Vita Chiesa
Ogni anno in Toscana 6 mila separazioni. Quante sono matrimoni nulli?
È passato ormai un anno da quando Papa Francesco, con la Lettera apostolica in forma di «motu proprio» Mitis Iudex, ha riformato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale. Un documento che si inseriva nel contesto della grande riflessione che la Chiesa ha fatto in questi anni sulla famiglia, attraverso le due assemblee del Sinodo dei vescovi, culminata con l’Esortazione apostolica Amoris laetitia. In questo cammino la Chiesa ha messo al centro «la gioia dell’amore che si vive nella famiglia», per usare le parole che aprono il testo del Papa; ma si è posta anche alcune domande sulle situazioni di fragilità familiare. «Accompagnare, discernere e integrare la fragilità» è proprio il titolo del capitolo ottavo.
Secondo monsignor Roberto Malpelo, Vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico regionale Etrusco, la riforma dei processi per il riconoscimento della nullità matrimoniale va inquadrata proprio in questo contesto: «Il processo canonico – spiega – è una delle possibilità che può essere valutata come strada in cui ciascuno può ristabilire la verità della propria condizione familiare». La riforma ha introdotto significativi cambiamenti: a che punto siamo con l’applicazione? In Toscana, spiega mons. Malpelo, si è seguita la strada di affidare la competenza al Tribunale ecclesiastico, già costituito in ogni diocesi, in modo che possano essere attuate le norme che introducono il processo «brevior» in cui il giudice è lo stesso vescovo; allo stesso tempo è rimasto operativo il Tribunale ecclesiastico regionale, come luogo in cui far confluire le cause che richiedono processi in forma ordinaria.
I principi alla base dell’intervento di riforma messo in atto dal Papa, ricorda il Vicario giudiziale, sono soprattutto quattro: maggiore ruolo del Vescovo come Pastore della propria diocesi, «accessibilità», «celerità» e gratuità dei processi. Accessibilità significa, intanto, vicinanza territoriale: su questo punto in Toscana – e in Italia in genere – la situazione era già favorevole, il documento si rivolge alle diocesi di Africa o America Latina, dove a volte raggiungere il Tribunale ecclesiastico può richiedere giorni di viaggio. L’altro aspetto è quello economico: qui, ricorda mons. Malpelo, la Cei era già intervenuta per ridurre le spese o annullare per chi non ha mezzi economici con una riforma già dal 1998.
Sui tempi dei processi invece il «Motu proprio» introduce importanti novità per rendere l’iter giuridico più veloce. Importante in questo senso è la forma brevior, che si applica nei casi in cui la richiesta di riconoscimento della nullità del matrimonio è consensuale tra i due coniugi ed è sostenuta da argomenti «particolarmente evidenti». In questi casi il giudice è lo stesso vescovo, come «garante dell’unità cattolica nella fede e nella disciplina». I processi in forma ordinaria invece (quelli in cui non c’è accordo tra le parti, o in cui la dichiarazione di nullità richiede maggiori approfondimenti) confluiscono al Tribunale regionale; anche in questo caso però c’è una grande novità, non viene più richiesta la «doppia sentenza conforme»: in pratica, una sola sentenza a favore della nullità del matrimonio è sufficiente. In ogni caso resta la possibilità di ricorrere in appello.
Oltre agli aspetti tecnici e giudiziari, l’aspetto interessante di questa riforma resta comunque quello delle implicazioni dal punto di vista pastorale. Non a caso monsignor Malpelo è stato invitato nei giorni scorsi a parlare ai preti della diocesi di Firenze, e altri incontri si sono svolti – o sono in programma – in altre diocesi. Il suo ragionamento guarda, prima di tutto, a quella che è la realtà della famiglia nella società toscana. «Partiamo da alcuni numeri: i dati Istat ci dicono che nel corso di vent’anni, dal 1992 al 2012, il numero dei matrimoni è largamente diminuito. E tra questi è diminuito soprattutto il numero dei matrimoni religiosi, più che dimezzati: da oltre 12 mila a meno di 6 mila. I dati 2012, ad esempio, registrano in Toscana il sorpasso dei matrimoni civili, che diventano il 57,5%, su quelli religiosi: la media italiana è intorno al 41%. I matrimoni dunque diminuiscono repentinamente, soprattutto quelli in chiesa; il numero delle separazioni invece rimane costante, oltre le 5 mila all’anno. Se facciamo una proporzione, possiamo ipotizzare che ogni anno almeno 2 mila di queste separazioni, se non di più, riguardino matrimoni religiosi. Nel 2012, anno delle rilevazioni Istat, le cause di nullità matrimoniale presentate al Tribunale ecclesiastico invece sono state soltanto 176. Questo deve far pensare: significa che ci sono moltissime persone che avrebbero bisogno di essere accompagnate in un’opera di discernimento sulla propria situazione matrimoniale e familiare».
Una questione che ovviamente non riguarda solo i tribunali ecclesiastici: sono i parroci, o le diocesi attraverso speciali percorsi pastorali, a dover affrontare questa realtà secondo le indicazioni che il Papa offre in Amoris laetitia. Questioni da affrontare con gradualità e attenzione alle persone: «È meschino – scrive Papa Francesco nel suo documento – soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano». Aspetti che monsignor Malpelo conosce bene: «Sono anche parroco – racconta – e conosco la realtà della famiglia: conosco le situazioni in cui, ad esempio, un genitore separato e risposato civilmente o accompagnato ti viene a chiedere se, il giorno della Prima Comunione di suo figlio, potrà anche lui ricevere l’Eucaristia. So quanto è delicato affrontare questo genere di domande».
In tutto questo, la risposta è prima di tutto pastorale: il ruolo dei tribunali ecclesiastici però può essere utile. «La richiesta di dichiarazione di nullità matrimoniale – sottolinea mons. Malpelo – non è certo la soluzione ad ogni caso. Può essere però una strada da tenere presente, un mezzo per cercare la verità. Mi vengono in mente ad esempio tutti quei casi in cui il matrimonio è nullo per una «immaturità» dei coniugi: il difetto di «discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente» è il capo di nullità più ricorrente nelle cause introdotte al Tribunale». Per questo è molto utile il servizio di consulenza gratuita che molte diocesi hanno attivato, come orientamento e accompagnamento per chi ha intenzione di aprire una causa, ma non sa se e come farlo. «Questi servizi – sottolinea il Vicario giudiziale – sono utilissimi perché aiutano a capire cos’è il processo canonico, ma anche a interrogarsi sulla propria situazione, e spesso vanno di pari passo con un cammino spirituale che poi è l’aspetto più importante. Non a caso Papa Francesco ci ricorda che il fine supremo del diritto ecclesiastico, anche nel campo matrimoniale, è «la preoccupazione della salvezza delle anime».