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Siria, la guerra che va avanti da 11 anni: su Toscana Oggi la testimonianza delle monache trappiste
Una guerra iniziata 11 anni fa, «che purtroppo non è ancora finita». Lo scrive suor Marta Luisa dal Monastero trappista di «Nostra Signora Fonte della Pace» di Azeir, in Siria. Dal 2005 infatti un piccolo gruppo di sorelle, provenienti dal monastero di Valserena, in Toscana, si è stabilito vicino ad Aleppo, per dare inizio a una nuova comunità monastica. In un articolo, che viene pubblicato sul numero di Toscana Oggi in uscita questa settimana, la monaca ripercorre i problemi legati al conflitto.
Fondamentalismo, occupazione di alcuni territori, zone instabili e bellicose, oltre alla «situazione tragica delle minoranze cristiane, le comunità siriache che si trovano intrappolate tra diverse forze contrapposte, in condizioni di insicurezza per non dire peggio». Sono questui i frutti amari della guerra. L’ottantacinque per cento della popolazione, ricorda suor Marta Luisa, «vive sotto la soglia della povertà, con fatica a procurarsi anche solo il cibo quotidiano. Quattordici milioni e mezzo di persone bisognose di sussidi, e alcune stime dicono molte di più».Le sanzioni, afferma, «non colpiscono mai i potenti, ma solo la povera gente» e «appare sempre più evidente che quello che si vuole ottenere, da parte di chi ha mosso le fila di questa guerra, non è la giustizia, non è il benessere dei popoli, ma l’instabilità necessaria per mantenere le proprie strategie internazionali».«Da qui – aggiunge – vediamo preoccupati l’incoscienza con cui i nostri paesi occidentali, e l’Italia in prima fila, dimenticano la forza della diplomazia e della ragione per evitare questa guerra (che si poteva evitare, la si prevedeva da anni…) e si lanciano spavaldamente in forniture di armi che, ve lo possiamo dire per esperienza, una volta caricate e messe in mano ai civili, continuano a sparare e a fare vittime per anni… Gli eserciti regolari si possono controllare… Le armi in mano ai civili no. Come non essere addolorati per la prospettiva di una «nuova Siria» al cuore dell’Europa?»In questo contesto, ai cristiani viene chiesto «di prendere la nostra responsabilità specifica come cristiani nel ricostruire, nel coordinare, nel dare il nostro contributo alla rinascita di questo paese».«Noi nella nostra piccola realtà – prosegue suor Marta Luisa – cerchiamo di favorire gli incontri formativi, con gli ospiti che sempre più numerosi vengono al monastero. Cerchiamo di sostenere economicamente i bambini e i ragazzi per lo studio, di dare lavoro a qualche donna rimasta sola o con difficoltà in famiglia, appoggiamo qualche piccolo microprogetto (l’acquisto di qualche mucca per giovani che dopo dieci anni di servizio militare si ritrovano senza nulla in mano, per dare la possibilità di iniziare un lavoro con un po’ di reddito). Piccole cose, perché il vero problema è che qualunque attività si inventi, non c’è mercato. La gente non ha più nessun potere di acquisto, deve pensare al pane. Ma lo facciamo con tutto il cuore, per contribuire a mantenere viva e reale la speranza. E perché sappiamo che la Buona Notizia ha davvero il potere di cambiare la nostra vita, anche nelle difficoltà».