Vita Chiesa

Francesco: riscoprire la fraternità in famiglia, nell’economia e tra i popoli

«La fraternità – scrive Papa Francesco – si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre». All’inizio del messaggio, il Papa rivolge «a tutti, singoli e popoli, l’augurio di un’esistenza colma di gioia e di speranza». «Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga il desiderio di una vita piena – afferma il Papa – alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare». La fraternità, quindi, «è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale», e «ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura».

No alla globalizzazione dell’indifferenza. «La globalizzazione dell’indifferenza ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro». È la denuncia del Papa, secondo il quale «in tante parti del mondo, sembra non conoscere sosta la grave lesione dei diritti umani fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà di religione». Come «inquietante esempio», il Papa cita «il tragico fenomeno del traffico degli esseri umani, sulla cui vita e disperazione speculano persone senza scrupoli». «Alle guerre fatte di scontri armati» si aggiungono «guerre meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese». «La globalizzazione ci rende vicini, ma non ci rende fratelli», afferma il Papa citando Benedetto XVI. Inoltre, «le molte situazioni di sperequazione, di povertà e di ingiustizia, segnalano non solo una profonda carenza di fraternità, ma anche l’assenza di una cultura della solidarietà». «Le nuove ideologie», con il loro «diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico», per il Papa «indeboliscono i legami sociali», alimentando la «mentalità dello scarto». Così, «la convivenza umana diventa sempre più simile a un mero ‘do ut des’ pragmatico ed egoista». anche le «etiche contemporanee» risultano «incapaci di produrre vincoli autentici di fraternità», sostiene il Papa.

L’«egoismo quotidiano» è «alla base di tante guerre e tante ingiustizie», scrive il Papa nel Messaggio, in cui cita il racconto di Caino e Abele per sottolineare il «difficile compito a cui tutti gli uomini sono chiamati, vivere uniti, prendendosi cura l’uno dell’altro». L’uccisione di Abele da parte di Caino «attesta tragicamente il rigetto radicale della vocazione ad essere fratelli», e il racconto di Caino e Abele «insegna che l’umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento». «La radice della fraternità è contenuta nella paternità di Dio», ricorda il Papa, e solo così gli uomini e le donne di questo mondo «riusciranno a vincere l’indifferenza, l’egoismo e l’odio, ad accettare le legittime differenze che caratterizzano i fratelli e le sorelle». «Nella famiglia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso Padre, e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio, non vi sono ‘vite di scarto’», ribadisce il Papa: «Tutto godono di un’eguale ed intangibile dignità. Tutti sono amati da Dio, tutti sono stati riscattati dal sangue di Cristo, morto in croce e risorto per ognuno. È questa la ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti alla sorte dei fratelli».

Politiche contro il disagio. In un mondo in cui diminuisce la povertà assoluta ma aumenta la «povertà relativa» e i «diversi tipi di disagio, di emarginazione, di solitudine e di varie forme di dipendenza patologica», servono «politiche efficaci che promuovano il principio della fraternità, assicurando alle persone di accedere ai capitali, ai servizi, alle risorse educative, sanitarie, tecnologiche». È questo un altro passaggio del messaggio del Papa, in cui chiede anche «politiche che servano ad attenuare una eccessiva sperequazione del reddito», ricordando l’insegnamento della Chiesa sull’»ipoteca sociale» dei beni. Per «promuovere la fraternità» e «sconfiggere la povertà», c’è un «modo» che «dev’essere alla base di tutti gli altri»: «il distacco di chi sceglie di vivere stili di vita sobri ed essenziali, di chi, condividendo le proprie ricchezze, riesce così a sperimentare la comunione fraterna con gli altri. Ciò è fondamentale per seguire Gesù Cristo ed essere veramente cristiani». Ciò è «fondamentale per seguire Gesù ed essere veramente cristiani», ed è un dovere «non solo per le persone consacrate che professano voto di povertà, ma anche di tante famiglie e tanti cittadini responsabili».

Superare la crisi con virtù. «Il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita». Ne è convinto il Papa che sostiene che «la crisi odierna, pur con il suo grave retaggio per la vita delle persone, può essere anche un’occasione propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza». Le quattro virtù cardinali, in altre parole, «ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci legano gli uni agli altri, nella fiducia profonda che l’uomo ha bisogno ed è capace di qualcosa in più rispetto alla massimizzazione del proprio interesse individuale». «Soprattutto tali virtù sono necessarie per costruire e mantenere una società a misura della dignità umana», raccomanda Papa Francesco.

Appello contro le guerre e per il disarmo. Un doppio appello: a fermare la guerra, «esperienza dilaniante che costituisce una grave e profonda ferita inferta alla fraternità», e a favorire il disarmo «da parte di tutti, a cominciare dal disarmo nucleare e chimico». A rivolgerlo è il Papa, nel suo primo Messaggio per la Giornata della pace, in cui denuncia che «molti sono i conflitti che si consumano nell’indifferenza generale» e assicura la sua «personale vicinanza» e quella di tutta la Chiesa «a tutti coloro che vivono in terre in cui le armi impongono terrore e distruzioni». La Chiesa «ha per missione di portare la carità di Cristo anche alle vittime inermi delle guerre dimenticate, attraverso la preghiera per la pace, il servizio ai feriti, agli affamati, ai rifugiati, agli sfollati e a quanti vivono nella paura» ed «alza la sua voce per far giungere ai responsabili il grido di dolore di quest’umanità sofferente e per far cessare, insieme alle ostilità, ogni sopruso e violazione dei diritti fondamentali dell’uomo». Di qui il «forte appello» del Papa «a quanti con le armi seminano violenza e morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!».

«I conflitti armati costituiscono sempre la deliberata negazione di ogni possibile concordia internazionale, creando divisioni profonde e laceranti ferite che richiedono molti anni per rimarginarsi», ricorda il Papa citando la sua recente lettera al presidente Putin. Tuttavia, «finché ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione, si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità». Per questo Papa Francesco fa’ suo l’appello dei suoi predecessori «in favore della non proliferazione delle armi e del disarmo da parte di tutti». Ma non basta: «gli accordi internazionali e le leggi nazionali, pur essendo necessari ed altamente auspicabili, non sono sufficienti da soli a porre l’umanità al riparo dal rischio dei conflitti armati». Per Papa Francesco, «è necessaria una conversione dei cuori che permetta a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello di cui prendersi cura, con il quale lavorare insieme per costruire una vita in pienezza per tutti. È questo lo spirito che anima molte delle iniziative della società civile, incluse le organizzazioni religiose, in favore della pace». Di qui l’augurio che «si possa anche giungere all’effettiva applicazione nel diritto internazionale del diritto alla pace, quale diritto umano fondamentale, pre-condizione necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti.

No a corruzione e organizzazioni criminali. «Un autentico spirito di fraternità vince l’egoismo individuale». Il Papa, nel messaggio, stigmatizza l’«egoismo» che «si sviluppa socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali, che, logorando in profondità la legalità e la giustizia, colpiscono al cuore la dignità della persona». «Queste organizzazioni offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose», ammonisce il Papa: «Penso al dramma lacerante della droga, sulla quale si lucra in spregio a leggi morali e civili; alla devastazione delle risorse naturali e all’inquinamento in atto; alla tragedia dello sfruttamento del lavoro; penso ai traffici illeciti di denaro come alla speculazione finanziaria, che spesso assume caratteri predatori e nocivi per interi sistemi economici e sociali, esponendo alla povertà milioni di uomini e donne; penso alla prostituzione che ogni giorno miete vittime innocenti, soprattutto tra i più giovani rubando loro il futuro; penso all’abominio del traffico di esseri umani, ai reati e agli abusi contro i minori, alla schiavitù che ancora diffonde il suo orrore in tante parti del mondo, alla tragedia spesso inascoltata dei migranti sui quali si specula indegnamente nell’illegalità».

«L’uomo, però, si può convertire e non bisogna mai disperare della possibilità di cambiare vita», osserva il Papa, augurandosi che il suo sia «un messaggio di fiducia per tutti, anche per coloro che hanno commesso crimini efferati, poiché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva». «Nel contesto ampio della socialità umana, guardando al delitto e alla pena – prosegue il Papa – viene anche da pensare alle condizioni inumane di tante carceri, dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano e viene violato nella sua dignità di uomo, soffocato anche in ogni volontà ed espressione di riscatto». «La Chiesa fa molto in tutti questi ambiti, il più delle volte nel silenzio», fa notare Papa Francesco, esortando e incoraggiando «a fare sempre di più, nella speranza che tali azioni messe in campo da tanti uomini e donne coraggiosi possano essere sempre più sostenute lealmente e onestamente anche dai poteri civili».

La vergogna della fame. «Avidità, superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare»: sono questi gli atteggiamenti che dimostrano come noi «non custodiamo la natura, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura e da mettere a servizio dei fratelli, comprese le generazioni future». È il forte monito del Papa, che torna, per la terza volta in tre giorni, a denunciare la «vergogna della fame nel mondo», che ci porta a domandarci «in che modo usiamo le risorse della terra». «È un dovere cogente che si utilizzino le risorse della terra in modo che tutti siano liberi dalla fame», afferma il Papa. «Le iniziative e le soluzioni possibili sono tante e non si limitano all’aumento della produzione», osserva: «quella attuale è sufficiente, eppure ci sono milioni di persone che soffrono e muoiono di fame e ciò costituisce un vero scandalo». È necessario, allora, «trovare i modi affinché tutti possano beneficiare dei frutti della terra, non soltanto per evitare che si allarghi il divario tra chi più ha e chi deve accontentarsi delle briciole, ma anche e soprattutto per un’esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano». Rispettare il principio della «necessaria destinazione universale dei beni», per il Papa, «è la condizione essenziale» per consentire l’accesso ai «beni essenziali e primari».