Vita Chiesa

Papa Francesco, Messa delle Ceneri: «la Quaresima è il tempo per ritrovare la rotta della vita»

Papa Francesco è arrivato all’Aventino alle 16.10 circa, per il primo atto liturgico della Quaresima, l’assemblea di preghiera nella forma delle «Stazioni romane». Sceso nel piazzale antistante della chiesa di Sant’Anselmo, Francesco si è reato a piedi all’interno, per un momento di preghiera, cui ha fatto seguito la processione penitenziale, a piedi, verso la basilica di Santa Sabina.

«La Quaresima è il tempo per ritrovare la rotta della vita», ha detto il Papa, nella Messa celebrata nella basilica romana di Santa Sabina, per la benedizione e l’imposizione delle Ceneri. «La Quaresima si apre con un suono stridente, quello di un corno che non accarezza le orecchie, ma bandisce un digiuno», ha fatto notare Francesco sulla scorta del profeta Gioele: «È un suono forte, che vuole rallentare la nostra vita che va sempre di corsa, ma spesso non sa bene dove. È un richiamo a fermarsi, ad andare all’essenziale, a digiunare dal superfluo che distrae. È una sveglia per l’anima». «Ritornate a me», l’invito del profeta: «Se dobbiamo ritornare, vuol dire che siamo andati altrove», il commento del Papa: «Perché nel percorso della vita, come in ogni cammino, ciò che davvero conta è non perdere di vista la meta. Quando invece nel viaggio quel che interessa è guardare il paesaggio o fermarsi a mangiare, non si va lontano». «Ognuno di noi può chiedersi: nel cammino della vita, cerco la rotta?», la prima domanda in preparazione alla Pasqua: «O mi accontento di vivere alla giornata, pensando solo a star bene, a risolvere qualche problema e a divertirmi un po’? Qual è la rotta? Forse la ricerca della salute, che tanti oggi dicono venire prima di tutto ma che prima o poi passerà? Forse i beni e il benessere? Ma non siamo al mondo per questo. Ritornate a me, dice il Signore. A me. È il Signore la meta del nostro viaggio nel mondo. La rotta va impostata su di lui».

«I nostri pensieri inseguono spesso cose passeggere, che vanno e vengono», ha denunciato il Papa, che nell’omelia si è soffermato sul segno della cenere in testa come mezzo «per ritrovare la rotta» nella vita. «Il lieve strato di cenere che riceveremo – ha spiegato Francesco a proposito del tradizionale rito di inizio Quaresima – è per dirci, con delicatezza e verità: di tante cose che hai per la testa, dietro cui ogni giorno corri e ti affanni, non resterà nulla. Per quanto ti affatichi, dalla vita non porterai con te alcuna ricchezza. Le realtà terrene svaniscono, come polvere al vento». «I beni sono provvisori, il potere passa, il successo tramonta», la lista stilata dal Papa, secondo il quale «la cultura dell’apparenza, oggi dominante, che induce a vivere per le cose che passano, è un grande inganno. Perché è come una fiammata: una volta finita, resta solo la cenere». «La Quaresima è il tempo per liberarci dall’illusione di vivere inseguendo la polvere», la proposta di Francesco in preparazione alla Pasqua: «La Quaresima è riscoprire che siamo fatti per il fuoco che sempre arde, non per la cenere che subito si spegne; per Dio, non per il mondo; per l’eternità del Cielo, non per l’inganno della terra; per la libertà dei figli, non per la schiavitù delle cose. Possiamo chiederci oggi: da che parte sto? Vivo per il fuoco o per la cenere?».

«La preghiera ci riannoda a Dio; la carità al prossimo; il digiuno a noi stessi». Così il Papa ha sintetizzato le tre pratiche tradizionali della Quaresima, definita un «viaggio di ritorno all’essenziale» che «il Signore chiede di percorrere senza ipocrisia, senza finzioni». «Dio, i fratelli, la mia vita: ecco le realtà che non finiscono nel nulla, su cui bisogna investire», l’invito di Francesco nella parte finale dell’omelia della Messa celebrata nella basilica di Santa Sabina. «Ecco dove ci invita a guardare la Quaresima», ha spiegato il Papa: «verso l’Alto, con la preghiera, che libera da una vita orizzontale, piatta, dove si trova tempo per l’io ma si dimentica Dio. E poi verso l’altro, con la carità, che libera dalla vanità dell’avere, dal pensare che le cose vanno bene se vanno bene a me. Infine, ci invita a guardarci dentro, col digiuno, che libera dagli attaccamenti alle cose, dalla mondanità che anestetizza il cuore. Preghiera, carità, digiuno: tre investimenti per un tesoro che dura». «Il nostro cuore punta sempre in qualche direzione», ha fatto notare Francesco: «è come una bussola in cerca di orientamento. Possiamo anche paragonarlo a una calamita: ha bisogno di attaccarsi a qualcosa. Ma se si attacca solo alle cose terrene, prima o poi ne diventa schiavo: le cose di cui servirsi diventano cose da servire». «L’aspetto esteriore, il denaro, la carriera, i passatempi: se viviamo per loro, diventeranno idoli che ci usano, sirene che ci incantano e poi ci mandano alla deriva», il monito del Papa: «Invece, se il cuore si attacca a quello che non passa, ritroviamo noi stessi e diventiamo liberi». Quaresima, in questa prospettiva, «è tempo di grazia per liberare il cuore dalle vanità. È tempo di guarigione dalle dipendenze che ci seducono. È tempo per fissare lo sguardo su ciò che resta».

«Dove fissare allora lo sguardo lungo il cammino della Quaresima?», si è chiesto il Papa. «Sul Crocifisso», la risposta: «Gesù in croce è la bussola della vita, che ci orienta al Cielo. La povertà del legno, il silenzio del Signore, la sua spogliazione per amore ci mostrano la necessità di una vita più semplice, libera dai troppi affanni per le cose. Gesù dalla croce ci insegna il coraggio forte della rinuncia. Perché carichi di pesi ingombranti non andremo mai avanti». «Abbiamo bisogno di liberarci dai tentacoli del consumismo e dai lacci dell’egoismo, dal voler sempre di più, dal non accontentarci mai, dal cuore chiuso ai bisogni del povero», la tesi di Francesco: «Gesù, che sul legno della croce arde di amore, ci chiama a una vita infuocata di lui, che non si perde tra le ceneri del mondo; una vita che brucia di carità e non si spegne nella mediocrità. È difficile vivere come Lui chiede? Sì, ma conduce alla meta. Ce lo mostra la Quaresima. Essa inizia con la cenere, ma alla fine ci porta al fuoco della notte di Pasqua; a scoprire che, nel sepolcro, la carne di Gesù non diventa cenere, ma risorge gloriosa. Vale anche per noi, che siamo polvere: se con le nostre fragilità ritorniamo al Signore, se prendiamo la via dell’amore, abbracceremo la vita che non tramonta. E saremo nella gioia».