Vita Chiesa
Metropolita Hilarion (Mosca), «Dichiarazione comune, un vademecum per l’azione»
«È stato detto molto del fatto che questo è il primo incontro nella storia, che un tale incontro non c’è mai stato. Ma credo che la cosa più importante stia nel contenuto dell’incontro». A sottolineare l’importanza della «Dichiarazione comune» che è stata firmata a Cuba dal Patriarca di Mosca e di tutta la Russia e dal Papa, è il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, che a quasi due settimane di distanza stila un bilancio dell’incontro in un’intervista rilasciata a «Interfax-Religion» e che il Patriarcato ha inviato questa mattina all’agenzia Sir per rilanciarla in Italia.
«Naturalmente, fa piacere vedere il Papa e il Patriarca insieme, che parlano in un ambiente fraterno, sorridendo l’uno all’altro. Ma la cosa più importante è il contenuto sostanziale della riunione, che si riflette pienamente nella Dichiarazione congiunta firmata dal Papa e dal Patriarca. Credo che la Dichiarazione resterà ancora a lungo come un faro, che servirà da orientamento per le due tradizioni cristiane, ortodossa e cattolica. Nella Dichiarazione sono state dette parole importanti, sul Vangelo come base comune per i fedeli d’Oriente e d’Occidente, e su come mettere in pratica i comandamenti evangelici nelle condizioni della vita moderna. Questa Dichiarazione è una guida, un vademecum per l’azione».
«Per ora non si parla di una venuta del Papa a Mosca o del Patriarca a Roma», ha risposto il metropolita Hilarion di Volokolamsk, nell’intervista. «Questa argomento – ha spiegato Hilarion – non è stato discusso nella riunione del Papa e del Patriarca». «Si parla invece del fatto – ha aggiunto il metropolita – che dobbiamo far crescere la cooperazione, approfondire la comprensione reciproca, cercare di superare nel più breve tempo possibile il negativo che si è accumulato nei rapporti tra ortodossi e cattolici, e lavorare per la convergenza a livello dei cuori e delle menti. E poi il tempo ci farà vedere come agire. Credo che, quando le condizioni saranno mature per un altro incontro, allora decideremo quando e dove farlo».
Proprio a questo riguardo, il numero due del Patriarcato di Mosca affronta la questione ucraina e la reazione «molto negativa» – così la definisce – che la dirigenza della Chiesa greco-cattolica ha avuto rispetto alla Dichiarazione comune firmata dai due primati delle Chiese di Roma e Mosca. «Il percorso che propongono il Papa e il Patriarca – dice Hilarion – è un percorso di cooperazione in quelle aree in cui tale cooperazione è possibile. È un cammino di rinuncia alla concorrenza e di passaggio a un rapporto fraterno. Ma – osserva Hilarion – i greco-cattolici non vogliono questo». Nell’intervista, Hilarion fa intravedere come via di cooperazione possibile quella dei pellegrinaggi (come per esempio già accade a Bari per le reliquie di san Nicola). E riguardo alla possibilità di portare in Russia da Roma le reliquie degli apostoli Pietro e Paolo o quelle di san Giacomo dalla Spagna, Hilarion risponde: «Mi auguro che il primo scambio di reliquie si realizzi già nel corso di quest’anno».
Nell’intervista è arrivata anche una precisazione sulla sostituzione del nunzio Ivan Jurkovic da Mosca a Ginevra, che qualcuno aveva voluto mettere in parallelo con l’incontro tra Francesco e Kirill. «Non si deve in nessun caso interpretare questa nomina come dovuta a una nostra scontentezza nei confronti del nunzio attualmente in carica. Al contrario, noi abbiamo avuto un ottimo rapporto con il nunzio Ivan Jurkovic, come con il suo predecessore. Non abbiamo alcuna rimostranza nei suoi confronti e gli siamo grati per la cooperazione costruttiva», ha precisato il metropolita Hilarion di Volokolamsk. «Non sappiamo chi sarà il prossimo nunzio. Il fatto che l’arcivescovo Ivan Jurkovic sia stato nominato a Ginevra, io l’ho appreso dai media. La nomina dei nunzi è un affare interno del Vaticano, del Vaticano come Stato. Il nunzio apostolico è l’ambasciatore della Santa Sede presso un altro Stato. Perciò la nomina dei nunzi non è una questione che riguarda i rapporti tra le Chiese». Ed ha aggiunto: «Credo che la sua nomina sia dovuta unicamente al ritmo secondo cui i nunzi, come gli altri ambasciatori, vengono sostituiti, dopo aver prestato servizio in una sede, generalmente, per quattro anni. Solo un paio di giorni prima della nostra partenza per L’Avana, il nunzio Ivan Jurkovic è stato ospite della trasmissione televisiva che conduco, e abbiamo avuto una bella chiacchierata. Avevo sentito dire che si stava preparando la sua nomina da qualche parte, ma non ho avuto la possibilità di chiederglielo».