Vita Chiesa

Marcia della pace 2016: da Bologna l’invito ad educarsi fin da piccoli alla nonviolenza

Sul palco dei Giardini Margherita (prima tappa della Marcia), a fianco del sindaco Virginio Merola, di monsignor Filippo Santoro (arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione episcopale Cei per i problemi sociali e del lavoro, la giustizia e la pace), monsignor Giovanni Ricchiuti (arcivescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi) e monsignor Luigi Bettazzi (vescovo emerito di Ivrea, già presidente di Pax Christi), il presule si è rivolto ai presenti ricordando che, com’era nelle intenzioni di papa Paolo VI, la Marcia vuole «mettere insieme tutti gli amici della pace».

«Oggi – ha aggiunto il vescovo – cammineremo lungo i portici di Bologna, e i portici saranno come i ponti che uniscono gli uni agli altri», così come la nonviolenza dev’essere «lo stile per la pace». «Camminiamo insieme», ha concluso, «perché la pace è di tutti e Bologna è per la pace». Dal sindaco è quindi venuto l’invito alla città per «riprendere a camminare insieme» e «insieme lavorare per costruire la città che vogliamo, senza rivendicare supremazie o identità che ci escludono l’uno dall’altro».

«Bisogna educare fin da piccoli al rispetto e alla nonviolenza». Perciò, è necessario «intervenire nella legislazione internazionale» perché «non vengano più regalate ai bambini le armi giocattolo». Davanti alla basilica di San Domenico, a Bologna, parlando ai partecipanti alla 49ª Marcia per la pace, monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione episcopale Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, ha lanciato un appello alle istituzioni per educare le nuove generazioni alla nonviolenza. Proprio dai bambini, che bisticciano ma poi fanno la pace, è partito il presule invitando a «essere come i bambini, che si abbracciano per costruire un ideale più grande in dialogo con tutti». Presentando poi il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace, mons. Santoro ha ricordato che «il Papa declina il tema della pace con la difesa dell’ambiente e il lavoro», proponendo «un’ecologia integrale». A proposito di lavoro, ha sottolineato che questo sarà il tema della prossima Settimana sociale dei cattolici italiani e che «la dignità del lavoro parte dal valore della persona». «Noi a Taranto abbiamo  – questa la denuncia di mons. Santoro – un debito ecologico: si è prodotto acciaio per tutta l’Italia ottenendo in cambio inquinamento e morte. Questo non può continuare».  

Una sinfonia di culture. «Portiamo con questa marcia speranza e accoglienza lungo le strade di Bologna, immagine delle strade del nostro mondo, in una sinfonia di culture, fedi, senza paura». Queste le parole di saluto che monsignor Giovanni Ricchiuti, arcivescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, ha rivolto oggi pomeriggio a Bologna ai partecipanti alla 49ª Marcia nazionale per la pace. «Non importa quanti siamo, ma chi siamo e perché siamo qui. Siamo il popolo della pace, numerosissimo, che qui e altrove si mette sempre in cammino». Richiamando il tema della Marcia e della Giornata per la pace – «La nonviolenza: stile di una politica per la pace» – il presule ha quindi espresso l’auspicio «che la politica sappia accogliere queste istanze che provengono dal popolo della pace».

«Il nonviolento non è uno che vive nel mondo dei sogni, ma che affronta il male». Lo ha sottolineato l’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Maria Zuppi, celebrando oggi pomeriggio il Te Deum nella basilica di San Petronio, a Bologna, all’interno della Marcia nazionale per la pace in corso nel capoluogo emiliano. «La pace non può essere divisa. Se manca a qualcuno manca a tutti», ha esordito il vescovo, nella convinzione che, «se la guerra è mondiale divisa in pezzi, pure la pace è mondiale e dobbiamo cercarla per tutti i pezzi che soffrono». «La pace è un bene pieno, una parola che non sopporta aggiunte o caricature», ha aggiunto citando don Primo Mazzolari. E mentre «le guerre, dichiarate o no, sono sempre un’inutile strage, che segna la vita di milioni di persone e condiziona per tutta la vita», la nonviolenza al contrario deve essere «lo stile caratteristico delle nostre azioni, delle relazioni, della politica». Perciò – è l’invito di mons. Zuppi – «non perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di ogni piccolo gesto che semini pace e amicizia». «Vogliamo una politica per la pace, nel senso più alto del termine. Non si tratta di pie intenzioni o di una visione intimistica, ma di una convinzione che comporta scelte e azioni. La pace è possibile, inizia da me – ha concluso – e diventa uno stile che si diffonde».

Alla marcia ha portato la sua testimonianza anche monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, già presidente di Pax Christi Italia e International. «La violenza  – ha detto – è abominio, egoismo, imposizione. La nonviolenza è amore, solidarietà, è la sostanza del cristianesimo». Compito degli uomini di buona volontà, ha sottolineato, è «prevenire, attraverso la diplomazia, e non fare la guerra». «La nonviolenza – ha aggiunto – dovrebbe essere la caratteristica di tutte le religioni, ma in modo particolare del cristianesimo»: il Papa «ci richiama alla nonviolenza perché questa è la sostanza del cristianesimo». Bettazzi ha quindi additato Maria come «modello di nonviolenza»: una nonviolenza che è «contemplativa, attiva e profetica» e può cominciare «riflettendo sulla Parola di Dio, con momenti di preghiera e silenzio per ritrovare al fondo della nostra coscienza l’ispirazione dello Spirito Santo. La non violenza parte dalla contemplazione interiore». «Chiediamo alla Madonna – ha concluso – che ci faccia essere nonviolenti nella contemplazione, nell’azione, nella profezia».

«C’è un’interconnessione tra guerra e povertà, un circolo vizioso che trascina al ribasso intere nazioni». È la denuncia di Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas italiana, portata questa sera a Bologna all’interno della tavola rotonda al Paladozza, tappa della Marcia nazionale per la pace che si concluderà con la Messa, alle 22.30, nella basilica di San Francesco. «La guerra mondiale a pezzi non è solo un modo di dire: quest’ultimo decennio – ha rilevato – ha visto una continua crescita del dramma dei profughi e solo nel 2016 sono state 65,3 milioni le persone costrette a scappare». Eppure, ha aggiunto Beccegato, viviamo «ovattati da falsità che non ci fanno vedere la sofferenza di questa gente, così ci infastidiscono 190mila profughi arrivati nel nostro Paese, mentre altri 5mila, in un anno, sono morti nel Mediterraneo». Se c’è un legame tra povertà e guerra, allora «politiche nonviolente – ha precisato – vanno verso la lotta alla povertà». Vi è poi il legame tra guerra e ambiente, laddove «vi sono, ad esempio, degrado e inquinamento». Quindi, il rapporto tra guerra e speculazioni finanziarie, con «una finanza non governata che specula anche sul cibo». E proprio il cibo, ha osservato il vicedirettore della Caritas, ha un legame diretto con la guerra, perché «sempre più lo si strumentalizza per ridurre alla fame il nemico, ignorando tutti i civili che muoiono di conseguenza, e che non rientrano nei computi delle vittime della guerra».