Vita Chiesa
Francesco in visita al Centro Astalli: «Accogliere nei conventi vuoti»
«La sua presenza qui con noi è motivo di grande allegria: è un segno concreto dell’amore di Dio per gli ultimi e motivo di consolazione, di speranza». Così padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, ha ricevuto oggi pomeriggio Papa Francesco in visita al Centro per l’accoglienza e il servizio ai richiedenti asilo e rifugiati curato dai geusiti.
«Accogliere i rifugiati ci apre al dialogo con altre culture e altre religioni e ci porta a condividere la speranza di quanti hanno la fortuna di giungere vivi in Italia e in Europa per vivere in pace», ha affermato padre La Manna. I rifugiati, poi, «ci insegnano giorno dopo giorno il significato della fede e della speranza, gli unici bagagli con cui arrivano da noi». Tutti i giorni «nell’incontro con i rifugiati in difficoltà ciascuno di noi sperimenta il limite della propria umanità. Questo ci mette in crisi, ma allo stesso tempo ci mantiene vivi, irrequieti e sollecita la nostra fantasia e intelligenza per ricercare nuove strade per rispondere ai tanti bisogni e difficoltà che vivono le persone che accogliamo». Quindi, padre La Manna ha espresso il desiderio di «vivere con coraggio la sfida di un mondo ancora troppo ingiusto», dove le risorse «sono ingiustamente distribuite». «Desideriamo servire per arrivare a sentirci parte di un’unica comunità, dove nessuno rimane solo, dove nessuno è escluso dalla possibilità di una vita degna e giusta», ha concluso.
«Servire – ha spiegato il Papa nel suo intervento – significa accogliere la persona che arriva, con attenzione; significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione, come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli Apostoli». Servire significa «lavorare a fianco dei più bisognosi, stabilire con loro prima di tutto relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà. Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione». In realtà, ha sottolineato il Pontefice, «i poveri sono anche maestri privilegiati della nostra conoscenza di Dio; la loro fragilità e semplicità smascherano i nostri egoismi, le nostre false sicurezze, le nostre pretese di autosufficienza e ci guidano all’esperienza della vicinanza e della tenerezza di Dio, a ricevere nella nostra vita il suo amore, la sua misericordia di Padre che, con discrezione e paziente fiducia, si prende cura di noi, di tutti noi».
«In questi anni, il Centro Astalli ha fatto un cammino. All’inizio offriva servizi di prima accoglienza: una mensa, un posto-letto, un aiuto legale. Poi ha imparato ad accompagnare le persone nella ricerca del lavoro e nell’inserimento sociale. E quindi ha proposto anche attività culturali, per contribuire a far crescere una cultura dell’accoglienza, dell’incontro e della solidarietà, a partire dalla tutela dei diritti umani», ha ricordato ancora il Papa. «La sola accoglienza non basta – ha chiarito -. Non basta dare un panino se non è accompagnato dalla possibilità d’imparare a camminare con le proprie gambe. La carità che lascia il povero così com’è non è sufficiente. La misericordia vera, quella che Dio ci dona e ci insegna, chiede la giustizia, chiede che il povero trovi la strada per non essere più tale». «Chiede – e lo chiede a noi Chiesa, a noi città di Roma, alle istituzioni – che nessuno debba più avere bisogno di una mensa, di un alloggio di fortuna, di un servizio di assistenza legale per vedere riconosciuto il proprio diritto a vivere e a lavorare, a essere pienamente persona», ha aggiunto il Santo Padre.
«Servire, accompagnare vuol dire anche difendere, vuol dire mettersi dalla parte di chi è più debole. Quante volte leviamo la voce per difendere i nostri diritti, ma quante volte siamo indifferenti verso i diritti degli altri!». «Per tutta la Chiesa – ha affermato, ancora il Papa – è importante che l’accoglienza del povero e la promozione della giustizia non vengano affidate solo a degli ‘specialisti’, ma siano un’attenzione di tutta la pastorale, della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi, dell’impegno normale di tutte le parrocchie, i movimenti e le aggregazioni ecclesiali».
In particolare il Pontefice ha invitato anche gli Istituti religiosi «a leggere seriamente e con responsabilità questo segno dei tempi. Il Signore chiama a vivere con più coraggio e generosità l’accoglienza nelle comunità, nelle case, nei conventi vuoti… Certo non è qualcosa di semplice, ci vogliono criterio, responsabilità, ma ci vuole anche coraggio. Facciamo tanto, forse siamo chiamati a fare di più, accogliendo e condividendo con decisione ciò che la Provvidenza ci ha donato per servire. Superare la tentazione della mondanità spirituale per essere vicini alle persone semplici e soprattutto agli ultimi. Abbiamo bisogno di comunità solidali che vivano l’amore in modo concreto!».