storica, per individuare soluzioni efficaci e trovare la forza per applicarle l’appello di Francesco – occorre far crescere la positiva collaborazione delle forze politiche, economiche, sociali e spirituali; è necessario camminare insieme e proporsi tutti con convinzione di non rinunciare alla vocazione più nobile a cui uno Stato deve aspirare: farsi carico del bene comune del suo popolo». L’analisi del Papa è partita dalle «trasformazioni rese necessarie dall’apertura di una nuova era», che negli ultimi trent’anni «hanno comportato – insieme alle positive conquiste – il sorgere di inevitabili scogli da superare e di conseguenze non sempre facili da gestire per la stabilità sociale e per la stessa amministrazione del territorio». «Penso, in primo luogo, al fenomeno dell’emigrazione, che ha coinvolto diversi milioni di persone che hanno lasciato la casa e la Patria per cercare nuove opportunità di lavoro e di vita dignitosa», ha proseguito Francesco declinando il primo di questo «scogli»: «Penso allo spopolamento di tanti villaggi – il secondo – che hanno visto in pochi anni partire una considerevole parte dei loro abitanti; penso alle conseguenze che tutto questo può avere sulla qualità della vita in quei territori e all’indebolimento delle vostre più ricche radici culturali e spirituali che vi hanno sostenuto nelle avversità». Al termine del discorso, il trasferimento in auto alla nunziatura di Bucarest.

«Camminare insieme, come modo di costruire la storia, richiede la nobiltà di rinunciare a qualcosa della propria visione o del proprio specifico interesse a favore di un disegno più ampio, in modo da creare un’armonia che consenta di procedere sicuri verso mete condivise», ha poi spiegato il Papa, riferendosi al significato del motto scelto per il suo 30° viaggio apostolico. «Questa è la nobiltà di base», ha aggiunto a braccio. «In tal modo – ha proseguito durante il suo primo discorso a Bucarest, rivolto alle autorità – si può costruire una società inclusiva, nella quale ciascuno, mettendo a disposizione le proprie doti e competenze, con educazione di qualità e lavoro creativo, partecipativo e solidale, diventi protagonista del bene comune; una società dove i più deboli, i più poveri e gli ultimi non sono visti come indesiderati, come intralci che impediscono alla ‘macchina’ di camminare, ma come cittadini e fratelli da inserire a pieno titolo nella vita civile; anzi, sono visti come la migliore verifica della reale bontà del modello di società che si viene costruendo». «Quanto più una società si prende a cuore la sorte dei più svantaggiati, tanto più può dirsi veramente civile», la tesi di Francesco, secondo il quale «occorre che tutto questo abbia un’anima e un cuore e una chiara direzione di marcia, non imposta da considerazioni estrinseche o dal dilagante potere dei centri dell’alta finanza, ma dalla consapevolezza della centralità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili».

«Sviluppare, insieme alle condizioni materiali, l’anima del vostro popolo». È l’imperativo con cui si è concluso il primo discorso del Papa in Romania, dal palazzo presidenziale di Bucarest. «Perché i popoli hanno un’anima, hanno un modo di capire le radici: tornare sempre all’anima di un popolo, e questo fa andare avanti!», ha aggiunto a braccio «Per un armonioso sviluppo sostenibile, per la concreta attivazione della solidarietà e della carità, per la sensibilizzazione delle forze sociali, civili e politiche verso il bene comune, non è sufficiente aggiornare le teorie economiche, né bastano le pur necessarie tecniche e abilità professionali», il monito rivolto alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico. «Le Chiese cristiane possono aiutare a ritrovare e alimentare il cuore pulsante da cui far sgorgare un’azione politica e sociale che parta dalla dignità della persona e conduca ad impegnarsi con lealtà e generosità per il bene comune della collettività», ha garantito Francesco: «nel medesimo tempo, esse si sforzano di diventare un credibile riflesso e una testimonianza attraente dell’azione di Dio, promuovendo tra loro una vera amicizia e collaborazione».

«La Chiesa Cattolica vuole porsi in questo alveo, vuole portare il suo contributo alla costruzione della società, desidera essere segno di armonia, speranza di unità e mettersi al servizio della dignità umana e del bene comune», ha proseguito il Papa: «Intende collaborare con le autorità, con le altre Chiese e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per camminare insieme e mettere i propri talenti al servizio dell’intera comunità». «La Chiesa Cattolica non è estranea, ma pienamente partecipe dello spirito nazionale, come mostra la partecipazione dei suoi fedeli alla formazione del destino della nazione, alla creazione e allo sviluppo di strutture di educazione integrale e forme di assistenza proprie di uno Stato moderno», ha puntualizzato il Santo Padre: «Essa perciò desidera dare il suo contributo alla costruzione della società e della vita civile e spirituale nella vostra bella terra di Romania». «Dio benedica la Romania!», l’esclamazione finale.