Vita Chiesa

Papa Francesco: ad Accademia scienze sociali, fraternità sia «principio regolatore dell’ordine economico»

Partecipazione sociale è dunque l’oggetto di riflessione, tema che, scrive Francesco, «mi sta molto a cuore». Oggi, per il Papa, è necessario ampliare la «nozione tradizionale di giustizia, la quale non può essere ristretta al giudizio sul momento distributivo della ricchezza, ma deve spingersi fino al momento della sua produzione». Ecco perché solo «la fraternità» può essere il «principio regolatore dell’ordine economico». L’appello del Papa è dunque a «porre rimedio all’errore della cultura contemporanea, che ha fatto credere che una società democratica possa progredire tenendo tra loro disgiunti il codice dell’efficienza» e «il codice della solidarietà». «La parola-chiave che oggi meglio di ogni altra esprime l’esigenza di superare tale dicotomia – spiega – è ‘fraternità’, parola evangelica, ripresa nel motto della Rivoluzione Francese» ma poi abbandonata. La fraternità, sottolinea Francesco, «consente a persone che sono eguali nella loro essenza, dignità, libertà, e nei loro diritti fondamentali, di partecipare diversamente al bene comune secondo la loro capacità, il loro piano di vita, la loro vocazione, il loro lavoro o il loro carisma di servizio». «Dall’inizio del mio pontificato ho voluto indicare ‘che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi’», prosegue il Papa richiamando il n.179 di Evangelii gaudium.

«Ciò che è più inquietante oggi – scrive ancora il Papa –  è l’esclusione e la marginalizzazione dei più da una partecipazione equa nella distribuzione su scala nazionale e planetaria dei beni sia di mercato sia di non-mercato, come la dignità, la libertà, la conoscenza, l’appartenenza, l’integrazione, la pace». Per Francesco, «le diseguaglianze – insieme alle guerre di predominio e ai cambiamenti climatici – sono le cause della più grande migrazione forzata nella storia, che colpisce oltre 65 milioni di essere umani». A questo si aggiunge il «dramma crescente delle nuove schiavitù nelle forme del lavoro forzato, della prostituzione, del traffico di organi, che sono veri crimini contro l’umanità» mentre «è allarmante e sintomatico che oggi il corpo umano si compri e si venda, come fosse una merce di scambio». «Non è capace di futuro la società in cui si dissolve la vera fraternità»; occorre pertanto «cercare una via d’uscita dalla soffocante alternativa tra la tesi neoliberista e quella tesi neostatalista» e «battersi per lo sviluppo umano integrale», ossia per «l’allargamento dello spazio di dignità e di libertà delle persone».

Il Papa precisa anche che «riconoscere che il lavoro è una capacità innata e un bisogno fondamentale è un’affermazione assai più forte che dire che esso è un diritto. E ciò perché, come la storia insegna, i diritti possono essere sospesi o addirittura negati; le capacità, le attitudini e i bisogni, se fondamentali, no».

«I limiti dell’attuale cultura del lavoro sono ormai divenuti evidenti ai più», osserva Francesco richiamando la via indicata dalla Dottrina sociale della Chiesa secondo la quale «il lavoro, prima ancora che un diritto, è una capacità e un bisogno insopprimibile della persona». Ne deriva che «la persona ha la priorità nei confronti del suo agire e quindi del suo lavoro». «Quando il lavoro non è più espressivo della persona», ammonisce il Pontefice, «il lavoro diventa schiavitù; la persona può essere sostituita da una macchina». La seconda conseguenza chiama in causa la nozione di giustizia del lavoro: «Il lavoro giusto è quello che non solamente assicura una remunerazione equa, ma corrisponde alla vocazione della persona e perciò è in grado di dare sviluppo alle sue capacità». Nel Messaggio il Papa si sofferma infine sui «gravi rischi connessi» all’invasione «dell’individualismo libertario» la cui radicalizzazione «porta a concludere che ognuno ha ‘diritto’ di espandersi fin dove la sua potenza glielo consente anche a prezzo dell’esclusione e marginalizzazione della maggioranza più vulnerabile».