Vita Chiesa

Card. Betori, veglia d’Avvento: portare speranza nei deserti del mondo e della vita

«Si trattava però – ha proseguito il Cardinale – di promesse di uomini, spesso rivestite con gli abiti attraenti di un pensiero che aspirava a dare soluzioni definitive agli enigmi umani, ma che poi si è svelato in tutte le pieghe amare e opprimenti di ideologie che ci hanno schiavizzato e hanno condotto ad aberrazioni e disumanità. Le cose non sono andate in modo migliore quando alle sirene ideologiche si sono sostituite altre voci suadenti, che ci volevano e ci vogliono catturare con la mira illusoria di metterci in mano il segreto della vita, così da poterne disporre a nostro piacimento». A questo proposito ha ricordato una «certa presunzione tecnologica che vorrebbe tacitare i richiami del cuore e della ragione» nella presunzione «che basti offrirci il dominio delle cose». «È la cronaca di ogni giorno – ha proseguito ancora Betori -: le guerre che continuano a insanguinare la terra, le libertà negate per troppi, le diseguaglianze sociali che si accrescono invece di diminuire, l’individualismo che erige muri sempre più invalicabili tra le persone, la fatica con cui si trascinano tante vite e la noia che invade non pochi, uno sguardo sempre più basso e sempre più corto che impedisce di andare avanti».

Tutto questo è vero «fin quando ci fermiamo ai nostri orizzonti umani». Ma non è così per «la fiducia e la speranza» che vengono da Dio e che l’Avvento ci invita a contemplare mostrandoci le figure bibliche a partire da Abramo e Sara. E’ una storia di speranza che «non ammette interruzioni» e «che invoca ora che ciascuno di noi assuma il proprio posto fino al ritorno di Cristo alla fine dei tempi, facendo quindi anche del nostro tempo uno spazio di senso illuminato dal dono della speranza». Una speranza che deve farsi anche solidarietà concreta «verso coloro la cui speranza potrebbe vacillare a causa delle avversità della vita: i poveri di sempre accanto a noi, le popolazioni delle Filippine funestate dalla violenza del tornado, per le quali ci impegniamo a un sostegno anche economico».

«Le sfide – ha detto ancora citando l’Evangelii gaudium di Papa Francesco – esistono per essere superate. Siamo realisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la dedizione piena di speranza! Non lasciamoci rubare la forza missionaria!» (n. 109). Un asperanza che va nutrita dalla fede e l’Avvento deve essere appunto «un tempo di crescita nella fede…. Crescendo nella fede saremo anche capaci di donare speranza, prfino nelle circostanze difficili del mondo in cui viviamo». Citando ancora l’esortazione del Papa, il Cardinale ha parlato di «alcuni luoghi si è prodotta una “desertificazione” spirituale, frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio o che distruggono le loro radici cristiane», e di altri in cui «la resistenza violenta al cristianesimo obbliga i cristiani a vivere la loro fede quasi di nascosto». Ma anche «la propria famiglia o il proprio luogo di lavoro possono essere quell’ambiente arido dove si deve conservare la fede e cercare di irradiarla». (Evangelii gaudium, n. 86).

«Le parole del Papa – ha concluso l’Arcivescovo -ci esortano a non intristirci nei nostri problemi, ma farci carico del bisogno di speranza nelle più varie situazioni del mondo, con uno sguardo globale e un cuore aperto, ma al tempo stesso ci invitano a non nascondere il nostro bisogno, i deserti della nostra vita da far rivivere nella speranza, e ad affidarci con fiducia al Signore della storia, al Dio della promessa, certi di incontrare nella nascita di Gesù la risposta alla nostra sete e a quella del mondo».