Vita Chiesa
Incontro di Bari. Souraya Bechealany: «Francesco un fratello per i suoi fratelli»
«È stato un giorno di Kairos, momento favorevole, giusto e opportuno. Non solo i Capi delle Chiese si sono riuniti a Bari, ma anche il popolo di Dio è venuto numeroso per sostenere il nostro lavoro e pregare con noi, cristiani d’Oriente. La mia è più che un’impressione. È una certezza: la Chiesa è viva, e non potrà morire». Cattolica libanese, Souraya Bechealany è segretario generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente. Parla con il Sir dell’incontro di Bari visto nella prospettiva dell’unica donna ammessa a partecipare, insieme ai Patriarchi d’Oriente e a Papa Francesco, all’incontro di preghiera e di discussione a porte chiuse nella basilica di San Nicola. «Ho visto – confida – la Chiesa una, pur nella sua diversità, e la Chiesa unita nella preghiera che precede la riflessione teologica e dogmatica».
Lei è segretario generale del Consiglio delle Chiese cristiane in Medio Oriente. Cosa vi preoccupa di più?
«Quello che mi sta più a cuore è che le Chiese siano insieme, perché da sole non possono affrontare tutte le sfide che abbiamo davanti».
Il Papa ha detto che «un Medio Oriente senza cristiani non sarebbe Medio Oriente». Quanto pesa la fuga dei cristiani per gli equilibri di pace nella Regione?
«Non si possono colpevolizzare i cristiani che lasciano il Medio Oriente perché lo fanno solo quando non è più possibile vivere nella loro casa. Ma quanto il Papa dice è importantissimo. Perché non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza apertura all’altro. Il cristiano in Medio Oriente è il garante dell’alterità. E mostra al mondo musulmano che non si può vivere solo con chi mi assomiglia ed è uguale a me in tutto e per tutto. Si può essere diversi e si può vivere insieme. Se i cristiani abbandonano il Medio Oriente, rischiano di lasciare campo libero a una guerra terribile tra sciiti e sunniti, tra i musulmani tra loro, tra musulmani ed ebrei. È quindi vero che se noi lasciamo, la pace sparirà dal Medio Oriente. Perché i cristiani dappertutto in questa terra sono un ponte tra i popoli».
Come è andata la discussione a porte chiuse nella basilica di San Nicola?
«È stato un incontro attorno a un tavolo rotondo dove il Papa e i Patriarchi hanno vissuto un momento di sinodalità, tra fratelli. Hanno parlato fraternamente, coraggiosamente, liberamente, senza limitazioni. Tutti hanno potuto esprimere ciò che pensavano e anche il Papa ha parlato. Sì, è stato bello. È stato bello vedere questa Chiesa attorno a un tavolo rotondo».
Hanno parlato tutti?
«Tutti hanno preso la parola, anch’io. Ho parlato per ultima. Ho aspettato che tutti parlassero. Ed è stato commovente prendere la parola come donna. Ero seduta giusto di fronte al Papa. Avevo a destra e a sinistra tutti i Patriarchi».
Che cosa ha detto?
«Mi sono resa conto che come donna, ero la sola a rappresentare il popolo di Dio e ho cercato di essere la voce di questo popolo. Qualche giorno fa, ho avuto un incontro con i giovani del Medio Oriente e mi hanno lasciato una pagina. Ho cercato di esprimere ai Patriarchi quello che mi hanno scritto».
E che cosa le hanno scritto? Cosa si aspetta la gente del Medio Oriente da questo incontro di Bari?
«Che la Chiesa sia fedele alla sua missione, che non assomigli a questo mondo, che sia cioè nel mondo ma non del mondo, che denunci tutto ciò che non le appartiene. Si può essere tentati dalla corruzione e dalla divisione. Ciò che il popolo di Dio del Medio Oriente – ma non solo – si aspetta dalla Chiesa è che sia il volto di Cristo nel mondo, che sia corretta, onesta, coraggiosa e unita. Se lo fa, tutto il popolo di Dio la seguirà».
Quale impressione le ha dato Papa Francesco nella basilica di san Nicola?
«In termini teologici si dice “primus inter pares”, «primo fra pari». Ma è stato soprattutto un fratello per i suoi fratelli, un padre».
Dopo Bari, cosa succederà?
«Ci sono stati nel passato momenti difficili. Ma non ci devono scoraggiare. Momenti come quelli vissuti a Bari, danno forza alle persone responsabili e speranza alle loro Chiese. I frutti saranno oggi e domani impercettibili ma sicuramente nel tempo saranno visibili. Non dobbiamo perdere la speranza. E sa perché? Perché noi seguiamo un Dio che ha vinto il mondo. Non lavoriamo per qualcuno che non è debole, ma per qualcuno che ha dato la vita ed è risorto. Per quanto il male sia forte, il termine ultimo della questione, è la vittoria della vita sulla morte. È questa la speranza che spinge i cristiani a non mollare, a costruire la pace, a lottare per la giustizia. È questo il motivo per cui noi, cristiani del Medio Oriente, non ci scoraggeremo mai».