Vita Chiesa

Sinodo famiglia: le novità nella «metodologia» dell’assemblea di ottobre

Novità per la «metodologia» della fase ordinaria del Sinodo sulla famiglia, in programma ad ottobre: ad annunciarla ai giornalisti, nella conferenza stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris, presso la sala stampa della Santa Sede, è stato il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, che ha reso noto come «un punto fortemente richiesto dai padri sinodali è quello di evitare la lunga serie di interventi dei singoli membri come avveniva nei Sinodi precedenti, ossia di fare in modo che gli interventi dei Padri siano meglio distribuiti nel tempo e non tutti di seguito».

Inoltre, «è stato richiesto di valorizzare sempre di più i Circoli minori, distribuiti nel tempo e non tutti insieme, come pure quello di mantenere fermo il principio dell’ordine tematico». Su questa linea, ha detto Baldisseri, «si prevede che le tre settimane di durata del Sinodo saranno distribuite secondo le parti dell’Instrumentum laboris, che sono tre. La prima settimana tratterà la prima parte del documento, la seconda si occuperà della seconda e la terza sarà dedicata alla terza. Alla fine della terza settimana si dedicherà il tempo necessario per elaborare il testo finale del documento, che sarà sottoposto all’Assemblea per gli ultimi modi che saranno inseriti per l’approvazione finale».

«Questo svolgimento – ha commentato il segretario generale del Sinodo – assicurerà a tutti gli aventi diritto di intervenire in aula, inclusa l’ora di fine giornata e permetterà di avere più tempo da assegnare ai Circoli minori». «Si prevede un documento finale, che sarà consegnato nelle mani del Santo Padre», ha annunciato Baldisseri. Quanto all’informazione, durante il Sinodo «sarà prestata tutta l’attenzione perché essa avvenga nel modo migliore possibile», tenendo presente che – come ha spesso ricordato il Papa – «è uno spazio in cui possa agire lo Spirito Santo, non è un parlamento», e che «i padri sinodali sono invitati ad esprimersi con parresia». I padri sinodali, inoltre, «saranno liberi di comunicare con i media a loro discrezione e responsabilità». La Sala Stampa «curerà opportunamente, come è di consueto, l’informazione del Sinodo».

Presentando oggi l’Instrumentum laboris il cardinale Péter Erdő, relatore generale del Sinodo dei Vescovi, ha sottolineato come le «tendenze che vogliono allargare il concetto di matrimonio, famiglia e paternità» creino «confusione», e la confusione non aiuti «a definire la specificità di tali unioni affettive, mentre consegna all’opzione individualistica lo speciale legame fra differenza, generazione, identità umana»

Eccesso di individualismo. «Recentemente – ha fatto notare il cardinale – i matrimoni, anche quelli civili, diminuiscono e il numero delle separazioni e dei divorzi è in crescita. Si parla molto della dignità delle singole persone, ma la trasformazione di queste verità in linguaggio istituzionale prende a volte delle situazioni contraddittorie». In particolare, per il cardinale, «l’accentuazione esagerata dei diritti individuali senza tener conto dell’aspetto comunitario dell’essere umano produce un individualismo che mette al centro la soddisfazione dei desideri e che non porta alla piena realizzazione della persona».

L’arte dell’accompagnamento, «tanto cara a Papa Francesco»; passa per il «grande fiume» della misericordia ed è destinata in primo luogo alle famiglie «ferite». Secondo il segretario speciale del Sinodo dei vescovi, monsignor Bruno Forte è questo uno dei concetti fondamentali dell’Instrumentum laboris. «La famiglia – ha proseguito – necessita di un accurato accompagnamento ecclesiale, sia nel cammino verso il sacramento nuziale, sia nell’educazione all’esercizio quotidiano della reciproca accoglienza e del perdono». «Un’attenzione peculiare», inoltre, «va data alla cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze, e a quella delle cosiddette famiglie ferite: separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali. I separati e i divorziati fedeli al vincolo devono a loro volta essere particolarmente sostenuti dall’impegno pastorale della Chiesa». «A tutti costoro va annunciato che Dio non abbandona mai nessuno!».

«I media si sono spesso interessati ad alcuni temi scottanti, e ad altri meno». Il cardinale Lorenzo Baldisseri ha risposto in questo modo alle domande dei giornalisti sulla ricezione della prima fase del Sinodo sulla famiglia. La «Relatio Synodi», ha però aggiunto il cardinale, «mostra che i temi sono stati trattati tutti, nella stessa ampiezza e lunghezza». L’Instrumentum laboris presentato oggi, inoltre, rappresenta «un arricchimento delle tematiche, con la ripresa di alcuni temi appena accennati e ora più espliciti specialmente nella prima parte, dove ci sono ben 18 numeri nuovi». Segno, questo, di «una analisi ancora più ampia, più profonda, sulla realtà della famiglia nel mondo», con riferimento ad «anziani, bambini, poveri, al lutto in famiglia e anche alla liturgia nuziale, non apparsa nella Relatio Synodi».

Divorziati risposati e sacramenti. «La vera sfida non è tanto ‘comunione sì, comunione no’, ma come aiutare le persone a sentirsi parte viva e protagonisti della comunità ecclesiale». Così monsignor Bruno Forte, ha descritto ai giornalisti la «maturazione» dell’Instrumentum laboris sul tema dei divorziati risposati, rispetto alla «Relatio Synodi». L’esigenza delle famiglie ferite è di «sentirsi accolte e valorizzate nella vita della comunità ecclesiale: è questo l’orizzonte più corretto per affrontare anche gli altri aspetti. Se la persona non si sente accolta e integrata, anche con responsabilità nella vita ecclesiale, come è possibile fare altri approfondimenti». «Accoglienza e integrazione», quindi, sono due parole-chiave dell’Instrumentum laboris. Quanto all’espressione «convivenza irreversibile», non si tratta di una posizione ideologica ma della «valutazione onesta della propria condizione di vita, di un’onestà delle coscienze che deve maturare davanti a Dio». «È un processo aperto su cui occorre discernere insieme», ha aggiunto Forte, anche riguardo a questioni delicate come quelle della «continenza». «Non si fa un giudizio di valore ma si indica un cammino di discernimento», ha precisato: «I sacerdoti devono accompagnare le persone a verificare con onestà e a prendere le loro decisioni».

«Attenzione pastorale e riconoscimento dei matrimoni gay sono due cose diverse». A precisarlo, rispondendo alle domande dei giornalisti, sono stati il cardinale Péter Erdő e monsignor Bruno Forte, rispettivamente relatore generale e segretario speciale del Sinodo. A riprova di ciò, Erdő ha fatto riferimento al documento finale della scorsa Assemblea sinodale, che «cita i documenti precedenti della Chiesa cattolica» in questa complessa e delicata materia. «Ogni persona, quale che sia la sua inclinazione personale, deve sentirsi rispettata e accolta nella Chiesa come certamente accolta da Dio», ha ribadito Forte: «Il problema è come tutto questo debba tradursi nella prassi pastorale». «Per la Chiesa – ha proseguito – il punto fermo è che il matrimonio è tra uomo e donna, ma questo non significa che non possa essere rispettata e accolta la persona omosessuale, sono due cose distinte». La sfida, allora, è «far sì che nessuno si senta giudicato, ma accompagnato e accolto dalla comunità cristiana».

Contraccezione. Nell’Instrumentum laboris, «per la contraccezione il riferimento è l’Humanae vitae», ha precisato monsignor Bruno Forte, rispondendo alle domande dei giornalisti, ricordando che nell’enciclica di Paolo VI «la procreazione è un atto profondamente umano, in cui la persona deve sentirsi coinvolta in tutta la sua dignità e responsabilità». «È un tema delicato», ha ammesso il vescovo, ribadendo che «la Chiesa incoraggia la fertilità naturale e rifiuta l’aborto», pronunciando un «sì» alla «dignità dell’atto sessuale come espressione piena della persona e della sua maturità umana». Nell’Humanae vitae, si legge nell’Instrumentum laboris, emergono «due poli da coniugare costantemente»: da una parte, «il ruolo della coscienza intesa come voce di Dio che risuona nel cuore umano educato ad ascoltarla», dall’altra «l’indicazione orale oggettiva, che impedisce di considerare la generatività una realtà su cui decidere arbitrariamente, prescindendo dal disegno divino sulla procreazione umana».