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La lettera di padre Marco dall’Etiopia: «La scuola dei bambini occupata dai guerriglieri»

padre Marco Innocenti, missionario Comboniano, in Etiopia: «Non sono potuto andare alla scuola di Wohaba che mi dicono sia stata occupata dai comandanti della guerriglia, i quali hanno forzato le porte per entrare». La scuola era stata costruita con le offerte della diocesi di Firenze e dell'associazione Agata Smeralda.

«Purtroppo nei villaggi non sono ancora potuto andare a causa del clima di insicurezza che si respira. Di conseguenza, non sono potuto andare alla scuola di Wohaba che mi dicono sia stata occupata dai comandanti della guerriglia, i quali hanno forzato le porte per entrare. Spero che non facciano tantissimi danni e che perlomeno le mura e il tetto si salvino. D’altra parte era l’unico edificio bello della zona e per giunta con la pompa per l’acqua».È la testimonianza di padre Marco Innocenti, missionario Comboniano originario di Montebonello (Firenze) che opera tra la popolazione Gumuz in Etiopia. La scuola di cui parla è quella costruita con le offerte raccolte dalla diocesi di Firenze, attraverso l’«avvento di fraternità» proposto dal Centro missionario diocesano, cui si era aggiunto un finanziamento dell’associazione Agata Smeralda. Padre Marco ha scritto una lettera a Mauro Barsi, presidente di Agata Smeralda, per raccontare la drammatica situazione. «La scuola – racconta – l’avevamo inaugurata già un anno fa, alla presenza del vescovo, all’inizio della pandemia del Covid-19. L’avevamo costruita in tempo record per ospitare più di 150 bambini: 50 o più per ciascuna delle tre classi delle materne, che dopo il crollo della scuola precedente erano rimasti senza un tetto. Poi ci si è messo il Covid che non ha permesso una regolare apertura della scuola, vietata dal Governo e poi c’è stato l’avvento dei guerriglieri».I Gumuz sono un’etnia nilotica, da sempre disprezzati per la loro pelle nera e fatti schiavi fino a qualche decennio fa. «Dopo un periodo di pace – spiega don Marco – dalla Pasqua 2019 si sono susseguiti attacchi e massacri di interi villaggi Gumuz da parte di truppe provenienti dalla Regione Amara e anche da quella degli Oromo. I Gumuz non dovrebbero nemmeno esistere o, perlomeno, essere sterminati per permettere all’espansionismo Amara e Oromo di prendere le loro fertilissime terre. In più siamo nella regione del Nilo Azzurro e dei suoi affluenti e della Diga del Millennio appena ultimata a 7 km dal confine con il Sudan. Controllare questa regione significa controllare tutta l’acqua del Nilo. Perciò i Gumuz vessati da ogni parte si sono organizzati in guerriglia per l’autodifesa delle loro terre e purtroppo anche per compiere stermini e atti di vendetta, che anche dalla parte Amara e Oromo sono all’ordine del giorno contro i Gumuz. In tutto questo squilibrio politico si è inserito il Sudan a ergersi a paladino dei Gumuz, tramite i pochi Gumuz musulmani che vivono in Sudan. Il vero scopo è ovviamente quello di controllare il territorio e, perché no, annettere il Gumuz al Sudan. Molti dei nostri giovani cristiani si sono uniti alla guerriglia. Mi garantirebbero pure l’entrata nei villaggi ma, siccome l’insicurezza è tanta, preferisco aspettare. Anche perché, se hanno occupato le nostre scuole e cappelle, certamente non me le ridarebbero subito». Padre Marco conclude la lettera auspicando prima possibile una ricostruzione: «Dopo la sofferenza e la morte c’è sempre la Pasqua di Resurrezione».