Vita Chiesa
Luterani in Italia, 70 anni di storia. Decano Bludau: «Il nostro contributo al cristianesimo in Italia»
«Essere cristiani insieme. Viviamo la nostra fede qui in Italia con una tradizione diversa rispetto a quella cattolica. Ma la nostra diversità non è contro nessuno. Anzi… È la porta che ci permette di raggiungere persone che altri non riescono a raggiungere e questo è il nostro contributo al cristianesimo qui in Italia». È il decano della Chiesa evangelica-luterana in Italia Heiner Bludau a parlare. Quest’anno la Chiesa luterana compie 70 anni di presenza nel nostro Paese. Era infatti il 1949 quando le Comunità evangeliche-luterane in Italia, alcune delle quali secolari (come quella di Venezia che risale addirittura ai tempi in cui Lutero era ancora in vita), si unirono per formare una Chiesa dandosi una costituzione. L’anniversario sarà ricordato con brevi retrospettive e una mostra, al Sinodo della Chiesa evangelica-luterana in Italia, che si svolge a Roma dal 25 al 28 aprile.
Oggi la Celi raccoglie 15 comunità distribuite su tutto il territorio e «solo» qualche migliaio di membri. «Essere piccoli però non significa essere irrilevanti», dicono alla Celi. Al contrario: i luterani «italiani» sono molto attivi anche con progetti che vanno dall’aiuto immediato a migranti e persone bisognose, alla salvaguardia dell’ambiente, alla lotta alla discriminazione di tutti i generi. «Una Chiesa che fa sentire la sua voce nella società, che non si tira indietro e interviene su tutti i temi scottanti di attualità di carattere politico, etico e religioso».
Decano Bludau, 70 anni di storia italiana. Come riassumerla?
«Abbiamo cominciato 70 anni fa come comunità tedesche in Italia, legate alla Germania. È poi iniziato un processo in cui queste comunità hanno cominciato a entrare sempre più nel tessuto sociale italiano e oggi possiamo dire di essere una Chiesa luterana in Italia. Anche la lingua usata nei culti è spesso l’italiano. Mi pare che questo sia un segno molto importante. Arrivare diversi e diventare Chiesa in Italia».
Come avete vissuto il vostro essere minoranza in un Paese a maggioranza cattolica come l’Italia?
«Vengo dalla Germania e sono qui da otto anni. Prima di arrivare, pensavo che i protestanti in questo Paese fossero in qualche modo relegati in un ghetto. Invece, l’esperienza che ho vissuto qui, è stata assolutamente in senso contrario. Ho incontrato tante persone aperte. Ho visto una collaborazione attiva con tanti gruppi e sempre più intensi sono diventati gli incontri. È stato molto importante, in questo senso, l’anno 2017 in cui si è celebrato l’anniversario dei 500 anni della Riforma luterana. La visita del Papa a Lund e anche tutte le iniziative promosse in Italia sono state il segno di una grande apertura. Non direi che viviamo in un angolo della cultura cattolica ma nell’incontro».
Quanto è stato importante nel contesto italiano il ruolo di Papa Francesco nei vostri confronti?
«Per noi è stato molto importante. Perché ha dato un segno alla Chiesa cattolica affinché questo anniversario della Riforma non fosse soltanto un evento per i protestanti ma fosse recepito anche dalla Chiesa cattolica. E credo che sia stato sostanzialmente vero. Dalla Riforma è stato dato un impulso in seguito al quale anche la Chiesa cattolica è cambiata. Quest’anno si celebrano i 20 anni della firma al Documento sulla giustificazione (1999), che rappresenta il centro teologico della Riforma e il consenso cattolico-luterano mostra che oggi questa teologia è condivisa anche dalla Chiesa cattolica».
Decano, stiamo vivendo in Italia un momento molto difficile dove la diversità che bussa, non è vista come una opportunità ma con paura. Voi siete una minoranza. Quale contributo culturale i luterani possono dare a questo Paese che fa fatica ad accogliere il diverso?
«Il tema scelto per il nostro Sinodo “Fede e Futuro” sottolinea che sì, celebriamo i 70 anni della nostra Chiesa ma guardiamo in avanti, al futuro. E ci chiediamo: cosa fare? Noi vogliamo andare avanti ma vogliamo farlo in unità. Vogliamo portare il messaggio di Cristo al Paese ma farlo insieme. È questa la cosa importante, l’unico modo per dare un contributo alla società. Sono due gli impegni che ci siamo assunti: l’aiuto con progetti diaconali ai migranti che sono respinti da altri Paesi europei e rimandati in Italia. E la promozione di iniziative nel quadro di riferimento ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, come la lotta contro la fame, la povertà e l’ingiustizia sociale, le misure contro il cambiamento climatico, la parità di genere, l’accesso all’istruzione».
Cosa ci impedisce di guardarci negli occhi e riconoscerci fratelli?
«Io veramente in tutta sincerità ho fatto altre esperienze. Vengo dalla Germania dove anche tra cattolici e luterani c’è una collaborazione molto intensa anche da molti anni. Spesso ciò che ci tiene divisi è l’ignoranza. Mi capita talvolta di sentirmi chiedere: ma anche voi credete in Gesù Cristo? La conoscenza reciproca è un percorso e questo processo di avvicinamento anche in Italia sta diventando sempre più intenso. Dobbiamo riconoscere che Papa Francesco ha fatto molte cose per favorire questi ponti di dialogo, non soltanto con la sua visita a Lund ma con la sua chiara consapevolezza dell’importanza del dialogo ecumenico. Mi ha molto colpito, per esempio, quest’anno il fatto che non potendo partecipare ai vespri di chiusura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, il Papa abbia comunque voluto esserci partecipando all’apertura. Il Papa parla di diversità riconciliata che per me è un fondamento sul quale si può costruire perché ci indica che è possibile vivere tradizioni diverse ma riconoscersi reciprocamente fratelli».
Cosa augura a luterani e cattolici in Italia per i prossimi 70 anni?
«Spero che ci avviciniamo sempre di più. Spero che viviamo la nostra fede cristiana secondo le nostre tradizioni ma che queste tradizioni non ci separino. Spero che prima che si compiano di nuovo 70 anni, si possano fare passi importanti come l’ospitalità eucaristica. Oggi, auguro a cattolici e luterani di andare avanti insieme, dando testimonianza della fede cristiana in una società sempre più secolarizzata e dove c’è sempre meno fede ma sempre più la ricerca di un senso vero della vita».