Vita Chiesa

Papa Francesco: la vita consacrata mantenga la sua missione profetica. Le cause dell’«emorragia» in corso

«Gli abbandoni nella vita consacrata ci preoccupano – ha ammesso il Pontefice -. È vero che alcuni lasciano per un atto di coerenza, perché riconoscono, dopo un discernimento serio, di non avere mai avuto la vocazione; però altri con il passare del tempo vengono meno alla fedeltà, molte volte solo pochi anni dopo la professione perpetua». Allora, «che cosa è accaduto?». Il Santo Padre ha evidenziato che «molti sono i fattori che condizionano la fedeltà in questo che è un cambio di epoca e non solo un’epoca di cambio, in cui risulta difficile assumere impegni seri e definitivi» e dove regna «la cultura del provvisorio».

Per Francesco, «il primo fattore che non aiuta a mantenere la fedeltà è il contesto sociale e culturale nel quale ci muoviamo»: «Viviamo immersi nella cosiddetta cultura del frammento, del provvisorio, che può condurre a vivere ‘à la carte’ e ad essere schiavi delle mode. Questa cultura induce il bisogno di avere sempre delle ‘porte laterali’ aperte su altre possibilità, alimenta il consumismo e dimentica la bellezza della vita semplice e austera, provocando molte volte un grande vuoto esistenziale». Non solo: «si è diffuso anche un forte relativismo pratico, secondo il quale tutto viene giudicato in funzione di una autorealizzazione molte volte estranea ai valori del Vangelo. Viviamo in società dove le regole economiche sostituiscono quelle morali, dettano leggi e impongono i propri sistemi di riferimento a scapito dei valori della vita; una società dove la dittatura del denaro e del profitto propugna una visione dell’esistenza per cui chi non rende viene scartato. In questa situazione, è chiaro che uno deve prima lasciarsi evangelizzare per poi impegnarsi nell’evangelizzazione».

Tra i fattori che condizionano la fedeltà nella vita consacrata, c’è «il mondo giovanile, un mondo complesso, allo stesso tempo ricco e sfidante. Non negativo, ma complesso, sì, ricco e sfidante». «Non mancano – ha precisato il Pontefice – giovani molto generosi, solidali e impegnati a livello religioso e sociale; giovani che cercano una vera vita spirituale; giovani che hanno fame di qualcosa di diverso da quello che offre il mondo. Ci sono giovani meravigliosi e non sono pochi». Però anche tra i giovani «ci sono molte vittime della logica della mondanità, che si può sintetizzare così: ricerca del successo a qualunque prezzo, del denaro facile e del piacere facile. Questa logica seduce anche molti giovani». Di qui l’invito: «Il nostro impegno non può essere altro che stare accanto a loro per contagiarli con la gioia del Vangelo e dell’appartenenza a Cristo. Questa cultura va evangelizzata se vogliamo che i giovani non soccombano».

«Accanto a tanta santità – c’è tanta santità nella vita consacrata! – non mancano situazioni di contro-testimonianza che rendono difficile la fedeltà». Tali situazioni, tra le altre, sono «la routine, la stanchezza, il peso della gestione delle strutture, le divisioni interne, la ricerca di potere – gli arrampicatori –, una maniera mondana di governare gli istituti, un servizio dell’autorità che a volte diventa autoritarismo e altre volte un ‘lasciar fare’». Ma, ha ammonito il Pontefice, «se la vita consacrata vuole mantenere la sua missione profetica e il suo fascino, continuando ad essere scuola di fedeltà per i vicini e per i lontani, deve mantenere la freschezza e la novità della centralità di Gesù, l’attrattiva della spiritualità e la forza della missione, mostrare la bellezza della sequela di Cristo e irradiare speranza e gioia. Speranza e gioia. Questo ci fa vedere come va una comunità, cosa c’è dentro. C’è speranza, c’è gioia? Va bene. Ma quando viene meno la speranza e non c’è gioia, la cosa è brutta». Secondo il Santo Padre, «un aspetto che si dovrà curare in modo particolare è la vita fraterna in comunità», «alimentata dalla preghiera comunitaria, dalla lettura orante della Parola, dalla partecipazione attiva ai sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione, dal dialogo fraterno e dalla comunicazione sincera tra i suoi membri, dalla correzione fraterna, dalla misericordia verso il fratello o la sorella che pecca, dalla condivisione delle responsabilità». Tutto questo accompagnato da «una eloquente e gioiosa testimonianza di vita semplice accanto ai poveri e da una missione che privilegi le periferie esistenziali». Per Francesco, «dal rinnovamento della vita fraterna in comunità dipende molto il risultato della pastorale vocazionale».

«La vocazione, come la stessa fede, è un tesoro che portiamo in vasi di creta

Il Santo Padre ha voluto, poi, mettere in luce l’«importanza all’accompagnamento»: «È necessario che la vita consacrata investa nel preparare accompagnatori qualificati per questo ministero. E dico la vita consacrata, perché il carisma dell’accompagnamento spirituale, diciamo della direzione spirituale, è un carisma ‘laicale’. Anche i preti lo hanno; ma è ‘laicale’». Per Francesco, «non poche vocazioni si perdono per mancanza di validi accompagnatori». «Tutti noi consacrati, giovani e meno giovani, abbiamo bisogno di un aiuto adeguato per il momento umano, spirituale e vocazionale che stiamo vivendo – ha sottolineato -. Mentre dobbiamo evitare qualsiasi modalità di accompagnamento che crei dipendenze. Questo è importante: l’accompagnamento spirituale non deve creare dipendenze. Mentre dobbiamo evitare qualsiasi modalità di accompagnamento che crei dipendenze, che protegga, controlli o renda infantili, non possiamo rassegnarci a camminare da soli, ci vuole un accompagnamento vicino, frequente e pienamente adulto». Tutto ciò «servirà ad assicurare un discernimento continuo che porti a scoprire il volere di Dio, a cercare in tutto ciò che più è gradito al Signore». Ma, ha avvertito il Papa, «nel discernimento non si tratta solamente di scegliere tra il bene e il male, ma tra il bene e il meglio, tra ciò che è buono e ciò che porta all’identificazione con Cristo».