Vita Chiesa

Papa Francesco a docenti e studenti del «San Carlo»: no alla cultura dell’indifferenza

«Ogni volta che voi fate bullismo su un ragazzo, un compagno vostro, voi fate con questo gesto una dichiarazione di guerra». Lo ha detto Papa Francesco rispondendo a braccio alle domande di docenti e studenti dell’Istituto San Carlo di Milano, ricevuti stamani in udienza nell’Aula Paolo VI. In particolare, a una giovane docente, Silvia, il pontefice ha ribadito che «per avere radici bisogna avere consistenza e memoria». Citando l’ultimo libro del sociologo Bauman, Francesco osserva che «si chiama Nati liquidi», ma «la traduzione tedesca dice ‘sradicati’». «La liquidità si fa quando non si è capaci di trovare le proprie radici – ha aggiunto il Papa -. Questo non significa chiudersi al presente, ma prendere il succo delle radici e portarle avanti nella crescita. La gioventù non può andare avanti se non è radicata». Per questo, il consiglio di Francesco è di «parlare con i vecchi», perché «sono la memoria del popolo, della famiglia e della storia». Nelle parole del Papa la convinzione che «la generazione intermedia oggi non è tanto capace di trasmettere le radici come quella degli anziani».

Poi, il pontefice si è soffermato sul concetto di «identità» per «dialogare e andare avanti». «C’è gente che non sa qual è la sua identità e vive delle mode, non ha luce interiore, vive dei fuochi di artificio che durano cinque minuti e poi se ne vanno».

Il Papa ha inoltre denunciato la «mancanza di patriottismo», che «non è andare a cantare l’inno nazionale, ma appartenenza a una terra, a una storia, a una cultura». «Non si può avere identità senza appartenenza». Soffermandosi su una «società multietnica e multiculturale», il Papa ha ribadito l’importanza del «dialogo fra culture, persone ed etnie». «Non avere paura dei migranti, i migranti siamo noi», ha esclamato Francesco. Che ha indicato una possibile obiezione: «Ma sono delinquenti!». «Anche noi ne abbiamo tanti – ha risposto -. La mafia non è stata inventata dai nigeriani. È un ‘valore’ nazionale, la mafia è nostra, è made in Italia. I migranti sono coloro che ci portano ricchezze. Sempre. Anche l’Europa è stata fatta da migranti». Il pontefice ha messo, infine, in guardia dalla «tentazione di costruire muri» per «impedire l’incontro con altre culture e altra gente».

«Oggi, in questo nostro mondo occidentale, è cresciuta tanto la cultura dell’indifferenza. È una tirannia. La cultura dell’indifferenza tende a spegnere la persona come un essere autonomo per soggiogarlo e affogarlo. Da qui derivano gli integralismi, i fondamentalismi e lo spirito settario», ha detto ancora il Papa rispondendo a braccio alle domande di docenti e studenti. In particolare, a un ex alunna e oggi insegnante di sostegno al liceo, Giulia, il pontefice ha ribadito che «la parola chiave è testimonianza». L’esigenza è quella di «mettere tutta la carne sulla griglia». «Se vuoi sostenere qualcuno dovrai mettere in gioco tutta te stessa. E lì con la testimonianza si fa il sostegno. Un educatore non può essere un distillato, deve essere in confronto con la vita e deve sporcarsi le mani con la realtà».

Nelle parole del pontefice anche l’attenzione a «non educare con una cattiva testimonianza», perché «fa tanto male». «Il sostegno chiede amorevolezza. Si educa con la pazienza della persuasione». L’impegno finale dell’insegnare, secondo Francesco, è quello di «educare ad avviare processi e non a occupare spazi». Infine, il Papa a un genitore ha detto che «bisogna incoraggiare i giovani ad andare avanti, a camminare non da soli, ma in gruppo». «Sappiano che la caduta non è un fallimento, ma una prova e che si possono risollevare».