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Allarme fame dall’Africa: l’invasione della Russia in Ucraina non blocca solo gas e petrolio

Tra il 2018 e il 2020 l’Africa ha acquistato il 44 per cento del grano dalla Russia e dall’Ucraina. Nel 2021 il totale dell’importazioni secondo la Fao aveva raggiunto il 28%. Ora è tutto fermo nei silos dei porti e ciò rischia di creare ulteriori problemi anche per il prossimo raccolto che potrebbe marcire nei campi

La guerra non è solo distruzione, morti, feriti, sfollati, terre abbandonate che chissà se qualcuno tornerà a coltivare: la guerra è fame. Lo sanno le popolazioni dei Paesi africani perennemente in conflitto, dove i bambini nascono e crescono nella mancanza di tutto e senza aver mai conosciuto la pace. Paesi vulnerabili, che la guerra tra Russia e Ucraina, lontana e forse neanche conosciuta, rischia di ridurre alla carestia. Da subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina gli esperti delle Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme per “i rischi significativi e preoccupanti dell’impatto della guerra sull’Africa”. La Russia e l’Ucraina, spesso indicate come il granaio del mondo, sono i principali esportatori di grano e semi di girasole in Africa e Medio Oriente. Sono 50 i Paesi in via di sviluppo dipendenti per oltre il 30% dalle importazioni di cereali di quest’area

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la Fao, ha rilevato che Russia e Ucraina nel 2021 hanno contribuito rispettivamente per il 18% e il 10% delle esportazioni globali di grano e frumento, quasi 33 milioni di tonnellate e 20 milioni di tonnellate. Ai quali si aggiunge la massiccia esportazione di mais, orzo, colza, che arriva al 63% della quota mondiale nell’export di olio di girasole. L’80% delle esportazioni di grano dei due Paesi sfama l’Algeria, l’Egitto, la Libia, il Marocco, la Tunisia, la Nigeria, l’Etiopia, il Sudan e Sud Africa.

La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (Unctad) ha rilevato che la sola Africa ha comprato fra 2018 e 2020 grano per 3,7 miliardi di dollari dalla Russia, cioè il 32% delle importazioni complessive del prodotto e per 1,4 miliardi di dollari dall’Ucraina (il 12%). La guerra ha cancellato tutto questo. Ora, la Russia non può più esportare a causa delle sanzioni economiche e l’Ucraina non riesce a portare all’estero buona parte dei propri prodotti a causa dei blocchi, da parte russa, dei suoi principali porti nel Mar Nero. Il conflitto ha drasticamente ridotto i trasporti su ferrovia, rendendo complicate anche le esportazioni via terra. In Ucraina è sempre più difficile trovare il carburante per mettere in funzione i macchinari agricoli. La mancanza di fertilizzanti sta drasticamente riducendo la quantità raccolta e centinaia di migliaia di agricoltori sono ormai sfollati. Il Wfp preme, dunque, per la riapertura urgente dei porti ucraini così che il cibo prodotto nel paese possa arrivare nel resto del mondo, per evitare che la crisi alimentare mondiale vada fuori controllo. Negli otto mesi precedenti l’inizio del conflitto, quasi 51 milioni di tonnellate di grano sono transitate attraverso i porti ucraini del Mar Nero. “In questo momento, i silos di grano dell’Ucraina sono pieni. Allo stesso tempo, 44 milioni di persone in tutto il mondo sono a un passo dalla fame. Dobbiamo aprire questi porti in modo che il cibo possa uscire dall’Ucraina. Lo chiede il mondo, perché centinaia di milioni di persone in tutto il pianeta dipendono da queste forniture”, ha affermato il direttore esecutivo del Wfp David Beasley. “Non c’è più tempo – ha insistito – E’ necessario consentire al frumento di uscire dall’Ucraina così che arrivi dove è disperatamente necessario in modo da poter scongiurare l’incombente minaccia di carestia”.

Con i porti bloccati, infatti, milioni di tonnellate di grano sono stoccate in silos a Odessa e in altri porti ucraini sul Mar Nero. Altro grano è bloccato sulle navi impossibilitate a muoversi a causa del conflitto. E a meno che i porti non vengano riaperti, gli agricoltori ucraini non avranno spazio dove immagazzinare il prossimo raccolto di luglio/agosto, con il risultato che montagne di grano andranno sprecate mentre il mondo fatica a fare fronte a una già catastrofica crisi globale della fame.

Nella sola regione del Corno d’Africa, secondo il Wfp (World food programme), “14 milioni di persone stanno già soffrendo la fame, come risultato del fallimento di tre stagioni di pioggia consecutive” e questo numero potrebbe salire a 20 milioni, se anche le piogge attuali non fossero efficaci e i finanziamenti per l’assistenza umanitaria non fossero sufficienti. Durante la sua recente visita in Senegal, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha affermato che quando si guarda alla situazione socio-economica mondiale, “è impossibile non menzionare la guerra in Ucraina e il suo impatto sull’Africa”. La guerra, ha detto, ha esacerbato una “triplice crisi alimentare, energetica e finanziaria” in tutto il continente africano. A sua volta l’Ufficio Africa del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), ha sottolineato come la guerra arrivi subito dopo la pandemia che ha gettato decine di milioni di persone nella povertà e ha “fatto arretrare” la democrazia in alcune parti dell’Africa. “Una crisi senza precedenti” quella in corso nel continente africano, secondo gli esperti, che non può che far aumentare le tensioni, con la forte possibilità che si trasformino in proteste violente.