Vita Chiesa
Firenze, card. Betori inaugura nuovo ambone in Cattedrale
Lo ha fatto realizzare l’Opera di Santa Maria del Fiore rispondendo ad un bisogno liturgico, secondo i canoni stabiliti dal Concilio Vaticano II, già evidenziato da tempo, anche se l’intenzione di creare specifiche strutture per la proclamazione della parola di Dio nello spazio liturgico risale addirittura al periodo costruttivo del Duomo, il 22 settembre 1366.
«La liturgia rinnovata dal Concilio Vaticano II, che domanda che ciascuna delle azioni liturgiche abbia un suo proprio luogo, – ha spiegato l’Arcivescovo – impone che oggi non si indugi più nel dare attuazione a quell’antico proposito, sostituendo il leggio che finora ha assolto impropriamente la funzione dell’ambone e dando quindi risalto al polo liturgico della proclamazione della Parola».
Betori ha ringraziato «il Consiglio dell’Opera di Santa Maria del Fiore per aver coraggiosamente affrontato il problema» e «Etsuro Sotoo, lo scultore giapponese che opera nella Sagrada Familia di Barcellona, che lo ha genialmente realizzato, secondo forme e sembianze di materiali nel solco della nostra tradizione». Etsuro Sotoo lavora dal 1978 all’apparato iconografico della Sagrada Familia, il capolavoro di Antoni Gaudì, dove ha realizzato centinaia di sculture, completato il portale della Natività e restaurato il chiostro del Rosario, danneggiato dai bombardamenti della guerra civile».
«Si tratta – ha proseguito l’Arcivescovo – di un ambone amovibile e perciò in qualche modo assimilabile a un arredo liturgico, ma, già nella sua conformazione, capace di dare quell’idea di saldezza che il luogo della proclamazione della parola di Dio deve trasmettere».
L’Arcivescovo ha poi illustrato l’apparato iconografico dell’opera. «Sul fronte che si rivolge al popolo, l’ambone propone una delle più suggestive interpretazioni della tradizione liturgica, quella che lo intende come rappresentazione del sepolcro di Cristo vuoto e della sua pietra ribaltata, da cui scaturisce la pienezza dell’annuncio della rivelazione cristiana. Al cuore della parola di Dio si colloca infatti il Vangelo, e al cuore del Vangelo c’è l’annuncio del Risorto. Tutta la parola di Dio converge su questa buona notizia: il Cristo è risorto, la morte è vinta, la vita è offerta agli uomini!».
«L’immagine di un sepolcro che si apre per rivelarci la vittoria di Cristo sulla morte si unisce nell’ambone della nostra cattedrale a quella di un fiore, uno stelo da cui sboccia un fiore. Con questa immagine siamo rinviati a Gesù, il Fiore germogliato da Maria, come proclama il titolo stesso della cattedrale fiorentina: Santa Maria del Fiore. Lui, Gesù, il Fiore, la Parola di Dio fatta Carne, viene a parlarci da questo ambone per attrarci a sé con la bellezza della sua persona e della sua vita».
«Ma il fiore – ha spiegato ancora il Cardinale -, nella forma specifica del giglio, rimanda al tempo stesso a Firenze, a Fiorenza, chiamata a farsi nel tempo spazio accogliente della Parola, che è Cristo, e quindi annunciatrice di lui, mostrando anche nella fede quella forza generativa e creativa che caratterizza da sempre questa città e che è espressa dal giglio “bottonato”, fiore dalle forti radici e da un fecondo potere di vita. Il giglio che si apre al vertice dell’ambone per accogliere il libro della Parola vuole dunque esprimere la disponibilità all’accoglienza dell’annuncio evangelico che tutti deve coinvolgere, così da esserne efficaci annunciatori e testimoni». «L’ambone è dunque simbolo al tempo stesso di Cristo, il rivelatore del Padre, e della comunità cristiana di Firenze, che se ne fa accogliente annunciatrice».
«Dalla base dello stelo del fiore – ha proseguito il Cardinale nella sua accurata descrizione dell’opera – si eleva l’imponente figura di un giovane uomo: è il giovane “vestito di una veste bianca” (Mc 16,5), la misteriosa figura di cui ci narrano i racconti pasquali dei vangeli, l’angelo della risurrezione, che, uscendo dal sepolcro, sulla pietra ribaltata, rivela a tutti che Cristo è risorto e la morte è vinta per sempre. La sua luminosità fa contrasto con le opacità del sepolcro, così come il messaggio della risurrezione viene ad illuminare le ombre della storia umana. Leva il braccio, nel gesto con cui – secondo l’uso del mondo antico – si chiede di prendere la parola e di essere ascoltati. Egli chiede che lo si ascolti con disponibilità e fiducia, perché il suo annuncio di vita e di speranza sia da tutti accolto con gioia e offra luce alla vita: “Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto… Andate…” (Mc 16,6). Parola di rivelazione la sua, ma anche di impegno – come esplicita l’imperativo con cui chiede che ci poniamo in cammino –, così come dalla parola proclamata dall’ambone l’assemblea dei discepoli di Gesù accoglie la verità della sua persona e si sa inviata come testimone di lui nel mondo».
«Ai lati dell’ambone – ha proseguito il card. Betori – sono collocati quattro bassorilievi che riproducono il “tetramorfo”, i quattro simboli degli evangelisti – uomo, leone, toro e aquila alati – sviluppati nella tradizione cristiana a partire dalla visione in cui al profeta Ezechiele si mostrano quattro «esseri animati», ciascuno con questi quattro volti, (Ez 1,4-12); una visione che è ripresa nel libro dell’Apocalisse, dove, come abbiamo già ricordato, appaiono «quattro esseri viventi», ciascuno con le fattezze di ognuno dei volti (Ap 4,1-11). La loro riproduzione sui lati dell’ambone ricorda come i quattro vangeli siano al centro della Parola che da qui viene proclamata. Come nella visione dell’Apocalisse anche nel nostro ambone i quattro esseri viventi circondano la presenza di Dio, qui nella sua parola, e celebrano la salvezza che viene da Cristo, il Risorto, l’Agnello, come recita il mosaico del nostro battistero: “HIC DEUS EST MAGNUS MITIS QUEM DENOTAT AGNUS (Qui è l’infinito Dio, svelato nel mite Agnello)”, il Fiore, che Maria dà alla luce per noi. La Parola che ascolteremo proclamare da questo ambone sarà per noi parola di mitezza, di misericordia, di vita e di bellezza».