Vita Chiesa

Papa negli Usa: riformare l’Onu. Garantire casa, lavoro, terra e libertà religiosa

«Il potere tecnologico, nelle mani di ideologie nazionalistiche o falsamente universalistiche, è capace di produrre tremende atrocità», ha detto il Papa, che, nel suo discorso all’Onu pronunciato in spagnolo, si è associato all’«apprezzamento» dei suoi predecessori riaffermando «l’importanza che la Chiesa Cattolica riconosce a questa istituzione e le speranze che ripone nelle sue attività».

«Questa è la quinta volta che un Papa visita le Nazioni Unite» ha ricordato come prima cosa Francesco: «Lo hanno fatto i miei predecessori Paolo VI nel 1965, Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995 e il mio immediato predecessore, oggi Papa emerito Benedetto XVI, nel 2008. Tutti costoro non hanno risparmiato espressioni di riconoscimento per l’Organizzazione, considerandola la risposta giuridica e politica adeguata al momento storico, caratterizzato dal superamento delle distanze e delle frontiere ad opera della tecnologia e, apparentemente, di qualsiasi limite naturale all’affermazione del potere».

Una storia di successi. «La storia della comunità organizzata degli Stati, rappresentata dalle Nazioni Unite, che festeggia in questi giorni il suo 70° anniversario, è una storia di importanti successi comuni, in un periodo di inusitata accelerazione degli avvenimenti». È l’omaggio del Papa all’Onu, che tra le conquiste ha menzionato «la codificazione e lo sviluppo del diritto internazionale, la costruzione della normativa internazionale dei diritti umani, il perfezionamento del diritto umanitario, la soluzione di molti conflitti e operazioni di pace e di riconciliazione». «Luci che contrastano l’oscurità del disordine causato dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi», ha affermato il Pontefice. «È sicuro che, benché siano molti i gravi problemi non risolti, è però evidente – ha sottolineato – che se fosse mancata tutta quell’attività internazionale, l’umanità avrebbe potuto non sopravvivere all’uso incontrollato delle sue stesse potenzialità. Ciascuno di questi progressi politici, giuridici e tecnici rappresenta un percorso di concretizzazione dell’ideale della fraternità umana e mezzo per la sua maggiore realizzazione». Di qui l’omaggio di Francesco «a tutti gli uomini e le donne che hanno servito con lealtà e sacrificio l’intera umanità in questi 70 anni», come i «moltissimi funzionari di ogni grado, caduti nelle missioni umanitarie di pace e di riconciliazione».

Riforma necessaria. «L’esperienza di questi 70 anni, al di là di tutto quanto è stato conseguito, dimostra che la riforma e l’adattamento ai tempi sono sempre necessari, progredendo verso l’obiettivo finale di concedere a tutti i Paesi, senza eccezione, una partecipazione e un’incidenza reale ed equa nelle decisioni», ha detto il Papa, che nel discorso all’Onu ha invocato «una maggiore equità», specialmente «per gli organi con effettiva capacità esecutiva, quali il Consiglio di sicurezza, gli organismi finanziari e i gruppi o meccanismi specificamente creati per affrontare le crisi economiche». «Questo aiuterà a limitare qualsiasi sorta di abuso o usura specialmente nei confronti dei Paesi in via di sviluppo», ha assicurato Francesco, ricordando che «gli organismi finanziari internazionali devono vigilare in ordine allo sviluppo sostenibile dei Paesi e per evitare l’asfissiante sottomissione di tali Paesi a sistemi creditizi che, ben lungi dal promuovere il progresso, sottomettono le popolazioni a meccanismi di maggiore povertà, esclusione e dipendenza».

La «limitazione del potere è un’idea implicita nel concetto di diritto», ha poi ricordato il Papa, secondo il quale il compito delle Nazioni Unite «può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto». «Dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia – ha spiegato Francesco – significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali». «Oggi il panorama mondiale ci presenta, molti falsi diritti», la denuncia del Papa, e nello stesso tempo «ampi settori senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere: l’ambiente naturale e il vasto mondo di donne e uomini esclusi». «Due settori intimamente uniti tra loro», ha commentato Francesco, «che le relazioni politiche ed economiche preponderanti hanno trasformato in parti fragili della realtà». Per questo «è necessario affermare con forza i loro diritti, consolidando la protezione dell’ambiente e ponendo termine all’esclusione».

«Esiste un vero diritto dell’ambiente», perché «come esseri umani facciamo parte dell’ambiente, viviamo in comunione con esso» e perché «l’ambiente stesso comporta limiti etici che l’azione umana deve riconoscere e rispettare». Il Papa ha attinto a piene mani alla «Laudato si’» per ricordare che l’uomo «possiede un corpo formato da elementi fisici, chimici e biologici, e può sopravvivere e svilupparsi solamente se l’ambiente ecologico gli è favorevole». «Qualsiasi danno all’ambiente è un danno all’umanità», ha ribadito il Papa: «Per tutte le credenze religiose l’ambiente è un bene fondamentale».

«L’abuso e la distruzione dell’ambiente sono associati ad un inarrestabile processo di esclusione». Nella sede dell’Onu, il Papa ha pronunciato un altro «no» alla «cultura dello scarto», quando ha denunciato che «una brama egoistica e illimitata di potere e di benessere materiale conduce tanto ad abusare dei mezzi materiali disponibili quanto ad escludere i deboli e i meno abili, sia per il fatto di avere abilità diverse, sia perché sono privi delle conoscenze e degli strumenti tecnici adeguati o possiedono un’insufficiente capacità di decisione politica». «L’esclusione economica e sociale è una negazione totale della fraternità umana e un gravissimo attentato ai diritti umani e all’ambiente», il grido d’allarme di Francesco, per il quale «i più poveri sono quelli che soffrono maggiormente questi attentati per un triplice, grave motivo: sono scartati dalla società, sono obbligati a vivere di scarti e devono soffrire ingiustamente le conseguenze dell’abuso dell’ambiente».

Adottare l’Agenda 2030. «La drammaticità di tutta questa situazione di esclusione e di inequità, con le sue chiare conseguenze, mi porta, insieme a tutto il popolo cristiano e a tanti altri, a prendere coscienza anche della mia grave responsabilità al riguardo, per cui alzo la mia voce, insieme a quella di tutti coloro che aspirano a soluzioni urgenti ed efficaci». È l’appello del Papa perché i «grandi del mondo» adottino l’«Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile» durante il Vertice Onu che inizierà subito dopo il suo discorso, e che Francesco ha definito «un importante segno di speranza». «Confido anche che la Conferenza di Parigi sul cambiamento climatico raggiunga accordi fondamentali ed effettivi», ha inoltre auspicato.

Misure immediate. «Non sono sufficienti gli impegni assunti solennemente, anche quando costituiscono un passo necessario verso la soluzione dei problemi», ha puntualizzato il Papa, che subito dopo li ha elencati nel dettaglio: «Il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato». «È tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze», ha affermato Francesco, per il quale «dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli».

Al di là di piani e programmi ci sono uomini e donne concrete. «Non bisogna perdere di vista, in nessun momento, che l’azione politica ed economica, è efficace solo quando è concepita come un’attività prudenziale, guidata da un concetto perenne di giustizia e che tiene sempre presente che, prima e aldilà di piani e programmi, ci sono donne e uomini concreti, uguali ai governanti, che vivono, lottano e soffrono, e che molte volte si vedono obbligati a vivere miseramente, privati di qualsiasi diritto». È un riferimento alle modalità dell’azione politica concreta quello del Papa all’Onu. «La molteplicità e complessità dei problemi richiede di avvalersi di strumenti tecnici di misurazione», ha ammesso, ma ciò «comporta un duplice pericolo: limitarsi all’esercizio burocratico di redigere lunghe enumerazioni di buoni propositi – mete, obiettivi e indicatori statistici –, o credere che un’unica soluzione teorica e aprioristica darà risposta a tutte le sfide». «Affinché questi uomini e donne concreti possano sottrarsi alla povertà estrema, bisogna consentire loro di essere degni attori del loro stesso destino», la ricetta di Francesco.

Primo diritto è educazione. «Lo sviluppo umano integrale e il pieno esercizio della dignità umana non possono essere imposti». Ne è convinto il Papa, che nel discorso all’Onu ha specificato: «Devono essere costruiti e realizzati da ciascuno, da ciascuna famiglia, in comunione con gli altri esseri umani e in una giusta relazione con tutti gli ambienti nei quali si sviluppa la socialità umana – amici, comunità, villaggi e comuni, scuole, imprese e sindacati, province, nazioni, ecc. Questo suppone ed esige il diritto all’istruzione – anche per le bambine, escluse in alcuni luoghi – che si assicura in primo luogo rispettando e rafforzando il diritto primario della famiglia a educare e il diritto delle Chiese e delle altre aggregazioni sociali a sostenere e collaborare con le famiglie nell’educazione delle loro figlie e dei loro figli». L’educazione, in questa prospettiva, «è la base per la realizzazione dell’Agenda 2030 e per il risanamento dell’ambiente».

Casa, lavoro, terra e libertà religiosa. «I governanti devono fare tutto il possibile affinché tutti possano disporre della base minima materiale e spirituale per rendere effettiva la loro dignità e per formare e mantenere una famiglia, che è la cellula primaria di qualsiasi sviluppo sociale». È l’appello del Papa ai membri dell’Onu, ai quali ha spiegato che «questo minimo assoluto, a livello materiale, ha tre nomi: casa, lavoro e terra; e un nome a livello spirituale: libertà dello spirito, che comprende la libertà religiosa, il diritto all’educazione e gli altri diritti civili». Per tutte queste ragioni, «la misura e l’indicatore più semplice e adeguato dell’adempimento della nuova Agenda per lo sviluppo sarà l’accesso effettivo, pratico e immeditato, per tutti, ai beni materiali e spirituali indispensabili: abitazione propria, lavoro dignitoso e debitamente remunerato, alimentazione adeguata e acqua potabile; libertà religiosa e, più in generale, libertà dello spirito ed educazione. Nello stesso tempo, questi pilastri dello sviluppo umano integrale hanno un fondamento comune, che è il diritto alla vita, e, in senso ancora più ampio, quello che potremmo chiamare il diritto all’esistenza della stessa natura umana».

No a parole vuote. «La crisi ecologica, insieme alla distruzione di buona parte della biodiversità, può mettere in pericolo l’esistenza stessa della specie umana». È il grido d’allarme del Papa, che nel discorso all’Onu ha citato le parole pronunciate da Benedetto XVI al Bundestag: «Lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi». Perciò, ha commentato Francesco, «la difesa dell’ambiente e la lotta contro l’esclusione esigono il riconoscimento di una legge morale inscritta nella stessa natura umana, che comprende la distinzione naturale tra uomo e donna e il rispetto assoluto della vita in tutte le sue fasi e dimensioni». «Senza il riconoscimento di alcuni limiti etici naturali insormontabili e senza l’immediata attuazione di quei pilastri dello sviluppo umano integrale – ha ammonito il Papa citando il Preambolo della Carta delle Nazioni Unite –  l’ideale di salvare le future generazioni dal flagello della guerra e di promuovere il progresso sociale e un più elevato livello di vita all’interno di una più ampia libertà corre il rischio di diventare un miraggio irraggiungibile o, peggio ancora, parole vuote che servono come scusa per qualsiasi abuso e corruzione, o per promuovere una colonizzazione ideologica mediante l’imposizione di modelli e stili di vita anomali estranei all’identità dei popoli e, in ultima analisi, irresponsabili».

Evitare la guerra. «La guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente. Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli». Anche all’Onu il Papa chiede all’America e ai leader mondiali la fine dei conflitti. «A tal fine – spiega bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale». «Se si rispetta e si applica la Carta delle Nazioni Unite con trasparenza e sincerità, senza secondi fini, come un punto di riferimento obbligatorio di giustizia e non come uno strumento per mascherare intenzioni ambigue, si ottengono risultati di pace», ha assicurato il Papa. «Quando, al contrario, si confonde la norma con un semplice strumento da utilizzare quando risulta favorevole e da eludere quando non lo è – ha sottolineato -, si apre un vero vaso di Pandora di forze incontrollabili, che danneggiano gravemente le popolazioni inermi, l’ambiente culturale, e anche l’ambiente biologico».

Impegnarsi per un mondo senza armi. «Il Preambolo e il primo articolo della Carta delle Nazioni Unite indicano le fondamenta della costruzione giuridica internazionale: la pace, la soluzione pacifica delle controversie e lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra le nazioni». A ricordarlo ai membri dell’Onu è stato il Papa, sottolineando che «contrasta fortemente con queste affermazioni, e le nega nella pratica, la tendenza sempre presente alla proliferazione delle armi, specialmente quelle di distruzione di massa come possono essere quelle nucleari». «Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca – e potenzialmente di tutta l’umanità – sono contraddittori e costituiscono una frode verso tutta la costruzione delle Nazioni Unite, che diventerebbero ‘Nazioni unite dalla paura e dalla sfiducia’», ha ammonito il Papa. Perciò, «occorre impegnarsi per un mondo senza armi nucleari, applicando pienamente il Trattato di non proliferazione, nella lettera e nello spirito, verso una totale proibizione di questi strumenti». Per il Pontefice, «il recente accordo sulla questione nucleare in una regione sensibile dell’Asia e del Medio Oriente, è una prova delle possibilità della buona volontà politica e del diritto, coltivati con sincerità, pazienza e costanza».

Esame di coscienza sul Medio Oriente. Dal Papa è giunto anche un forte appello ad un «esame di coscienza» per porre fine ai conflitti in Medio Oriente e negli altri focolai accesi nel mondo. «Non mancano gravi prove delle conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunità internazionale», ha sostenuto. Per questo, «seppure desiderando di non avere la necessità di farlo, non posso non reiterare i miei ripetuti appelli in relazione alla dolorosa situazione di tutto il Medio Oriente, del Nord Africa e di altri Paesi africani, dove i cristiani, insieme ad altri gruppi culturali o etnici e anche con quella parte dei membri della religione maggioritaria che non vuole lasciarsi coinvolgere dall’odio e dalla pazzia, sono stati obbligati ad essere testimoni della distruzione dei loro luoghi di culto, del loro patrimonio culturale e religioso, delle loro case ed averi e sono stati posti nell’alternativa di fuggire o di pagare l’adesione al bene e alla pace con la loro stessa vita o con la schiavitù».

«Queste realtà – ha ammonito Francesco – devono costituire un serio appello ad un esame di coscienza di coloro che hanno la responsabilità della conduzione degli affari internazionali». «Non solo nei casi di persecuzione religiosa o culturale, ma in ogni situazione di conflitto, come in Ucraina, in Siria, in Iraq, in Libia, nel Sud-Sudan e nella regione dei Grandi Laghi, prima degli interessi di parte, pur se legittimi, ci sono volti concreti», ha proseguito. Nelle guerre e nei conflitti «ci sono persone, nostri fratelli e sorelle, uomini e donne, giovani e anziani, bambini e bambine che piangono, soffrono e muoiono. Esseri umani che diventano materiale di scarto mentre non si fa altro che enumerare problemi, strategie e discussioni». Di qui l’obbligo, per la comunità internazionale, «in particolare attraverso le norme e i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori sistematiche violenze contro le minoranze etniche e religiose e per proteggere le popolazioni innocenti».

Lotta al narcotraffico. «Molte delle nostre società vivono un altro tipo di guerra con il fenomeno del narcotraffico. Una guerra sopportata e debolmente combattuta». Dal primo Papa sudamericano all’Onu è venuto un forte monito a vincere «un altro tipo di conflittualità, non sempre così esplicitata ma che silenziosamente comporta la morte di milioni di persone». «Il narcotraffico per sua stessa natura – ha ricordato Francesco – si accompagna alla tratta delle persone, al riciclaggio di denaro, al traffico di armi, allo sfruttamento infantile e al altre forme di corruzione. Corruzione che è penetrata nei diversi livelli della vita sociale, politica, militare, artistica e religiosa, generando, in molti casi, una struttura parallela che mette in pericolo la credibilità delle nostre istituzioni».

Con Paolo VI «appello alla coscienza morale» .«È l’ora in cui si impone una sosta, un momento di raccoglimento, di ripensamento, quasi di preghiera: ripensare, cioè, alla nostra comune origine, alla nostra storia, al nostro destino comune». Sono le parole di Paolo VI, pronunciate 50 anni fa nella stessa sede, con cui il Papa ha voluto introdurre l’ultima parte del suo discorso all’Onu. «Mai come oggi – ha detto Francesco facendo proprie le parole di Papa Montini – si è reso necessario l’appello alla coscienza morale dell’uomo  poiché il pericolo non viene né dal progresso né dalla scienza: questi, se bene usati, potranno anzi risolvere molti dei gravi problemi che assillano l’umanità». «Senza dubbio, la genialità umana, ben applicata, aiuterà a risolvere le gravi sfide del degrado ecologico e dell’esclusione», ha affermato in maniera convinta il Papa, che ha proseguito però ancora con le parole di Paolo VI: «Il pericolo vero sta nell’uomo, padrone di sempre più potenti strumenti, atti alla rovina ed alle più alte conquiste!».

Serve un grado superiore di saggezza. Per affrontare le sfide del mondo ci vuole «un grado superiore di saggezza», non una «élite onnipotente». «La casa comune di tutti gli uomini – ha detto il Papa – deve continuare a sorgere su una retta comprensione della fraternità universale e sul rispetto della sacralità di ciascuna vita umana, di ciascun uomo e di ciascuna donna; dei poveri, degli anziani, dei bambini, degli ammalati, dei non nati, dei disoccupati, degli abbandonati, di quelli che vengono giudicati scartabili perché li si considera nient’altro che numeri di questa o quella statistica. La casa comune di tutti gli uomini deve edificarsi anche sulla comprensione di una certa sacralità della natura creata». «Tale comprensione e rispetto – ha spiegato – esigono un grado superiore di saggezza, che accetti la trascendenza, rinunci alla costruzione di una élite onnipotente e comprenda che il senso pieno della vita individuale e collettiva si trova nel servizio disinteressato verso gli altri e nell’uso prudente e rispettoso della creazione, per il bene comune». Due le citazioni a suffragio di questa visione: ancora Paolo VI, secondo il quale «l’edificio della moderna civiltà deve reggersi su principii spirituali», e il Gaucho Martin Fierro, «un classico della letteratura della terra natale» di Francesco, che dice: «I fratelli siano uniti perché questa è la prima legge».

Non rimandiamo agende al futuro. «Il mondo contemporaneo, apparentemente connesso, sperimenta una crescente, consistente e continua frammentazione sociale che pone in pericolo ogni fondamento della vita sociale e finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi». Citando la sua ultima enciclica, il Papa ha concluso il suo discorso all’Onu affermando che «il tempo presente ci invita a privilegiare azioni che possano generare nuovi dinamismi nella società e che portino frutto in importanti e positivi avvenimenti storici». «Non possiamo permetterci di rimandare alcune agende al futuro», che «ci chiede decisioni critiche e globali di fronte ai conflitti mondiali che aumentano il numero degli esclusi e dei bisognosi». L’Onu, «lodevole costruzione giuridica internazionale migliorabile come qualunque altra opera umana e, al tempo stesso, necessaria», secondo il Papa «può essere pegno di un futuro sicuro e felice per le generazioni future». «Lo sarà se i rappresentanti degli Stati sapranno mettere da parte interessi settoriali e ideologie e cercare sinceramente il servizio del bene comune», l’auspicio finale di Francesco.