Vita Chiesa
Papa ad Assisi, Messa: «La pace di Francesco non è un sentimento sdolcinato»
«L’incontro con Gesù lo portò a spogliarsi di una vita agiata e spensierata, per sposare Madonna Povertà e vivere da vero figlio del Padre che è nei cieli», le parole del Papa: «Questa scelta, da parte di san Francesco, rappresentava un modo radicale di imitare Cristo, di rivestirsi di Colui che, da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi per mezzo della sua povertà». «In tutta la vita di Francesco l’amore per i poveri e l’imitazione di Cristo povero sono due elementi uniti in modo inscindibile, le due facce della stessa medaglia», ha assicurato il Papa.
«Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore». È la prima delle tre invocazioni al «poverello di Assisi» che hanno scandito l’omelia della messa celebrata dal Papa nel piazzale della Basilica, e che si è conclusa con la scelta di Papa Francesco di «fare sua» la preghiera di san Francesco per Assisi, per l’Italia, per il mondo. «Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo è facile – ma con la vita?», la domanda d’inizio del Papa, che ha subito risposto: «La prima cosa, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui». «Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce», dal «lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui», la risposta.
«Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare», ha proseguito il Papa riferendosi alla tappa di questo pomeriggio a Santa Chiara. «In quel crocifisso – ha detto – Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte». «Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una ‘nuova creatura’», ha detto il Papa: «Da qui parte tutto: è l’esperienza della grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori», come ci insegna san Paolo.
«La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito!». A smontare in un colpo solo tutti gli stereotipi su san Francesco è stato il Papa, che nell’omelia ha puntualizzato che «la pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi prende su di sé il suo giogo, cioè il suo comandamento: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo con mitezza e umiltà di cuore». La seconda cosa che Francesco ci testimonia è che «chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare». «San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità», ha ammonito, spiegando che «la pace che Francesco ha accolto e vissuto e che ci trasmette» è «quella di Cristo, passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce. È la pace che Gesù Risorto donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro e disse: ‘Pace a voi!, e lo disse mostrando le mani piagate e il costato trafitto». Di qui la seconda invocazione del Papa a Francesco: «Insegnaci ad essere strumenti della pace, della pace che ha la sua sorgente in Dio, la pace che ci ha portato il Signore Gesù».
«Da questa Città della Pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione». È il forte appello lanciato da Papa Francesco, sulla scia dell’esempio del santo di cui porta il nome, nella parte finale dell’omelia della Messa nel piazzale della basilica. «Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, nel mondo», ha proseguito il Papa, che ha citato l’inizio del Cantico delle Creature, dove domina «l’amore per tutta la creazione, per la sua armonia».
«Il Santo d’Assisi – il commento del Papa per la terza caratteristica giudicata peculiare di san Francesco – testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e che l’uomo è chiamato a custodire e proteggere, ma soprattutto testimonia il rispetto e l’amore per ogni essere umano». «L’uomo è chiamato a custodire l’uomo», ha aggiunto a braccio: «L’uomo è al centro della creazione, è nel posto dove Dio l’ha voluto, non è uno strumento degli idoli che noi creiamo». «Dio ha creato il mondo perché sia luogo di crescita nell’armonia e nella pace. L’armonia e la pace! Francesco è stato uomo di armonia e di pace», i concetti su cui ha insistito il Papa, prima di far salire la sua terza invocazione: «Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: ottienici da Dio il dono che in questo nostro mondo ci sia armonia e pace!».
«Non posso dimenticare che oggi l’Italia celebra san Francesco quale suo Patrono». A conclusione dell’omelia, il Papa si è rivolto al nostro Paese, e ha detto a braccio: «Do gli auguri a tutti gli italiani, nella persona del Capo dello Stato, che è qui presente». Poi il riferimento al «tradizionale gesto dell’offerta dell’olio per la lampada votiva, che quest’anno spetta proprio alla regione Umbria», ha ricordato Papa Francesco. «Preghiamo per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide», l’auspicio del Papa, che ha fatto sua la preghiera di san Francesco d’Assisi, per l’Italia, per il mondo, citata nelle Fonti Francescane: «Ti prego, dunque, o Signore Gesù Cristo, padre delle misericordie, di non voler guardare alla nostra ingratitudine, ma di ricordarti sempre della sovrabbondante pietà che in [questa città] hai mostrato, affinché sia sempre il luogo e la dimora di quelli che veramente ti conoscono e glorificano il tuo nome benedetto e gloriosissimo nei secoli dei secoli. Amen».