Vita Chiesa

Gmg, Francesco ai consacrati: «Promuovere la cultura dell’incontro»

“Essere servitori della comunione e della cultura dell’incontro”, l’invito del Papa, secondo il quale “dovremmo essere quasi ossessivi in questo senso”. “Non vogliamo essere presuntuosi, imponendo le nostre verità”, ha puntualizzato però Papa Francesco, ricordando ai vescovi che “ciò che ci guida è l’umile e felice certezza di chi è stato trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla”. Il “modello” additato dal Papa è quello di Maria, “la stella che guida con sicurezza i nostri passi incontro al Signore”, perché nella sua vita – come si legge nella “Lumen Gentium” – ha dato “l’esempio di quell’affetto materno che dovrebbe ispirare tutti quelli che cooperano nella missione apostolica che ha la Chiesa di rigenerare gli uomini”. “Quando siamo un po’ distratti, chiediamo aiuto alla Madre – ha aggiunto a braccio – per andare incontro alle periferie, dove c’è tanta sete di Dio e non c’è nessuno che annunci. Chiediamo a Maria che ci spinga ad uscire da casa, è così che siamo discepoli del Signore”.

“Purtroppo, in molti ambienti – la denuncia del Papa – si è fatta strada una cultura dell’esclusione, una cultura dello scarto. Non c’è posto né per l’anziano né per il figlio non voluto; non c’è tempo per fermarsi con quel povero sul bordo della strada. A volte sembra che per alcuni i rapporti umani siano regolati da due dogmi moderni: efficienza e pragmatismo”. “Abbiate il coraggio di andare controcorrente”, l’esortazione del Papa ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e ai seminaristi: “Non rinunciamo a questo dono di Dio: l’unica famiglia umana dei suoi figli. L’incontro e l’accoglienza di tutti, la solidarietà e la fraternità, sono gli elementi che rendono la nostra civiltà veramente umana”.

“Non è la creatività pastorale, non sono gli incontri o le pianificazioni che assicurano i frutti, ma l’essere fedeli a Gesù, che ci dice con insistenza: ‘Rimanete in me e io in voi’”. Papa Francesco ha citato più volte il Vangelo di Giovanni, all’inizio della sua omelia, incentrata su “tre aspetti della nostra vocazione: chiamati da Dio; chiamati ad annunciare il Vangelo; chiamati a promuovere la cultura dell’incontro”. “Siamo qui per lodare il Signore, e lo facciamo riaffermando la nostra volontà di essere suoi strumenti affinché non solo alcuni popoli lodino Dio, ma tutti”, ha esordito il Papa: “Con la stessa parresia di Paolo e Barnaba annunciamo il Vangelo ai nostri giovani, perché incontrino Cristo, luce per il cammino, e diventino costruttori di un mondo più fraterno”. È la “vita in Cristo”, ha puntualizzato il Santo Padre, “ciò che garantisce la nostra efficacia apostolica, la fecondità del nostro servizio”. “Il rimanere con Cristo non è isolarsi, ma è un rimanere per andare all’incontro con gli altri”, ha spiegato raccomandando la “fedeltà alla vita di preghiera, nel nostro incontro quotidiano con Lui presente nell’Eucaristia e nelle persone più bisognose”. L’esempio da seguire è quello di Madre Teresa di Calcutta, secondo la quale è nelle “favelas”, nelle “villas miseria”, che “si deve andare a cercare e servire Cristo”. (segue)

“Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità, quando tante persone sono in attesa del Vangelo”, ha ammonito il Papa, che ha precisato: “Non è semplicemente aprire la porta per accogliere, ma è uscire dalla porta per cercare e incontrare”. Di qui l’invito centrale: “Con coraggio pensiamo alla pastorale partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia”. “Aiutiamo i giovani a rendersi conto che essere discepoli missionari è una conseguenza dell’essere battezzati, è parte essenziale dell’essere cristiani, e che il primo luogo in cui evangelizzare è la propria casa, l’ambiente di studio o di lavoro, la famiglia e gli amici”, la consegna del Papa ai vescovi. “Non risparmiamo le nostre forze nella formazione dei giovani”, ha esclamato il Papa riferendosi al tema della Gmg: “Aiutiamo i nostri giovani a riscoprire il coraggio e la gioia della fede, la gioia di essere amati personalmente da Dio. Educhiamoli alla missione, ad uscire, ad andare. Gesù ha fatto così con i suoi discepoli: non li ha tenuti attaccati a sé come una chioccia con i suoi pulcini: li ha inviati”.

“Dio vuole che siamo missionari dove siamo”, “Gesù è il nostro tesoro, per favore non lo buttiamo via dalla nostra vita!”. Sono alcune delle aggiunte a braccio fatte da Papa Francesco nella Messa di stamattina nella cattedrale di Rio, a cui hanno partecipato i consacrati presenti alla Gmg: 650 vescovi, 700 diaconi, 9mila religiosi, 7mila seminaristi, 11mila preti, oltre a quelli non iscritti, ha detto il vescovo di Rio, monsignor Orani João Tempesta, salutando il Papa al suo ingresso. Gran parte dei fuori testo, oltre a quelli finali sulla figura di Maria, il Papa li ha dedicati ai giovani: “Aiutiamo i giovani – ha esortato – sentiamoci vicini ai loro orecchi per ascoltare le loro difficoltà”. “Sappiamo prendere tempo per loro, stanca tanto ma è molto importante”, ha detto il Papa raccomandando ai consacrati “la pazienza di ascoltare” i giovani “nel confessionale, nella direzione spirituale”. “Educhiamoli alla missione, ad uscire, ad andare, a stare sulle strade della fede”, ha aggiunto, invitando a far sentire ai giovani “la gioia di essere amati personalmente da Dio”: “Com’è difficile, ma quando un giovane sente questo va avanti!”, ha commentato. “Spingiamo i giovani perché escano”, ha esclamato il Papa nella parte più applaudita dell’omelia, in cui ha esortato ad uscire dalle parrocchie e a pensare alla pastorale “partendo dalla periferia”, dai lontani.