Vita Chiesa
Marcia della pace: da Matera il «No» a odio, divisioni e violenza
Più di mille fiaccole hanno illuminato la sera del 31 dicembre le strade di Matera in occasione della 51ª Marcia nazionale per la pace, l’appuntamento nell’ultimo dell’anno promosso da Pax Christi, Caritas, Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei, Azione Cattolica e quest’anno insieme all’arcidiocesi di Matera-Irsina. Più di mille cuori che per le strade dei «Sassi» hanno gridato il loro «No» deciso alla guerra e alla violenza, allo sfruttamento e alla distruzione, uniti sotto il tema scelto da Papa Francesco per la 52ª Giornata mondiale della pace nel 1° gennaio 2019 su «La buona politica è al servizio della pace». «Viviamo in un tempo di particolare confusione ma si avverte il bisogno di un rinnovamento che metta al centro dei diversi schieramenti un umanesimo che significa rispetto, dialogo sincero e positivo», ha detto l’arcivescovo di Matera mons. Giuseppe Caiazzo nell’omelia della messa che ha aperto la Marcia. In un anno particolarmente difficile come quello appena passato, mons. Caiazzo ha puntato il dito contro i costruttori di guerra e odio, tanto dei conflitti bellici quanto di quelli sociali e culturali. Ma dal vescovo di Matera arriva il richiamo alla speranza in «una resurrezione per una umanità nuova».
Politica costruttrice di pace. Una goccia nel mare dell’umanità, poche migliaia di anime ma con uno spirito così forte e commovente che non può rimanere inascoltato. E se Pax Christi «marcia» da più di cinquant’anni, vuol dire che l’evento è buona cosa e regala al mondo i suoi frutti. E quest’anno ha alzato il tiro. Ripartendo da Matera, nel 2019 Capitale europea della cultura, ripartendo dal Sud «spesso mortificato a causa della malavita organizzata», come ha detto mons. Caiazzo. E richiamando, grazie a Papa Francesco, direttamente al ruolo dei politici e della buona politica. «La situazione del Sud è particolarmente grave per l’occupazione, il disagio sociale e la cura dell’ambiente – ha ricordato mons. Filippo Santoro, presidente della Commissione per i problemi sociali e il lavoro della Cei -. Per questo abbiamo bisogno di una buona politica e che la Chiesa educhi a rapporti nuovi e incida perché siano rispettati i diritti e i doveri delle persone».
Per le millenarie strade dei «Sassi» materani, dunque, i vescovi hanno chiesto che l’alta politica «serva a costruire la pace» ma che esista anche un’altra politica, quotidiana, personale, quella di tutti i cristiani responsabili tanto nella famiglia quanto «nell’ambiente del lavoro, nella critica alle Istituzioni per le cose che non vanno e nell’appoggio alle buone pratiche che ci sono».
Testimoni di convivenza pacifica. Nelle tre soste della Marcia, dalla parrocchia dell’Immacolata, passando per il Convento Sant’Agostino, fino alla millenaria chiesa della Madonna delle Virtù, testimonianze di pace, fratellanza, ecumenismo e Europa hanno segnato il cammino. Tra un passo della «Gaudium et Spes» e il discorso alle Nazioni Unite di San Paolo VI, sono state le esperienze dei giovani a raccogliere tutti sotto un’unica, ideale, bandiera. Come quella dei ragazzi dello studentato internazionale di Rondine, vicino Arezzo, che ospita in armonia e pace giovani provenienti da paesi in conflitto. O il grido forte e deciso di don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi, contro lo spreco di denaro per gli armamenti (25 miliardi in Italia nel 2018) e la richiesta nel «fare cultura di pace». O ancora la voce di protesta di Annamaria, del Comitato di riconversione Rwm di Iglesias, dove un’azienda tedesca produce armi che rivende all’Arabia Saudita, armi prodotte «in un territorio povero e perciò sotto il ricatto dell’offerta di lavoro». A Matera gli uomini e le donne, i ragazzi e le ragazze uniti in un solo abbraccio hanno dimostrato al mondo di essere germoglio di pace con una domanda chiara a Dio, resa attraverso «l’invocazione per la pace». Essere «artigiani di pace», che la fiamma della speranza sia sempre accesa e che «dal cuore di ogni uomo siano bandite le parole: odio, divisione e guerra».