Vita Chiesa
Corridoi umanitari: Caritas Firenze, arrivate dalla Libia due donne minacciate di morte
Sono arrivate assieme poco prima di Natale in Italia, grazie al primo corridoio umanitario aperto con la Libia, per via dell’impegno della Cei e del governo italiano. Anaya, 26 anni, ha portato con sé anche i tre figli di 7, 6 e 4 anni. Casalinga e moglie di un finanziere, viveva in una condizione economica agiata. Dopo i contrasti tra le forze governative e la sua famiglia, sono cominciate le minacce e lasciare il Paese è stata una scelta necessaria. Anche Abeba, 39 anni, è fuggita per motivi politici. Dopo aver trascorso un anno in Sudan, il suo viaggio è continuato verso la Libia. Lavorava nel reparto medico militare dell’esercito come infermiera. Poi, qualcosa non ha funzionato e la fuga è diventata la via per la salvezza. Ma i suoi due figli sono rimasti in Etiopia. Una sorte comune per le tre donne: la detenzione per due anni nei campi libici.
«Dopo il loro arrivo a Firenze – raccontano gli operatori che le hanno accolte –, ci hanno chiesto di poter telefonare a casa. Purtroppo una di loro ha scoperto che il padre è morto lo scorso anno. Le tre donne sono volute rimanere assieme e si sono integrate molto bene con gli altri ospiti tanto da preparare la lavatrice o cucinare per tutti. Vedono anche la tv assieme in un clima familiare». In condizioni più preoccupanti è giunta Ashe, etiope. «Da un primo screening sanitario è risultato un disagio mentale dovuto alle violenze subite», spiegano gli operatori Caritas. Per lei un passato da collaboratrice domestica nel suo Paese d’origine. «Adesso abbiamo cercato di creare un clima di comfort per starle vicini».