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Jourova (Ue): fake news, arma contro la democrazia. Necessario difendere i cittadini
La disinformazione minaccia le istituzioni democratiche, influisce sul voto popolare, mette in pericolo la convivenza nelle società europee. Gravi rischi emergono sul fronte interno, ma anche da Russia e Cina. Lo spiega la commissaria Ue al Sir. “Sono sicura - afferma - che abbiamo avuto diverse elezioni i cui risultati sono stati segnati da campagne” partite dall'estero. La Commissione "si sta anche impegnando sul fronte della formazione e alfabetizzazione digitale nelle scuole per rendere i giovani più preparati nel riconoscere le notizie false"
“C’è una produzione di disinformazione esterna, ma anche interna ai nostri confini, che ha nel mirino l’Europa, spesso per ragioni economiche, politiche o propagandistiche che arrivano dalla Russia e dalla Cina”. Così la vicepresidente per la Trasparenza e i valori Ue, Vera Jourova, durante un colloquio al Sir sulla disinformazione e le ingerenze da parte di altri Paesi sulle politiche e le elezioni Ue. “Stiamo pensando a delle sanzioni per le interferenze straniere”, afferma. “Le fake news sono una forte arma nelle mani di chi vuole diffondere propaganda o raggiungere obiettivi politici. Difendere i cittadini dalla disinformazione significa difendere anche l’Ue” afferma Jourova.
Responsabilizzare le big tech. Nella lotta alla disinformazione secondo la commissaria è fondamentale anche la responsabilizzazione delle big tech. “Abbiamo bisogno della cooperazione delle piattaforme online, perché dobbiamo capire da dove arrivano le fake news”.
Il momento in cui in genere si concentrano le campagne di disinformazione è prima delle tornate elettorali.
“Sono sicura che abbiamo avuto diverse elezioni in Europa i cui risultati sono stati influenzati da campagne di disinformazione”, spiega Jourova. Ma se in tempi normali le fake news si concentrano sull’immigrazione, minoranze e ambiente, nell’ultimo anno la task force Ue EUvsDisinfo per contrastare la disinformazione ha constato che neanche il coronavirus è stato risparmiato dalle notizie false. All’inizio della pandemia siti pro-Cremlino si sono concentrati su un bombardamento di notizie ricorrenti e in diverse lingue che sostenevano che “il coronavirus fosse stato inventato in laboratori Usa” o che “l’Europa non è in grado di far fronte alla pandemia”. Quando poi sono arrivati i primi aiuti e spedizioni da Paesi extra Ue c’è stato un tentativo di esaltazione continua dell’operato di Cina e Russia spesso dipinti come “gli unici ad aiutare l’Italia abbandonata dall’Europa”.
Una guerra sotterranea. Negli ultimi mesi la disinformazione si è spostata sull’esaltare il vaccino russo Sputnik come il “migliore, l’unico efficace” in contrapposizione ai vaccini prodotti o distribuiti in Europa. “Il Covid è stato utilizzato per attaccare tutti i Paesi in modo simultaneo con una grande campagna di notizie false”, dichiara ancora la commissaria.Ma siti russi nei Paesi del centro-est Europa cercano anche costantemente di far rivivere il sentimento post comunista e nostalgico dell’Unione sovietica,sostenendo che tutto quello che fa l’Ue “è sbagliato e va contro i cittadini”. Nelle ultime settimane siti pro-Cremlino, secondo dati raccolti dalla task force EUvsDisinfo contro la disinformazione, hanno anche stilato una lista di Paesi ostili alla Russia, identificati come “nemici della Russia”. La lista è in continuo aggiornamento e soggetta a modifiche a seconda dei temi affrontati nelle fake news, tra i Paesi sicuramente nel mirino figurano la Polonia, gli Usa, i Paesi Baltici, la Repubblica Ceca e l’Ucraina.
“Immorale fare i soldi sulle bugie”. Ma una grande responsabilità secondo la commissaria Ue proviene non solo da chi produce le fake news ma anche da chi se ne rende un megafono. “Capiamo che le fake news generano un grande traffico, catturano l’attenzione dei lettori e quindi attirano investimenti pubblicitari, ma è immorale fare soldi sulle bugie”, afferma Jourova. Secondo la commissaria i giganti del web “devono capire che è un bene anche per loro mantenere la propria reputazione o migliorarla – aggiunge –; non possono essere visti come diffusori di fake news e contenuti illegali. Altrimenti nel lungo termine potrebbero vedersi il loro business danneggiato”. Un punto cruciale nella lotta alla disinformazione, secondo Jourova, è tagliare i fondi a coloro che diffondono notizie false.“Perciò non lavoriamo solo con le piattaforme, ma anche con le grandi società pubblicitarie. Vogliamo che si rifiutino di pubblicizzare i propri prodotti su siti che sono pieni di fake news”.Jourova ci tiene a sottolineare che “se qualcuno pensa che la Commissione presenti una proposta che aiuti la disinformazione a diffondersi è un grave errore”. La commissaria rilancia l’appello ai diversi attori coinvolti: “Siamo qui per contrastare le fake news più pericolose, intenzionalmente prodotte in modo coordinato, il nostro target è la disinformazione che ha scopi precisi. Abbiamo bisogno di cooperazione con le big tech, la società civile, i ricercatori e i governi democratici”.
Un piano e il codice. Due anni fa l’Ue ha adottato un piano contro la disinformazione e ha creato un codice di buona condotta per le piattaforme online. Al codice, che per ora è solo su base volontaria, hanno finora aderito “Facebook, Google, YouTube, Twitter, TikTok e Microsoft che stanno intraprendendo iniziative e condividendo le azioni con l’Ue contro le fake news”. A dicembre la Commissione Ue ha poi presentato la proposta del Digital Services Act, al momento in discussione al Parlamento Ue:
tra le misure previste si chiede di rendere obbligatorio il codice di condotta per la disinformazione.
“Apprezzo il lavoro fatto fin qui dalle piattaforme, ma c’è bisogno di una migliore condivisione di dati con i ricercatori e i fact checker per migliorare l’efficacia”, dice Jourova. La Commissione si sta anche impegnando sul fronte della formazione e alfabetizzazione digitale nelle scuole per rendere i giovani più preparati nel riconoscere le notizie false. La commissaria puntualizza al Sir che purtroppo il fenomeno della disinformazione fa una grandissima presa sui cittadini europei. “Vengo dalla Cecoslovacchia, da un regime: mio padre – confida – mi ha detto di non credere a tutto quello che leggo, ma molte persone hanno la tendenza a credere a tutte le teorie di cospirazione che vedono. Dobbiamo formare i cittadini per riconoscerle”.