Vita Chiesa
Papa Francesco: udienza, la sera prego «Signore, se vuoi, puoi purificarmi»
«Quando ci presentiamo a Gesù, non è necessario fare lunghi discorsi, bastano poche parole purché accompagnate da piena fiducia per la sua onnipotenza e la sua bontà». Ne è convinto il Papa, che soffermandosi sul miracolo della guarigione del lebbroso, ha fatto ai 15mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro «una confidenza personale»: «Alla sera, prima di andare a letto – le parole di Francesco pronunciate a braccio – io prego questa breve preghiera: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi’. E prego cinque Padre Nostro, uno per ogni piaga di Gesù, perché Gesù ci ha purificato con le piaghe».
«Questo io faccio, potete farlo anche voi a casa vostra – l’invito sempre fuori testo – e dire: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi!’, e pensare alle piaghe di Gesù e dire un Padre Nostro per ognuna». «E Gesù ci ascolta sempre!», ha assicurato il Papa ancora fuori testo. Alla fine della catechesi, il Papa ha ripetuto ancora una volta a braccio il suo invito: «Fatelo, fatelo prima di andare a letto, tutte le sere: ‘Signore, se vuoi puoi purificarmi’. Ripetiamolo tre volte, tutti insieme», l’esortazione finale. Il lebbroso, ha ricordato il Papa all’inizio della catechesi, «non chiede solamente di essere guarito, ma di essere purificato, cioè risanato integralmente, nel corpo e nel cuore», perché «la lebbra era considerata una forma di maledizione di Dio, di impurità profonda. Il lebbroso doveva tenersi lontano da tutti, non poteva accedere al tempio e a nessun servizio divino». «Lontano da Dio e lontano dagli uomini», ha commentato: «Era triste la vita di queste persone». Nonostante ciò, quel lebbroso «non si rassegna né alla malattia né alle disposizioni che fanno di lui un escluso»: «Per raggiungere Gesù, non temette di infrangere la legge ed entra in città – cosa che non doveva fare, gli era vietato – e quando lo trovò gli si gettò dinanzi, pregandolo: Signore, se vuoi, puoi purificarmi». «Tutto ciò che quest’uomo considerato impuro fa e dice è espressione della sua fede!», ha esclamato Francesco, secondo il quale il lebbroso «riconosce la potenza di Gesù: è sicuro che abbia il potere di sanarlo e che tutto dipenda dalla sua volontà».
«Quante volte noi incontriamo un povero che ci viene incontro! Possiamo essere anche generosi, possiamo avere compassione, però di solito non lo tocchiamo. Gli offriamo la moneta, ma evitiamo di toccare la mano. E dimentichiamo che quello è il corpo di Cristo!», ha esclamato il Papa, che durante l’udienza di oggi, dedicata alla guarigione del lebbroso, ha sottolineato come Gesù rimase «profondamente colpito» da quell’uomo: «Contro le disposizioni della Legge di Mosè, che proibiva di avvicinarsi a un lebbroso, Gesù stende la mano e persino lo tocca». «Gesù ci insegna a non avere timore di toccare il povero e l’escluso, perché lui è in essi», il monito di Francesco: «Toccare il povero può purificarci dall’ipocrisia e renderci inquieti per la sua condizione». È a questo punto che il Papa ha fatto riferimento a un gruppo di ragazzi rifugiati seduti sul palco vicino a lui, lasciando da parte il testo scritto: «Toccare gli esclusi! Oggi mi accompagnano qui questi ragazzi: tanti pensano di loro che era meglio che fossero rimasti nella loro terra, ma lì soffrivano tanto. Sono i nostri rifugiati. Ma tanti li considerano esclusi: per favore, sono i nostri fratelli!». I 15mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro hanno salutato queste parole con un fragoroso applauso. «Il cristiano non esclude nessuno, dà posto a tutti, lascia venire tutti!», ha proseguito il Papa sempre fuori testo.
«La grazia che agisce in noi non ricerca il sensazionalismo», anzi «di solito si muove con discrezione e senza clamore». È il primo dei tre insegnamenti con i quali, al termine dell’udienza, il Papa ha sintetizzato il miracolo della guarigione del lebbroso. «Per medicare le nostre ferite e guidarci sulla via della santità – ha proseguito a proposito della grazia – lavora modellando pazientemente il nostro cuore sul Cuore del Signore, così da assumerne sempre più i pensieri e i sentimenti». «Facendo verificare ufficialmente l’avvenuta guarigione ai sacerdoti e celebrando un sacrificio espiatorio, il lebbroso viene riammesso nella comunità dei credenti e nella vita sociale», ha sottolineato Francesco soffermandosi sul secondo insegnamento dell’episodio evangelico: «Il suo reintegro completa la guarigione. Come aveva lui stesso supplicato, ora è completamente purificato!». Infine, «presentandosi ai sacerdoti il lebbroso rende loro testimonianza riguardo a Gesù e alla sua autorità messianica»: «La forza della compassione con cui Gesù ha guarito il lebbroso – ha concluso il Papa – ha portato la fede di quest’uomo ad aprirsi alla missione. Era escluso ma ora è uno di noi».
«Pensiamo a noi, alle nostre miserie… ognuno ha la propria, con sincerità». Con questo invito il Papa ha concluso la catechesi dell’udienza di oggi, dedicata al miracolo della guarigione del lebbroso. «Quante volte le copriamo con l’ipocrisia delle buone maniere», ha ammonito Francesco, secondo il quale «proprio allora è necessario stare da soli, mettersi in ginocchio davanti a Dio e pregare: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi!’». «Fatelo, fatelo prima di andare a letto, tutte le sere», l’invito a braccio del Papa, che ha esortato i fedeli a ripetere la preghiera «tre volte, tutti insieme». «Signore, se vuoi, puoi purificarmi», tre volte, tutti insieme.
Il saluto alla Giostra del Saracino. Durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì con i fedeli, il Papa ha rivolto un saluto particolare ai protagonisti della «Giostra del Saracino» di Arezzo, quest’anno dedicata al tema della misericordia, esprimendo «vivo apprezzamento per l’impegno di rievocare vicende storiche, diffondendo un messaggio di pace, di dialogo e di confronto tra culture nel nome di San Francesco». Nutrita la presenza in piazza di questo gruppo folkloristico, schierato in formazione completa con gli sgargianti costumi medievali. Nel triplice saluto finale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli, Francesco ha chiesto ai giovani di essere «cuori ardenti»: «Corrispondete con generosità al suo invito ciascuno secondo il proprio talento».