Vita Chiesa

Fine vita: un manifesto interreligioso per garantire diritti, cure, dignità e supporto spirituale negli ospedali

Diritto di disporre del tempo residuo; al rispetto della propria religione; a servizi orientati al rispetto della sfera religiosa, spirituale e culturale; alla presenza del referente religioso o assistente spirituale; all’assistenza di un mediatore interculturale; a ricevere assistenza spirituale anche da parte di referenti di altre fedi. E ancora: diritto al sostegno spirituale e al supporto relazionale per sé e per i propri familiari; al rispetto delle pratiche pre e post mortem; al rispetto reciproco.

A presentare il documento, dopo i saluti istituzionali di Angelo Tanese, direttore generale Asl Roma 1; Pier Francesco Meneghini, presidente Gmc – Università Cattolica del Sacro Cuore; Maria Angela Falà, presidente del Tavolo interreligioso di Roma, la giornalista di Tv2000 Monica Mondo. A leggerlo l’attore Sebastiano Somma. Si tratta, è stato spiegato, di «un importante punto di arrivo di un percorso condiviso con le confessioni religiose che rende possibile la trasformazione dei nove diritti sottoscritti in procedure operative».

Il Gruppo promotore, costituito da Asl Roma 1, Gmc – Università Cattolica del Sacro Cuore e Tavolo interreligioso di Roma, vuole essere anche un punto di riferimento per realizzare e sostenere nuove iniziative volte a promuovere il percorso quale modello di accoglienza, sostegno e rispetto della fede di tutti replicabile in altre realtà sanitarie. Oltre a Tanese, Meneghini e Falà, tra i firmatari del manifesto Abdellah Redouane (Centro islamico culturale d’Italia), il pastore Luca Maria Negro (Fcei), p. Ilie Ursachi (diocesi ortodossa romena d’Italia), Alberto Aprea (Istituto buddista italiano Soka Gakkai), Giorgio Raspa (Unione buddhista italiana), Noemi Di Segni (Unione comunità ebraiche italiane), Franco Di Maria Jayendranatha (Unione induista italiana), mons. Paolo Ricciardi (Vicariato di Roma).

Diritto di disporre del tempo residuo. Questo il primo dei nove diritti contenuti nel «Manifesto interreligioso dei diritti nei percorsi di fine vita». «Ogni persona ha il diritto di conoscere ed essere reso consapevole del suo percorso di cura e del possibile esito, secondo i protocolli terapeutici più aggiornati, affinché possa gestire la propria vita in modo qualitativamente soddisfacente, anche in relazione alla propria spiritualità e fede religiosa», recita il primo punto. Il «diritto al rispetto della propria religione» prevede che ogni persona abbia «il diritto di comunicare la propria fede religiosa alla struttura sanitaria affinché possa essere rispettata, in conformità alla normativa sulla privacy». Quindi diritto a «servizi orientati al rispetto della sfera religiosa, spirituale e culturale», compatibilmente con le possibilità organizzative. A tal fine, si legge nel manifesto, «la struttura sanitaria deve promuovere adeguati percorsi informativi e formativi per gli operatori». Il quarto punto prevede il diritto alla presenza del referente religioso o assistente spirituale al quale deve essere garantito l’accesso, compatibilmente con l’organizzazione dei servizi sanitari. Il documento prevede anche il diritto all’assistenza di un mediatore interculturale o «altra persona competente autorizzata, il cui intervento viene favorito dalla struttura sanitaria». Quindi il «diritto di chiedere, qualora l’assistente spirituale della propria fede non fosse disponibile, l’assistenza da parte di un referente di altra fede».

«Ogni persona ha il diritto di ricevere all’interno della struttura sanitaria il sostegno spirituale e il supporto relazionale per sé e per i propri familiari». Recita così il settimo dei nove punti del «Manifesto». Gli ultimi due diritti «sanciti» dal manifesto sono «diritto al rispetto delle pratiche pre e post-mortem previste dalla religione di appartenenza» e «diritto al rispetto reciproco». Quanto al primo, la struttura sanitaria «è tenuta a conoscere tali pratiche, a formare adeguatamente il proprio personale e a creare le condizioni perché queste pratiche possano essere realizzate, in conformità con la normativa vigente». «Ogni diritto – nono e ultimo punto – porta come conseguenza il dovere di ognuno di rispettare il credo religioso degli altri, siano essi pazienti, familiari o personale di cura».