Vita Chiesa

Müller: Da Benedetto a Francesco, due papi, la stessa fede

L’incontro fiorentino, al Convitto della Calza, era stato fissato prima della rinuncia di Benedetto XVI, nell’ambito di un ciclo che aveva già visto la presentazione dei primi due volumi su «Gesù di Nazaret». Alla luce degli avvenimenti di questi mesi, però, è diventato anche l’occasione per una riflessione sul Magistero di Benedetto XVI.

Dal giorno del suo saluto, non abbiamo più sentito la voce di Papa Benedetto. Ma le sue parole e i suoi insegnamenti  sono ancora validi…

«Ratzinger non è stato professore da un lato e vescovo e papa dall’altro: c’è stata una sintesi in lui. Ogni papa esercita il suo ministero secondo la propria personalità: Papa Benedetto ha avuto il carisma di istruire, di insegnare  la fede. E le parole che abbiamo ascoltato da lui, e che possiamo continuare a leggere, non sono una fredda riflessione su alcuni temi di scienza teologica, sono le parole di un maestro che parla dal cuore e si rivolge ai cuori degli uomini, con un linguaggio semplice ma non semplicistico. Un “Dottore della Chiesa”: non tutti i secoli hanno un personaggio di questa statura nella riflessione teologica,  dalla più profonda meditazione alla più alta riflessione. Abbiamo nella sua opera come un tesoro, una ricchezza di spiegazione e presentazione della fede cristiana per il nostro tempo e anche per i tempi futuri. Possiamo leggere i grandi Padri della Chiesa, i grandi teologi, ma tutti portano con sé il segno dei loro tempi. Con Papa Benedetto XVI Dio ci ha fatto un grande regalo,  perché Joseph Ratzinger ha presentato tutta la teologia cattolica nel linguaggio dell’uomo di oggi. Dice le stesse cose dei Padri della Chiesa, ma in maniera rispondente al pensiero di oggi e dopo aver studiato il metodo storico, la filosofia moderna, il secolarismo, il nichilismo, il materialismo, la dittatura del relativismo, l’assenza  della trascendenza, le grandi ideologie politiche; e poi il distacco dalla cultura cristiana tradizionale, la mentalità dell’uomo postmoderno, il suo disorientamento…».

Quale messaggio ha portato Benedetto XVI nel suo dialogo con questa cultura?

«La cultura di oggi ha sofferto per un’interpretazione molto superficiale dell’esistenza umana. Restano sempre presenti le grandi domande di cui parla il Concilio Vaticano II: da dove veniamo, dove andiamo, qual è il senso profondo della vita, il senso delle sofferenze che accadono nella vita di tutti gli uomini, il senso del lavoro, del vivere insieme, della famiglia, della comunità delle persone, della comunità delle nazioni. Noi  siamo convinti, come i nostri predecessori, che solo Dio può dare una risposta adeguata all’esistenza dell’uomo. Dio non è solo un concetto, una teoria come nel panteismo, nel deismo o in altre concezioni del passato. Dio è una persona, Uno e Trino, Dio è amore e fa parte della nostra esistenza umana; Gesù è il Figlio di Dio, si è fatto uomo, è vissuto e vive con noi. Tutto questo possiamo vederlo, meditarlo, studiarlo nella Bibbia, nella grande Tradizione della Chiesa, nell’arte cristiana ma anche nelle vicende della vita quotidiana perché siamo convinti che anche le persone sono raffigurazioni di Gesù Cristo: in ogni persona, soprattutto in chi ha fame, sete, in chi soffre possiamo vedere Cristo stesso. Questo è la conseguenza della Incarnazione di Gesù: Dio è al centro della storia e del nostro cuore, noi stessi siamo tempio dello Spirito Santo vivendo alla sequela di Gesù Cristo».

Non sempre però noi cristiani ci mostriamo consapevoli di tutto questo…

«Oggi tanti si dichiarano cristiani ma non lo sono nel pensare, nell’agire, nella speranza che spesso è limitata a questo piccolo spazio e tempo della vita terrena. Oggi ci sono tante persone che, arrivate  a sessanta – settant’ anni, si chiedono quale senso abbia  la loro vita. Solo con la fede, con la speranza, con l’amore in Gesù Cristo possiamo realizzare la nostra vita in tutte le sue fasi – bambino, giovane, adulto, anziano –  e accettare anche le sofferenze e la morte. Come dice sempre Papa Ratzinger: la morte è l’ultimo esame nel quale si condensa la vita. La cultura cristiana è la cultura della speranza, della gioia. “La gioia” è un’espressione tipica di Papa Ratzinger e che tante volte abbiamo sentito nella sua pronuncia tedesca: la “cioia”. Quella parola rimane il suo emblema».

Con Papa Francesco c’è uno stile diverso, ma i contenuti della fede restano gli stessi…

«Io dico sempre: abbiamo un nuovo papa ma non una nuova dottrina. Ogni papa deve compiere la propria missione con il suo stile, la sua storia, le esperienze che ha fatto nella sua vita: Papa Ratzinger veniva da una cattedra universitaria, dalla grande tradizione della teologia a livello accademico della Germania. Papa Francesco è anche uno che insegna la dottrina; ma con uno stile diverso: che non è quello della riflessione accademica ma quello della pastorale quotidiana tra la gente; che è sempre centrata però nella medesima base, nella Parola di Dio, nella Tradizione e nel Magistero della Chiesa».

Qualcuno parla della possibilità di riforme nella Chiesa…

«La vera riforma sarebbe questa: far sì che tutti i cattolici partecipino ogni domenica alla Messa, frequentino il Sacramento della Confessione, si occupino dell’educazione cristiana dei loro figli… Questo sarebbe il Rinascimento del cristianesimo nei nostri cuori e anche nel nostro atteggiamento e nei comportamenti sociali. Il Rinascimento non è solo uno stile dell’arte, che ho potuto apprezzare qui a Firenze, ma anche un’idea cristiana, quella della rinascita a una nuova vita. Anche la Nuova evangelizzazione è in un certo senso un Rinascimento del cristianesimo»”.

Nel recente Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione l’arcivescovo di Firenze, il Cardinale Betori, ha parlato proprio della cultura, dell’arte, della bellezza come via per trasmettere la fede. Nelle ore che ha trascorso a Firenze, visitando la Cattedrale e le altre chiese, che impressione ha avuto?

«In Italia, in Toscana, a Firenze in particolare è presente una lunghissima storia del cristianesimo e tutta la cultura, l’arte, l’architettura lo dimostrano. Si tratta di una storia viva: tutti i contenuti rappresentati nella pittura, nella scultura, nell’architettura, nella letteratura – basti pensare alla poesia di Dante Alighieri – non sono solamente una testimonianza del passato: noi oggi abbiamo gli stessi contenuti di fede, lo stesso “Credo”, la stessa Bibbia. L’arte fiorentina è un’ottima catechesi in vista della Nuova evangelizzazione: permette di vedere e di gustare con i sensi le verità della fede».