Vita Chiesa
Gli otto ulivi del Getsemani hanno una storia da raccontare
La profonda motivazione all’origine del progetto «Hortus Gethsemani: La memoria di un ambiente» sta in una frase: «Testimonia il Getsemani che ancora pare additi Giuda agli occhi della mente» (Cirillo di Gerusalemme).
Il progetto è stato sostenuto finanziariamente anche grazie all’iniziativa «Adottiamo gli Ulivi del Getsemani» della Confederazione produttori agricoli (Copagri), organizzazione professionale che comprende fra i suoi iscritti gran parte degli olivicoltori italiani.
Le attività della ricerca scientifica, coordinate da Antonio Cimato del Cnr, hanno avuto per oggetto gli otto ulivi storici del Giardino del Getsemani. Perciò, esse si sono svolte a Gerusalemme, nello stesso Giardino del Getsemani, ma anche a Taybeh (l’antica Efraim), villaggio cristiano situato a circa 25 km a nord-est di Gerusalemme, dove è stato estratto l’olio delle olive raccolte dalle sole otto piante oggetto delle indagini; mentre si sono svolte in Italia le attività di ricerca vera e propria, salvo il ricorso anche a un laboratorio internazionale di Vienna per gli esami al radiocarbonio.
Oltre alla fondamentale collaborazione della Custodia di Terra Santa e, in particolare, della comunità dei frati francescani «custodi» degli ulivi sacri, prezioso è stato il supporto logistico e la partecipazione attiva ai sopralluoghi nel Giardino del Getsemani di don Raed Abusahlia, parroco del Convento Latino di Taybeh negli anni della ricerca e presidente della «Olive Branch Foundation» di Gerusalemme.
Gli studi scientifici sono proseguiti successivamente con l’analisi delle olive e del relativo olio (prodotto nel frantoio di Taybeh, dono della Conferenza episcopale italiana). I campioni prelevati sono stati trasferiti a Firenze e consegnati ai ricercatori.
La ricerca che è stata condotta ha fornito esiti certamente di enorme interesse scientifico ed ha in sé dei risvolti pratici importanti per la conservazione di queste piante. Tuttavia, l’osservazione diretta è più che sufficiente a constatare il grave stato di deperimento, soprattutto di alcuni degli alberi. Non è difficile immaginare che questi ulivi, così come li vediamo oggi, se lasciati a se stessi, siano inevitabilmente destinati alla scomparsa in tempi brevi. Perciò, il nostro impegno, intendo di tutti, deve essere quello di adoperarci affinché le indagini avviate possano continuare per approfondire la conoscenza scientifica di queste straordinarie piante; non sia lasciata disattesa la proposta degli studiosi, che fin qui hanno gratuitamente svolto il lavoro di ricerca, per la formulazione e la realizzazione di un «Piano di interventi agronomici e di tecniche colturali conservative» tale da assicurare la rivitalizzazione vegetativa delle otto piante e una loro illimitata conservazione; ed anche il miglioramento e il mantenimento di condizioni di coltura ottimali per gli ulivi dell’intero «Podere francescano del Getsemani».
Il progetto di ricerca scientifica dovrebbe costituire una opportunità anche per far conoscere, quasi fosse un testo sacro, «l’esegesi e la teologia» che gli ulivi del Giardino del Getsemani rappresentano. Occorre riscoprire e approfondire le conoscenze sugli eventi che si svolsero nell’«Ora dell’Agonia» di Cristo e tornare a meditare sulla «centralità» del Getsemani nella storia della salvezza dell’Umanità.
Infine questo studio deve costituire il «pretesto» per riscoprire e vitalizzare, oltre che gli alberi, la devozione del Getsemani, a quel Cristo agonizzante che volontariamente decise di accettare la Passione per salvare l’uomo; per non lasciarlo solo, per non abbandonarlo nella prova per la redenzione che continua anche oggi, come scriveva Pascal: «Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo. Durante questo tempo non si deve dormire» (Blaise Pascal).
*Coordinatore dei progetti di cooperazione per la Terra Santa dell’associazione Coltiviamo la pace
Alberi millenari nati da una unica «pianta madre»
Le otto piante di ulivo custodite nel «Giardino del Getsemani» di Gerusalemme risalgono al XII secolo. Il profilo genetico simile fa ipotizzare che tutte le piante siano state generate per pollone prelevato da un’unica pianta madre, evidentemente più antica. Sono questi i risultati del progetto «La memoria di un ambiente: il giardino del Getsemani». L’indagine, compiuta con i più moderni metodi scientifici, ha evidenziato che si tratta, nonostante l’età, di piante sane e in grado di produrre un olio di buona qualità, sia dal punto di vista nutrizionale che da quello del gusto che risulta «armonioso e fruttato» e che avrebbe anche le caratteristiche per essere commercializzato.