Vita Chiesa

Cei, card. Bagnasco: «Isolare il fanatismo dell’Isis. Scafisti criminali e Europa avara»

«Isolare»: questa «dovrebbe essere la parola d’ordine» per arginare l’offensiva dell’Isis e porre fine alla persecuzione dei cristiani. Ne è convinto il cardinale Bagnasco, che nella parte della prolusione (testo integrale) dedicata allo scenario internazionale ha fatto notare che «le soluzioni non sono semplici, ma pensiamo che la diplomazia possa fare molto di più, se le Cancellerie lo permetteranno».

In primo luogo, per il presidente della Cei, che stamani ha introdotto i lavori dell’Assemblea dei vescovi italiani in corso a Roma, occorre «isolare il fanatismo omicida dell’Isis e similari sul piano dell’opinione pubblica mondiale con una reiterata condanna: nessuno giustifichi con le parole o con il silenzio». In secondo luogo, bisogna «troncare ogni rapporto economico o geopolitico pubblico e, soprattutto, segreto: nessuno commerci con la vita umana!». «Se i governi del mondo non avranno questa volontà e non decideranno di conseguenza, la diplomazia avrà sempre poco respiro», ha ammonito il cardinale, che è partito dal «primo genocidio del ventesimo secolo», come il Papa ha definito il genocidio degli armeni, per osservare che ciò che è avvenuto un secolo fa «deve essere omaggio alla verità e monito efficace per la cultura del rispetto e della non violenza, della giustizia e della pace».

«Il ricordo del popolo armeno – queste le parole di Bagnasco – va ad aggiungersi alla continua persecuzione dei cristiani in diverse parti del mondo: non accada che subentri l’abitudine e quindi l’indifferenza davanti al persistere di tanta brutalità omicida, travestita di religione. Spegnere i riflettori e stare in silenzio, lasciando che la carneficina continui, sarebbe diventarne conniventi, colpevoli di fronte al tribunale di Dio e ella storia. Sarebbe l’ennesima prova della cattiva coscienza dei potenti». «Le nostre Chiese si riuniranno in una grande preghiera sabato prossimo, 23 maggio», ha ricordato il presidente della Cei, che tracciando un quadro internazionale tra «luci di progresso» e «ombre di regresso» ha citato il terremoto in Nepal, che «è in ordine di tempo l’ultima strage della natura». La Cei, grazie all’otto per mille, «si è aggregata alla solidarietà del mondo» con tre milioni di euro. «Se la terra non implode – è la tesi del cardinale – è grazie non tanto alle Carte dei potenti, ma all’eroismo nascosto e concreto degli umili. I Grandi condizionano la storia, ma sono i piccoli che la scrivono in profondità».

Gli scafisti sono «criminali dell’umanità, disposti a uccidere con lucida e cinica programmazione». Questa la forte denuncia del presidente dei vescovi italiani, che nella prolusione ha messo l’accento sui migranti che «sono costretti a lasciare i propri Paesi che, per quanto devastati da guerre e violenze, persecuzioni e brutalità, carestie e miseria, costituiscono pur sempre la loro terra». «Ancora una volta – ha denunciato – tocchiamo con mano l’abisso del cuore umano che arriva a speculare sulle miserie dei poveri e dei deboli; e, per cavare il massimo del profitto, aggrava le vessazioni e le torture dei miseri». «Il nostro Paese ha fatto non poco attraverso le sue istituzioni politiche, civili e militari, anche se, a volte, tra non poche polemiche», ha sottolineato il cardinale, secondo il quale «l’accoglienza umanitaria va sempre accompagnata dalla legalità e dalla sicurezza di tutti», e «all’accoglienza deve corrispondere coscienza e disponibilità». «Finalmente, l’Europa sembra aver dato un colpo, quello che da anni si è atteso e forse si doveva pretendere», ha sottolineato il card. Bagnasco: «Colpo flebile», ma che «sembra riconoscere che i Paesi membri sul mare sono la porta di casa e quindi nessuno se ne può disinteressare».

Per la Chiesa italiana, «il segnale è apprezzabile, ma avaro: basta pensare che nel 2014 furono impiegate in Italia risorse per 650 milioni, e per quest’anno sono stimati 800 milioni di euro. L’Unione europea ne ha stanziati, per tutti i 25 Paesi membri, 60!». La Chiesa italiana, ha ricordato il card. Bagnasco, «attraverso le sue molteplici realtà, collabora e continua a collaborare in termini di strutture, organizzazioni, risorse, mantenendo la doverosa attenzione per tutti. Vogliamo qui ringraziare i sacerdoti, i consacrati, gli operatori, le comunità cristiane, per la dedizione intelligente e fraterna». Per la Cei, «il dramma globale dovrà essere affrontato con logiche più stringenti, concrete, tempestive, che prevedano interventi nei Paesi di provenienza per superare le cause di tanta fuga coatta, e per creare un quadro normativo chiaro e ordinato vincolante per tutti gli Stati membri, cosicché, nell’Europa moderna, le persone non si sentano né ingombri, né assististe».

«La preoccupazione fondamentale della gente resta l’occupazione: i segnali di ripresa sembrano essere reali nella macroeconomia, ma la disoccupazione resta la piaga del nostro tempo», ha poi detto il cardinale Angelo Bagnasco nella prolusione odierna (testo integrale) all’Assemblea Cei, rivolgendo un monito alla politica: «Sanare vuol dire innovare. Sullo sviluppo, sulla continua e veloce innovazione, è necessario che i politici concentrino tutte le loro energie e il loro tempo: di questo dovranno rendere conto severo ai cittadini che li hanno eletti». «Se da una parte – ha detto il presidente della Cei – ascoltiamo i messaggi di svolta e di fiducia che provengono da politici ed esperti, dall’altra non vediamo i disoccupati diminuire, né i giovani entrare finalmente nel mondo del lavoro». «Sappiamo che la realtà è più complessa, che il mercato del lavoro è cambiato su scala planetaria, che le ricadute positive sull’economia reale richiedono tempo rispetto ai movimenti positivi», ha ammesso il cardinale, «ma tutto ciò non cambia la realtà visibile di una disoccupazione ancora amplissima e in certe zone crescente», con conseguenze drammatiche soprattutto sui giovani.

È il lavoro «il problema vero, più urgente e drammatico, della gente: nessuno faccia affidamento sull’arte di arrangiarsi, che, come la storia insegna, porta facilmente su vie pericolose che vanno ad aggiungere altri gravissimi problemi per i singoli, le famiglie, la tenuta sociale. È questa la vera bandiera da guardare oggi e per cui impiegare ogni energia, non altre che sono chiaramente di parte e non urgenti. La gente guarda e attende». L’auspicio dei presidente della Cei è che «la grande vetrina dell’Expo di Milano rappresenti un’occasione perché  l’Italia, offrendo il meglio di sé, possa essere apprezzata e valorizzata a livello mondiale nella sua bellezza, creatività e affidabilità produttiva».

Allarme per alcol tra i giovani e gioco d’azzardo. Nello scorso anno sono stati almeno 75mila i ragazzi, tra gli 11 e i 17 anni, preda dell’alcol. A rendere noto il dato è stato il cardinale Bagnasco, definendolo «un fenomeno che alimenta preoccupazione generale, ma che dovrebbe essere maggiormente considerato». «Che cosa stiamo testimoniando ai nostri giovani?», si è chiesto il porporato nella prolusione: «Quale educazione, quali valori, quale visione della vita, quale idea di felicità? La loro libertà è veramente libera? La società si pone questi interrogativi inquietanti? Oppure si gira dall’altra parte, cercando di compensare con le cose le nostre mancanze educative, le visioni corte della vita?». Altro fenomeno in crescita, «sotto lo sguardo distratto di molti e compiaciuto di alcuni», è il gioco d’azzardo: «Negli ultimi due anni il fatturato è stato di 90 miliardi, terzo fatturato dopo Eni ed Enel!» ha avvertito il presidente della Cei, che ha fatto notare che il gioco d’azzardo «rappresenta il 10% dei consumi delle famiglie italiane ed è valutato in circa 800 miliardi».

«Il 40% del fatturato – ha proseguito il cardinale – è dovuto alle slot machine che in Italia sono 414.000: una ogni 145 abitanti, a fronte di una ogni 261 abitanti in Germania, e negli Stati Uniti una ogni 372 abitanti. Infine, i giocatori patologici sono stimati in circa 700/800mila». «Presto dovrebbe uscire un’importante normativa, ma che ad oggi sembra non contenere alcuna limitazione circa l’apertura delle sale da gioco, né circa la pubblicità del gioco d’azzardo», la denuncia del cardinale, secondo il quale «questa specie di droga insidia ogni fascia d’età, mangiando risparmi e pensioni, a volte interi stipendi di famiglia. Naturalmente, sono preda più facile coloro che sono meno abbienti e più deboli». Un grazie, dal presidente della Cei, al quotidiano Avvenire «per la continua e puntuale attenzione dedicata a questo dramma verso il quale non mancano realtà ecclesiali e gruppi che da tempo si impegnano con la loro vicinanza e il loro aiuto».

Più che al «divorzio breve» si «puntava su quello lampo», ha detto il Cardinale. «Ma sopprimere un tempo più disteso per la riflessione, specialmente in presenza di figli, è proprio un bene? – si è chiesto – Si favorisce la felicità delle persone o si incentiva la fretta?». Il riferimento deve essere sempre la famiglia «perno insostituibile e incomparabile della società» anche perché «nell’orizzonte parlamentare va avanti il disegno di legge delle cosiddette unioni civili e delle convivenze. Il Concilio Vaticano II e il Magistero dei Pontefici hanno sempre ribadito che è dovere dei Vescovi dire una parola quando è in gioco il bene dell’uomo, soprattutto quando si toccano i fondamentali dell’umano: “Ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa”, ha detto Papa Francesco nel suo discorso a Manila».

Bagnasco ha spiegato che «il testo di legge in questione ancora una volta conferma la configurazione delle unioni civili omosessuali in senso paramatrimoniale. Tale palese equiparazione viene descritta senza usare la parola “matrimonio”, ma in modo inequivocabile: “le disposizioni contenenti le parole ‘coniuge’, ‘coniugi’, ‘marito’ e ‘moglie’, ovunque ricorrano nelle leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso” (art. 3). Questa equiparazione riguarda anche la possibilità di adozione, che per ora si limita all’eventuale figlio del partner (art. 5)». È perciò «evidente che – come è successo in altri Paesi – l’adozione di bambini sarà estesa senza l’iniziale limitazione. Così come è evidente, ancora alla luce di quanto accade altrove, che presto sarà legittimato il ricorso al cosiddetto “utero in affitto”, che sfrutta indegnamente le condizioni di bisogno della donna e riduce il bambino a mero oggetto di compravendita. Il desiderio della maternità o della paternità non può mai trasformarsi in diritto per nessuno». Bagnasco ha sottolineato che «si alimenta anche così la «cultura dello scarto», categoria che tanto piace se applicata a certe situazioni, ma non a queste: «Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva».

Bagnasco ha ricordato ancora Papa Francesco quando il Pontefice ha detto che «continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio. Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, pretesa la modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico». In altra occasione «il Santo Padre ha ribadito che “questa complementarietà sta alla base del matrimonio e della famiglia”. A Napoli il Papa disse che la cosiddetta «teoria del gender» è uno “sbaglio della mente umana” e successivamente ha espresso il dubbio «se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa confrontarsi con essa».

«Con il Papa diciamo no ad una scuola dell’indottrinamento, della colonizzazione ideologica. Diciamo sì alla scuola libera, libera non perché sganciata dal sistema scolastico nazionale, ma perché scelta dai genitori, primi e insostituibili educatori dei loro figli». Con queste parole il cardinale Angelo Bagnasco è tornato ad auspicare la piena attuazione di quanto previsto dalla legge 62/2000 a proposito del «sistema italiano della pubblica istruzione», nel quale «sia la scuola statale sia le scuole paritarie vengono riconosciute a pieno titolo pubblico servizio». «In questa prospettiva – ha aggiunto – si giustifica il ‘bonus’ per i genitori da utilizzare nella scuola prescelta». «Molto si è discusso sulla ‘buona scuola’, e le tensioni si sono manifestate sia sulla volontà di cambiamento, sia sulle forme e sui tempi», l’analisi del presidente della Cei sull’attualità: «Il buon senso e la storia suggeriscono di trovare delle sintesi in tempi ragionevoli, magari distinguendo temi e obiettivi». A questo proposito, il cardinale ha citato l’incontro di un anno fa: «Chi non ricorda i 300mila con il Papa per un vero patto educativo, e per una buona scuola in Piazza San Pietro? Quella visione e quell’onda non sono scomparse. È l’onda di un popolo che è appassionato per il futuro del Paese, futuro che passa attraverso l’educazione delle giovani generazioni».

Si tratta, ha spiegato il cardinale, di «un popolo senza targhe, trasversale, grande più di quanto s’immagini, che non intende fare da spettatore su quanto accade o accadrà sulla pelle dei propri figli. Chiede una struttura più giusta e adeguata per sedi e organici, un’istruzione solida ed essenziale, una formazione professionale stimata e sostenuta; in una parola, un’educazione integrale per tutti, educazione di base che molti Paesi avanzati non hanno e c’invidiano, ma libera, lontana da schemi statalisti, antiliberali».

Tra le modifiche approvate in Commissione al testo sulla «buona scuola», c’è quella che prevede l’insegnamento della parità di genere in tutti gli istituti. «Una simile previsione sembra rappresentare l’ennesimo esempio di quella che Papa Francesco ha definito colonizzazione ideologica», ha detto Bagnasco citando le parole pronunciate dal Papa nella conferenza stampa del volo di ritorno dalle Filippine. «Educare al rispetto di tutti, alla non discriminazione e al superamento di ogni forma di bullismo e di omofobia, è doveroso, lo abbiamo sempre affermato: rientra nei compiti della scuola», ha affermato il cardinale. «Ma l’educazione alla parità di genere, oggi sempre più spesso invocata – ha aggiunto – mira in realtà a introdurre nelle scuole quella teoria in base alla quale la femminilità e la mascolinità non sarebbero determinate fondamentalmente dal sesso, ma dalla cultura».