Vita Chiesa
Sinodo, Convegno e Giubileo: incontri con la tenerezza divina
Nel prossimo autunno la Chiesa si appresta a vivere due eventi di grande significato spirituale: il sinodo dei vescovi in ottobre e l’8 dicembre l’apertura del giubileo straordinario indetto da papa Francesco. In novembre a Firenze, a partire dal giorno 9, per la Chiesa italiana ci sarà un altro appuntamento di particolare rilievo: il quinto Convegno Ecclesiale nazionale, occasione di incontro, riflessione, approfondimento e condivisione di analisi elaborate nel corso di riunioni organizzate in vista del convegno stesso. Il tema attorno al quale dibattere è In Gesù Cristo il nuovo umanesimo.
Grande vitalità per la Chiesa di tutto il mondo dunque, e intensa stimolazione per quella italiana, che si colloca in una posizione centrale, per tradizione e non solo dal punto di vista geografico e logistico, rispetto all’intero cattolicesimo.
Le occasioni che ho elencato rappresentano per la Chiesa, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, ma anche e forse soprattutto per ciascun credente, importanti doni di Dio, possibilità concrete di reale arricchimento spirituale, di avvicinamento alla salvezza, di incontro con la tenerezza divina.
Capita di riconoscere nell’atteggiamento persino di cattolici che frequentano con continuità e devozione la Messa e condividono i sacramenti la convinzione, il cedimento alla tentazione del maligno viene da dire, per cui la Chiesa sarebbe altro dall’insieme dei credenti. Proprio Papa Francesco, quando è apparso per la prima volta come pontefice al balcone di piazza San Pietro ha ricordato quanto la Chiesa sia invece un corpo unico, che ci comprende tutti, del quale siamo responsabili e al quale è necessaria la preghiera comune. Non è lecito criticare ciò che è stato detto e deciso nel corso di un incontro dei pastori se non si è pregato con devozione per il suo esito felice. Affidarsi significa condividere nelle intenzioni. Dio ascolta le preghiere degli uomini. Se queste mancano supplisce con la sua misericordia, ma quello che avrebbe dovuto essere un incontro d’amore diviene altra cosa: la conferma dell’attesa del Signore per la manifestazione della disponibilità degli uomini ad essre amati. Certo, per parte sua la gerarchia deve ascoltare la voce dei fedeli, non può dimenticare che tutti sono Chiesa, altrimenti umilia lei stessa la propria funzione.
La misericordia di Dio è il tema centrale indicato da Papa Francesco per il giubileo straordinario. Non si tratta di una questione teologica, quanto esistenziale. Discutere su cosa sia l’amore di Dio, clemente e misericordioso, non è il passaggio decisivo, né lo è domandarsi in termini logico astratti come l’uomo debba rispondere a questo amore. Le parole del linguaggio comune rischiano di trarre in inganno, di rendere prigionieri di significati che in esse si esauriscono, di creare divisioni nel tentativo di comprendere e di racchiudere in formule un senso che sempre sfugge. Per farsi conoscere la Parola di Dio ha scelto di incarnarsi, di sacrificarsi, di farsi sacramento, di creare la chiesa. Non solo di donare i vangeli, un dono prezioso, insostituibile, assoluto, che però non viene consegnato da un postino, come una lettera, un insieme di segni tracciati sulla carta. I vangeli sono stati vissuti prima di essere scritti, con l’avvertenza fondamentale del Cristo «Io sono la via, la verità e la vita». Ben più di un libro ancorché sacro: un incontro personale.
Papa Francesco, al momento della proclamazione del giubileo straordinario, ha ricordato come prima cosa la necessità della conversione. Un bisogno continuo e irrinunciabile per i cristiani, che alcuni non credenti dichiarano di non comprendere: dove sta la necessità di convertirsi se già si crede? Eppure la questione è proprio lì: neppure la santità è una condizione conquistata una volta e per sempre. Essa va riguadagnata ogni giorno, in mezzo ai dubbi e alle contraddizioni. Ad ogni risveglio deve corrispondere un nuovo abbandono al Signore. Un tuffo dal trampolino fiduciosi del fatto che Lui abbia riempito d’acqua la piscina. Dunque è una vera fortuna, un grande dono, che proprio in un periodo di temperatura spirituale tanto intensa si svolga il convegno ecclesiale di Firenze.
La Chiesa italiana, tutte le Chiese europee, vivono gravi problemi. Esse riflettono, interpretano, condividono, com’è nel loro essere, le tensioni, le contraddizioni, le stanchezze e le miserie, insieme alle ricchezze, delle società nelle quali portano la loro testimonianza. Non potrebbe essere diversamente. L’Europa è stanca, ricca, invecchiata ed egoista. Prigioniera di un materialismo interiorizzato, che condiziona la conoscenza e la quotidianità di ciascuno. Terrorizzata dalla prospettiva di perdere i propri privilegi, dei quali si sente sempre più colpevole. Non è più solo la televisione a mostrarci le condizioni nelle quali vivono troppi dei nostri fratelli. Essi giungono nel nostro paese: uomini, donne, bambini, persino neonati e ci interrogano. Ci chiedono se è vero che siamo cristiani, se è vero che esiste la misericordia di Dio e che la Chiesa, quindi tutti noi, ne è strumento.
Certo, non è possibile che una questione assorba tutte le altre, che un’emergenza faccia dimenticare ogni altro problema, ma parlare in termini astratti di valori non negoziabili o di famiglia naturale in termini punitivi in questo contesto ha un significato relativo, inessenziale.
Nella sua ultima enciclica, Laudato si’, Papa Francesco scrive fra l’altro che «la realtà è superiore all’idea»: stiamo per vivere tre occasioni che ci aiutano ad affidarci alla realtà di Dio, rinunciando alle idee degli uomini.