Vita Chiesa
Papa ad Assisi: «La Chiesa deve spogliarsi della mondanità»
«Oggi chiediamo la grazia, per tutti i cristiani», l’invito finale del primo Papa nella storia della Chiesa che è entrato nel luogo dove san Francesco ha abbandonato i suoi beni terreni: «Ci dia a tutti noi il coraggio dello spogliarsi dello spirito del mondo, che è la lebbra, il cancro della società, il cancro della rivelazione di Dio, è il nemico di Gesù. Che il Signore ci dia la grazia di spogliarci», ha concluso il Papa, chiedendo ancora una volta, come dalla finestra del Serafico, di pregare per lui: «Grazie tanto per l’accoglienza e pregate per me», ha detto.
«La spogliazione di san Francesco ci dice semplicemente quello che insegna il Vangelo: seguire Gesù vuol dire metterlo al primo posto, spogliarci delle tante cose che abbiamo e che soffocano il nostro cuore, rinunciare a noi stessi, prendere la croce e portarla con Gesù. Spogliarsi dell’io orgoglioso e distaccarsi dalla brama di avere, dal denaro, che è un idolo che possiede». È il passo centrale del secondo discorso scritto del Papa ad Assisi, non pronunciato ma consegnato, come il primo, al vescovo. Primo Papa a entrare nella Sala della spoliazione del Vescovado, il luogo dove Francesco si spogliò di tutti i suoi beni terreni, il Papa ha declinato il termine «spoliazione» spiegando cosa esso voglia dire per san Francesco, per tutti noi, per la Chiesa, per la società. «Questo luogo è un luogo speciale, e per questo ho voluto fare una tappa qui, anche se la giornata è molto piena», ha esordito il Papa: «Qui Francesco si spogliò di tutto, davanti a suo padre, al vescovo, e alla gente di Assisi. Fu un gesto profetico, e fu anche un atto di preghiera, un atto di amore e di affidamento al Padre che è nei cieli».
«Con quel gesto Francesco fece la sua scelta: la scelta di essere povero», ha spiegato il Papa nel suo discorso all’arcivescovado. Essere povero, ha proseguito, «non è una scelta sociologica, ideologica, è la scelta di essere come Gesù, di imitare Lui, di seguirlo fino in fondo». «Gesù è Dio che si spoglia della sua gloria», ha detto il Papa citando san Paolo: «Cristo Gesù, che era Dio, spogliò se stesso, svuotò se stesso, e si fece come noi, e in questo abbassamento arrivò fino alla morte di croce». «Gesù è Dio, ma è nato nudo, è stato posto in una mangiatoia, ed è morto nudo e crocifisso», ha ricordato il Papa: «Francesco si è spogliato di ogni cosa, della sua vita mondana, di se stesso, per seguire il suo Signore, Gesù, per essere come Lui. Il Vescovo Guido comprese quel gesto e subito si alzò, abbracciò Francesco e lo coprì col suo mantello, e fu sempre suo aiuto e protettore».
«Tutti siamo chiamati a essere poveri, spogliarci di noi stessi; e per questo dobbiamo imparare a stare con i poveri, condividere con chi è privo del necessario, toccare la carne di Cristo!». È l’invito del Papa a ognuno di noi. «Il cristiano – ha detto nella Sala della spoliazione – non è uno che si riempie la bocca coi poveri, no! È uno che li incontra, che li guarda negli occhi, che li tocca». «Sono qui non per fare notizia – ha puntualizzato – ma per indicare che questa è la via cristiana, quella che ha percorso san Francesco». Poi il Papa ha citato san Bonaventura, parlando della spoliazione di san Francesco, scrive: «Così, dunque, il servitore del Re altissimo fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore». E aggiunge che così Francesco si salvò dal «naufragio del mondo».
«Di che cosa deve spogliarsi la Chiesa?». È la domanda, fatta prima di tutto a se stesso, dal Papa, sulla scorta del gesto sconvolgente e per l’epoca scandaloso di Francesco. La risposta è molto dettagliata e suona come un programma: «Spogliarsi di ogni mondanità spirituale, che è una tentazione per tutti; spogliarsi di ogni azione che non è per Dio, non è di Dio; dalla paura di aprire le porte e di uscire incontro a tutti, specialmente dei più poveri, bisognosi, lontani, senza aspettare; certo non per perdersi nel naufragio del mondo, ma per portare con coraggio la luce di Cristo, la luce del Vangelo, anche nel buio, dove non si vede, dove può succedere di inciampare; spogliarsi della tranquillità apparente che danno le strutture, certamente necessarie e importanti, ma che non devono oscurare mai l’unica vera forza che porta in sé: quella di Dio». «Lui è la nostra forza!», ha esclamato il Papa, secondo il quale la spoliazione della Chiesa significa, in sintesi, «spogliarsi di ciò che non è essenziale, perché il riferimento è Cristo; la Chiesa è di Cristo! Tanti passi, soprattutto in questi decenni, sono stati fatti. Continuiamo su questa strada che è quella di Cristo, quella dei Santi».
«Seguire la via della povertà per salvarsi dal naufragio». È la «spoliazione» declinata per la società, nella parte finale del secondo discorso del viaggio ad Assisi. «Per tutti, anche per la nostra società che dà segni di stanchezza, se vogliamo salvarci dal naufragio – la ricetta del Papa – è necessario seguire la via della povertà, che non è la miseria – questa è da combattere -, ma è il saper condividere, l’essere più solidali con chi è bisognoso, il fidarci più di Dio e meno delle nostre forze umane». Poi Papa Francesco ha citato le parole di monsignor Sorrentino, che poco prima ha ricordato «l’opera di solidarietà del vescovo Nicolini, che ha aiutato centinaia di ebrei nascondendoli nei conventi, e il centro di smistamento segreto era proprio qui, nel vescovado». «Anche questa è spoliazione, che parte sempre dall’amore, dalla misericordia di Dio!», ha esclamato il Papa. «In questo luogo che ci interpella – l’appello finale – vorrei pregare perché ogni cristiano, la Chiesa, ogni uomo e donna di buona volontà, sappia spogliarsi di ciò che non è essenziale per andare incontro a chi è povero e chiede di essere amato. Grazie a tutti!».