Vita Chiesa
Francesco: «Non c’è posto nella Chiesa per chi commette abusi»
«Non c’è posto nel ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali; e mi impegno a non tollerare il danno recato ad un minore da parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale». Lo ha detto il Papa, che ha ribadito che «tutti i vescovi devono esercitare il loro servizio di pastori con somma cura per salvaguardare la protezione dei minori e renderanno conto di questa responsabilità». «Per tutti noi vale il consiglio che Gesù dà a coloro che danno scandalo, la macina da molino e il mare», ha ammonito il Papa citando il Vangelo di Matteo e assicurando che «continueremo a vigilare sulla preparazione al sacerdozio». «Conto sui membri della Pontificia Commissione per la protezione dei minori, tutti i minori, a qualsiasi religione appartengono, sono i piccoli che il Signore guarda con amore», ha poi aggiunto, auspicando che i membri della Commissione da lui istituita «mi aiutino a far sì che possiamo disporre delle migliori politiche e procedimenti nella Chiesa universale per la protezione dei minori e per la formazione di personale della Chiesa nel portare avanti tali politiche e procedimenti». «Dobbiamo fare tutto il possibile per assicurare che tali peccati non si ripetano più nella Chiesa», l’invito del Santo Padre, che rivolgendosi alle persone abusate ha lodato il loro «coraggio» nel far «emergere la verità» su «una terribile oscurità nella vita della Chiesa».
«La grazia che la Chiesa pianga e ripari per i suoi figli e figlie che hanno tradito la loro missione, che hanno abusato persone innocenti con i loro abusi». A chiederla è stata il Papa, che ha iniziato l’omelia della Messa a Santa Marta con «l’immagine di Pietro»: «Vedendo uscire Gesù da questa seduta di duro interrogatorio, e che incrocia lo sguardo con Gesù e piange, mi viene oggi nel cuore incrociando il vostro sguardo, di tanti uomini e donne, bambini e bambine; sento lo sguardo di Gesù e chiedo la grazia del suo pregare.». Il Papa ha parlato di «profondo dolore», di «sofferenza», «dissimulato in una complicità che non trova spiegazione, finché qualcuno non si è reso conto che Gesù guardava, e un altro lo stesso e un altro lo stesso… e si fecero coraggio a sostenere tale sguardo. E quei pochi che hanno cominciato a piangere, hanno contagiato la nostra coscienza per questo crimine e grave peccato». «Questa – ha spiegato il Santo Padre – è la mia angustia e dolore per il fatto che alcuni sacerdoti e vescovi hanno violato l’innocenza di minori e la loro propria vocazione sacerdotale abusandoli sessualmente».
«Si tratta di qualcosa di più che di atti deprecabili. È come un culto sacrilego perché questi bambini e bambine erano stati affidati al carisma sacerdotale per condurli a Dio ed essi li hanno sacrificati all’idolo della loro concupiscenza». Parole durissime, quelle contro gli abusi, pronunciate oggi dal Papa nell’omelia della Messa alla quale hanno partecipato alcune persone vittime di abusi sessuali da parte di membri del clero, con alcuni famigliari e accompagnatori e con i membri della Pontificia Commissione per la tutela dei minori. «Hanno profanato la stessa immagine di Dio alla cui immagine siamo stati creati», le parole del Papa, che ha ricordato che «l’infanzia è un tesoro». «Il cuore giovane, così aperto e pieno di fiducia, contempla i misteri dell’amore di Dio e si mostra disposto in una maniera unica ad essere alimentato nella fede», l’analisi del Papa. «Oggi il cuore della Chiesa guarda gli occhi di Gesù in questi bambini e bambine e vuole piangere», ha ripetuto il Papa come aveva fatto all’inizio della sua omelia: «Chiede la grazia di piangere di fronte a questi atti esecrabili di abuso perpetrati conto i minori. Atti che hanno lasciato cicatrici per tutta la vita».
«So che le vostre ferite sono una fonte di profonda e spesso implacabile pena emotiva e spirituale e anche di disperazione», ha detto il Papa rivolgendosi alle persone abusate presenti: «Molti di coloro che hanno patito questa esperienza hanno cercato compensazioni nella dipendenza. Altri hanno sperimentato seri disturbi nelle relazioni con genitori, coniugi e figli. La sofferenza delle famiglie è stata particolarmente grave dal momento che il danno provocato dall’abuso colpisce queste relazioni vitali. Alcuni hanno anche sofferto la terribile tragedia del suicidio di una persona cara». «La morte di questi amati figli di Dio pesa sul cuore e sulla mia coscienza e di quella di tutta la Chiesa», ha assicurato il Papa, offrendo a queste famiglie i suoi «sentimenti di amore e di dolore». «I peccati di abuso sessuale contro minori da parte di membri del clero hanno un effetto dirompente sulla fede e la speranza in Dio», ha affermato il Papa: «Alcuni si sono aggrappati alla fede, mentre per altri il tradimento e l’abbandono hanno eroso la loro fede in Dio». «La vostra presenza qui – ha attestato il Papa – parla del miracolo della speranza che ha il sopravvento sulla più profonda oscurità». «Senza dubbio, è un segno della misericordia di Dio che noi abbiamo oggi l’opportunità di incontrarci, di adorare il Signore, di guardarci negli occhi e cercare la grazia della riconciliazione», ha aggiunto.
«Voi e tutti coloro che hanno subito abusi da parte di membri del clero siete amati da Dio». Si è conclusa con un atto di amore, che subito dopo è stato seguito dagli incontri personali con ognuno, l’omelia della Messa di oggi a Santa Marta. «Prego affinché quanto rimane dell’oscurità che vi ha toccato sia guarito dall’abbraccio del Bambino Gesù e che al danno recatovi subentri una fede e una gioia rinnovata», l’augurio del Papa: «Ringrazio per questo incontro e, per favore, pregate per me, perché gli occhi del mio cuore vedano sempre con chiarezza la strada dell’amore misericordioso e Dio mi conceda il coraggio di seguire questa strada per il bene dei minori». Poi Francesco è tornato all’immagine iniziale: «Gesù esce da un giudizio ingiusto, da un interrogatorio crudele e guarda gli occhi di Pietro e Pietro piange. Noi chiediamo che ci guardi, che ci lasciamo guardare, e possiamo piangere, e che ci dia la grazia della vergogna, perché come Pietro, quaranta giorni dopo, possiamo rispondergli: ‘Sai che ti amiamo’ e ascoltare la sua voce: ‘Torna al tuo cammino e pascola le mie pecore’ – e aggiungo – ‘e non permettere che alcun lupo entri nel gregge’».