Vita Chiesa

Papa Francesco: a congresso Fiac, «voglio un’Azione cattolica tra la gente»

Richiamando la missione storica di Ac di «formare laici che si assumessero la propria responsabilità nel mondo, il Papa ha osservato: «Oggi, in concreto, è la formazione di discepoli missionari». «Il carisma dell’Azione cattolica è il carisma della stessa Chiesa incarnata profondamente nell’oggi e nel qui di ogni Chiesa diocesana» a «partire dalle diverse realtà parrocchiali». Quattro, ha ricordato, le «zampe» storiche dell’associazione: «preghiera, formazione, sacrificio e apostolato» sulle quali si è appoggiata secondo i tempi. Oggi, per Francesco, «l’apostolato deve essere il tratto distintivo ed è la zampa che si poggia per prima», ma «l’apostolato missionario ha bisogno di preghiera, formazione e sacrificio. Ciò appare chiaramente ad Aparecida e nella Evangelii gaudium. C’è un dinamismo integratore nella missione». Tre i verbi affidati all’Ac. Anzitutto «formate: offrendo un processo di crescita nella fede» per «animare una felice amicizia con Gesù». Poi «pregate: in quella santa estroversione che pone il cuore nei bisogni del popolo, nelle sue sofferenze e nelle sue gioie». Infine «sacrificatevi: ma non per sentirvi più puliti, il sacrificio generoso è quello che fa bene agli altri. Offrite il vostro tempo cercando come fare perché gli altri crescano».

«La missione non è un compito tra i tanti nell’Azione cattolica, è il compito», ha detto il Papa che poi ha avvertito: «Se la missione non è la sua forza distintiva, si snatura l’essenza dell’Azione cattolica, e perde la sua ragion d’essere». Vitale aggiornare l’impegno per l’evangelizzazione, giungendo «in tutte le periferie esistenziali» e ripensando piani di formazione, forme di apostolato e preghiera «affinché siano essenzialmente, e non occasionalmente, missionari». «Abbandonare il vecchio criterio: perché si è sempre fatto così», il monito del Papa, per il quale l’Azione cattolica «deve assumere la totalità della missione della Chiesa in generosa appartenenza alla Chiesa diocesana a partire dalla parrocchia». Di qui l’insistenza sulla concretezza: l’Azione cattolica deve assumere «come propria la pastorale di ogni Chiesa diocesana nel suo inserimento concreto a partire dalle parrocchie». «Dovete incarnarvi concretamente», l’invito ai laici, «non potete essere come quei gruppi tanto universali che non hanno una base in nessun posto, che non rispondono a nessuno e vanno cercando ciò che più li aggrada di ogni luogo». «Il criterio – ha insistito Francesco – è la concretezza -. Quando recitiamo il Credo professiamo qualcosa di molto concreto. Se la fede non è concreta non è cattolica. Il cattolico è sempre concreto».

«Tutti i membri dell’Azione cattolica sono dinamicamente missionari», e deve essere «la realtà» a «dettarvi il compito» perché «s’impara a evangelizzare evangelizzando». Nel suo discorso il Pontefice ha sottolineato l’importanza che l’associazione  «sia presente nel mondo politico, imprenditoriale, professionale» ma anche «nelle carceri, negli ospedali, nelle strade, nelle baraccopoli, nelle fabbriche» per non essere «un’istituzione di esclusivisti che non dicono nulla a nessuno, neppure alla stessa Chiesa». «Voglio un’Azione cattolica tra la gente, nella parrocchia, nella diocesi, nel paese, nel quartiere, nella famiglia, nello studio e nel lavoro, nella campagna, negli ambiti propri della vita – l’esortazione di Francesco -. È in questi nuovi areopaghi che si prendono decisioni e si costruisce la cultura». Dal Pontefice anche l’invito a snellire i modi d’inserimento. «Non siate dogane», ha avvertito. «Aprite le porte, non fate esami di perfezione cristiana perché così facendo promuoverete un fariseismo ipocrita. C’è bisogno di misericordia attiva». «L’impegno che assumono i laici che aderiscono all’Azione cattolica guarda avanti. È la decisione di lavorare per la costruzione del regno». Per il Papa, «tutti hanno diritto a essere evangelizzatori». «Che l’Azione cattolica – l’auspicio conclusivo – offra lo spazio di accoglienza e di esperienza cristiana a quanti, per motivi personali, si sentono ‘cristiani di second’ordine’».

L’Azione cattolica «non può stare lontano dal popolo, ma viene dal popolo e deve stare in mezzo al popolo». Ne è convinto Papa Francesco che ha aggiunto: «Dovete popolarizzare di più l’Azione cattolica». Di qui l’importanza di «condividere la vita della gente e imparare a scoprire quali sono i suoi interessi e le sue ricerche, quali sono i suoi aneliti e le sue ferite più profonde; e di che cosa ha bisogno da noi. Ciò è fondamentale per non cadere nella sterilità di dare risposte a domande che nessuno si fa. I modi di evangelizzare si possono pensare da una scrivania, ma solo dopo essere stati in mezzo al popolo e non al contrario». Per Francesco, un’Ac «più popolare, più incarnata» che accoglie persone ferite o con un passato o presente difficile è «una sfida alla maternità ecclesiale» dell’associazione stessa per «ricevere tutti e accompagnarli nel cammino della vita con le croci che portano sulle spalle». Tutti, assicura, «possono partecipare a partire da ciò che hanno e con quel che possono. Per questo popolo concreto ci si forma. Con questo e per questo popolo concreto si prega» e, ha sottolineato Francesco «c’è tanta saggezza nel nostro popolo». Di qui l’invito ad aguzzare la vista «per vedere i segni di Dio presenti nella realtà, soprattutto nelle espressioni di religiosità popolare. Da lì potrete capire meglio il cuore degli uomini e scoprirete i modi sorprendenti con cui Dio agisce al di là dei nostri concetti».

«Vi siete proposti un’Azione cattolica in uscita, e questo è un bene», ha quindi osservato Francesco. Per il Pontefice, «uscita significa apertura, generosità, incontro con la realtà al di là delle quattro mura dell’istituzione e delle parrocchie». «Quante volte – ha aggiunto a braccio – Gesù bussa dall’interno delle porte delle nostre chiese per uscire». Cinque i passi indicati da Francesco per il progetto evangelizzatore dell’Ac. «Primerear, e mi permetto un neologismo – ha detto sorridendo – cioè prendere l’iniziativa, partecipare, accompagnare, fruttificare e festeggiare. Un passo avanti nell’uscita, incarnati e camminando insieme. Questo è già un frutto da festeggiare. Contagiate con la gioia della fede». «Non cadete nella tentazione dello strutturalismo», ammonisce; «incoraggiate i vostri membri ad apprezzare la missione corpo a corpo» e «non clericalizzate il laicato. Che l’aspirazione dei vostri membri non sia di far parte del sinedrio delle parrocchie che circonda il parroco ma la passione per il regno. Non dimenticatevi però d’impostare il tema vocazionale con serietà». L’invito del Papa è ad essere «luogo d’incontro per il resto dei carismi istituzionali e dei movimenti che ci sono nella Chiesa». Essere «il braccio lungo della gerarchia», definizione frequente data all’Azione cattolica, «lungi dall’essere una prerogativa che fa guardare gli altri dall’alto in basso, è una responsabilità molto grande che implica fedeltà e coerenza a quello che la Chiesa mostra in ogni momento della storia», precisa Francesco.   «La passione cattolica, la passione della Chiesa – conclude – è vivere la dolce e confortante gioia di evangelizzare. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno dall’Azione cattolica».

Tra i regali, un Vangelo trovato in un barcone di migranti.  «I migranti che, su gommoni o barconi, raggiungevano le coste lampedusane negli anni scorsi, o quelli che, attualmente, vengono salvati in mare dalle organizzazioni umanitarie e dalla marina italiana, riescono a portare con sé pochissimi effetti personali e per questo motivo sono obbligati a scegliere tra i più preziosi: foto di persone care, oggetti o testi sacri». A parlare sono alcuni rappresentanti dell’Azione cattolica di Lampedusa, Salvatore Scibetta e l’assistente don Carmelo La Magra, in prima linea nell’accoglienza dei migranti. Intervenuti al Congresso internazionale del Forum internazionale di Azione cattolica (Fiac) hanno donato a Papa Francesco, prima del suo discorso ai partecipanti, una copia del «Nuovo Testamento e Salmi» in inglese, trovata sul fondo di un barcone. «Non siamo a conoscenza della sorte della persona che custodiva questo testo – hanno spiegato -, sappiamo soltanto che una delle pagine, maltrattate dal viaggio, è piegata con molta cura sul Salmo 55», un salmo di richiesta di aiuto a Dio. Un librettino dalla copertina scolorita – forse un tempo azzurra – che il Papa, visibilmente emozionato, ha baciato.

Il Pontefice ha ricevuto inoltre un grande album con i disegni dei ragazzi dell’Acr che in Albania, Romania, Spagna, Argentina e Italia hanno riflettuto insieme ai loro coetanei sui 5 verbi indicati al n. 273 di Evangelii Gaudium: illuminare, benedire, sollevare, guarire, liberare e vivificare. Tre generazioni di Ac: nonni, genitori e figli. Sono la famiglia De Bono, proveniente da Malta, che ha offerto al Pontefice una tovaglia come segno della mensa familiare. Dalla Terra Santa è arrivata invece la famiglia Bellomo con i figli Antonio e Lea, gemelli di 4 anni che hanno insegnato a Francesco il segno della croce in arabo prima del suo viaggio in Egitto. Un giovane del Centrafrica, Martin Valery, insieme a p. Ludovic Berthin, direttore dell’apostolato dei laici, ha infine regalato al Papa un’immagine della Vergine venerata nel suo Paese.