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Myanmar, appello dei vescovi all’esercito perché siano rilasciati i prigionieri

“La pace è possibile. La pace è l’unica via e la democrazia è la luce che illumina questo percorso”. Si conclude così un lungo messaggio scritto oggi dal cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, presidente dei vescovi del Myanmar e della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche.

“La pace è possibile. La pace è l’unica via e la democrazia è la luce che illumina questo percorso”. Si conclude così un lungo messaggio scritto oggi dal cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, presidente dei vescovi del Myanmar e della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche. Nel messaggio – giunto oggi al Sir – il cardinale si rivolge a tutti: al “caro” popolo del Myanmar, al “Tatmadaw Kyi”, l’esercito birmano che il primo febbraio scorso ha preso il potere gettando il Paese nell’incertezza e nella paura, ai leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld), ad Aung San Suu Kyi e al presidente della Repubblica, Win Myint, alla comunità internazionale. “Stiamo attraversando il periodo più difficile della nostra storia. Scrivo con amore, rivolgendomi a tutti, alla ricerca di una soluzione duratura e pregando perché finisca per sempre l’oscurità che avvolge la nostra cara nazione”. Al popolo del Myanmar, il cardinale rivolge un appello accorato alla calma: “State calmi, non cadete mai vittime della violenza. Abbiamo versato abbastanza sangue. Non sia più versato sangue in questa terra. Anche in questo momento così difficile, credo che la pace sia l’unico modo, che la pace sia possibile. Ci sono sempre modi non violenti per esprimere le nostre proteste”. L’arcivescovo si rivolge anche all’esercito birmano: “La democrazia era il filo di speranza per risolvere i problemi di questo paese un tempo ricco. In milioni hanno votato per la democrazia. La nostra gente crede nel trasferimento pacifico del potere”. Facendo quindi riferimento alle accuse di frodi che secondo i militari ci sarebbero state durante le elezioni legislative dello scorso novembre, il cardinale scrive: “Le accuse di irregolarità di voto avrebbero potuto essere risolte attraverso il dialogo, alla presenza di osservatori neutrali. Si è persa una grande opportunità. Molti leader del mondo hanno condannato e condanneranno questa mossa scioccante”. “Ancora una volta vi supplico: non ci sia violenza contro il nostro caro popolo del Myanmar”. Poi il pensiero dell’arcivescovo va a tutte le persone in arresto: “Purtroppo, i rappresentanti eletti del nostro popolo che appartengono alla Nld sono agli arresti. Ci sono anche molti scrittori, attivisti e giovani. Vi esorto a rispettare i loro diritti e a rilasciarli al più presto. Non sono prigionieri di guerra; sono prigionieri di un processo democratico. Se prometti democrazia, inizia con la loro liberazione e il mondo ti capirà”. Il messaggio rivolge poi parole di solidarietà ed affetto ad Aung San Suu Kyi: “Hai vissuto per il nostro popolo, hai sacrificato la tua vita. Sarai sempre la voce della nostra gente”. “Prego che tu possa camminare ancora una volta tra la tua gente, sollevando il loro spirito”. L’ultimo appello viene rivolto alla comunità internazionale: “Le sanzioni rischiano di far crollare l’economia, gettando milioni nella povertà”. L’arcivescovo indica una via: “Coinvolgere gli attori nella riconciliazione è l’unico percorso”. “Risolviamo tutte le controversie attraverso il dialogo”.