Vita Chiesa

Terremoto un anno dopo: mons. D’Ercole, «i ricordi sono una ferita»

«Quella notte, quando ho saputo che una parte della mia diocesi era stata colpita dal sisma, sono subito andato lì – ha raccontato -. Ho risposto a un bisogno del cuore. Sono rimasto tutta la giornata in quei luoghi vivendo un’esperienza che si può riassumere in poche parole: lacrime, fumo, polvere e tanta disperazione. Questi sono ricordi che porto dentro di me come una ferita, che si riapre ogni volta che incontro i familiari delle vittime o quelle persone che ho visto quella notte. Allo stesso tempo, però, va fatto uno sforzo enorme per andare avanti». Stanotte mons. D’Ercole ha presieduto una veglia di preghiera nel centro comunitario costruito ad Arquata durante la quale sono state ricordate le vittime del sisma. Oggi, alle 17, a Pescara del Tronto, celebrerà una Messa solenne insieme con i parroci dei comuni colpiti dal terremoto.

«In questo anno non è stato fatto molto in termini di interventi, ma bisogna capire che ci sono state delle difficoltà, come la neve e le scosse successive. A breve dovrebbe cominciare la ricostruzione vera e propria, perché finora c’è stato il tentativo di mettere in sicurezza alcune strutture. Si dovranno realizzare le case provvisorie che finora sono state costruite solo in piccola parte». Lo ha detto al Sir il vescovo di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D’Ercole, facendo un bilancio degli interventi di ricostruzione nelle zone colpite dal sisma nella sua diocesi a un anno di distanza dalle scosse della notte del 24 agosto 2016. «Come diocesi per prima cosa abbiamo aiutato i familiari delle vittime a risolvere i problemi più immediati, abbiamo cercato di essere un pronto soccorso ambulante per persone che avevano perso tutto. Alcune di loro non avevano più neppure la carta d’identità – ha raccontato -. Le abbiamo aiutate finanziariamente e mettendole in collegamento con i gemellaggi realizzati da altre comunità italiane, parrocchie e associazioni. Il secondo intervento è stato in favore dei piccoli artigiani, perché quelle colpite dal sisma sono zone in cui non esistevano grandi industrie ma piccoli lavori che permettevano alle famiglie di vivere. Quindi, abbiamo aiutato chi ha perso il trattore, chi aveva bisogno di riaprire il bar. Grazie alla Caritas italiana siamo riusciti a garantire interventi economici anche a loro. Il terzo intervento è stato rivolto ai giovani perché non cadessero in depressione. Abbiamo organizzato per loro attività formative e ricreative».