Vita Chiesa

Benedetto XVI: «Non mi sono mai sentito solo»

Per me momenti di gioia ma anche non facili. «Il Signore mi ha veramente guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili». Questa la confidenza fatta da Benedetto XVI nel corso dell’udienza generale, l’ultima del suo pontificato (testo integrale). Il papa, facendo riferimento a Pietro e all’episodio evangelico della barca degli apostoli sul lago di Galilea, ha aggiunto: «il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua e non la lascia affondare».

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In questo momento c’è in me grande fiducia. Il Papa ha voluto rivolgere in questa occasione un «grazie» alla Chiesa, dai suoi più stretti collaboratori fino al singolo fedele e un messaggio di speranza nella forza del Vangelo. Una «premessa» che ha voluto spiegare, ancora una volta, il perché della sua scelta di lasciare il pontificato. «In questo momento – ha detto il papa – il mio animo si allarga per abbracciare tutta la Chiesa sparsa nel mondo; rendo grazie a Dio per le ‘notizie’ che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo e la carità che circola nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore». Il papa ha poi detto: «in questo momento c’è in me una grande fiducia perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il angelo purifica e rinnova, porta frutto».

Non mi sono mai sentito solo nel portare peso mio ministero. «Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano» e che possa «ringraziare per il dono della fede». Il papa ha voluto ringraziare Dio per averlo chiamato a guidare la Chiesa universale e le persone che lo hanno aiutato e sostenuto in tutti questi anni. “Un papa – ha poi aggiunto – non e solo nella guida della barca di Pietro, anche se è sua la prima responsabilità; e io non mi sono mai sentito solo per portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine». Il papa ha voluto, quindi, salutare e ringraziare i cardinali, i collaboratori, ad iniziare dal segretario di Stato che, ha detto, «mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni», e «l’intera Curia Romana». «Sono tanti volti che – ha detto – non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile». Ma un «pensiero speciale» lo ha vouto rivolgere alla Chiesa di Roma, «ma mia Diocesi», ha detto.

La Chiesa non è un’organizzazione o un’associazione. La Chiesa «non è un’organizzazione o un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma è un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che unisce tutti», ha detto ancora  Benedetto XVI nel corso della udienza generale. Il pontefice ha, quindi, invitato tutti a «sperimentare» questa verità di fede per poter «toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore” soprattutto in un momento nel quale, ha aggiunto, «tanti parlano del suo declino ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!».

Amare la Chiesa è anche coraggio di fare scelte difficili. «Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti i bene della Chiesa e non se stessi». In un passaggio del suo discorso, il papa è, quindi, tornato a spiegare i motivi della sua rinuncia tornando a dire di aver sentito che «in questi ultimi mesi le forze erano diminuite. Ho chiesto a Dio – ha aggiunto – con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene ma per il bene della Chiesa». Un passo compiuto «nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo».

Pregate per cardinali elettori e per mio successore. «Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio e soprattutto di pregare per i cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito».

Non torno a vita privata e non abbandono la croce. Il papa, anche se rinuncia al suo ministero, è «impegnato sempre e per sempre dal Signore», mentre chi assume il ministero petrino sa «di non avere più alcuna privacy». Per questo, anche dopo il 28 febbraio, il papa continuerà ad appartenere «sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa». Il papa ha, quindi, spiegato che il «sempre è anche un ‘per sempre’ e non c’è più un ritornare al privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata – ha spiegato – a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore crocifisso. Non porto più la potestà dell’ufficio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di San Pietro».

Il «grazie» finale. «Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante», ha detto Benedetto XVI concludendo il suo discorso in San Pietro per l’udienza generale. «Io – ha aggiunto – continuerò ad accompagnare i cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che voglio vivere sempre».

Il nuovo tweet. Papa Benedetto XVI, al termine dell’udienza generale e dell’incontro con i fedeli in piazza San Pietro, ha voluto lanciare un nuovo tweet. «Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano, di essere amato da Dio che ha dato suo Figlio per noi», sono state le sue parole che hanno così ricalcato uno dei concetti espressi nel suo incontro di stamane. Un account in nove lingue e che ha ormai raggiunto i 3 milioni di follower, quello del papa, ha spiegato mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, secondo quanto riferisce la Radio Vaticana, che «resterà sospeso per tutto il periodo della Sede vacante» e, dunque, dalla fine del Pontificato di Benedetto XVI, domani 28 febbraio alle 20.00, e fino all’elezione del nuovo Pontefice. «Quest’ultimo – ha precisato mons. Tighe – ne farà l’uso che ritiene opportuno».

Otto anni in un abbraccio

Un fiume in piena: 150mila fedeli. Quella di oggi è l’udienza n. 348 del Pontificato, durante le quali il Papa ha incontrato più di 5 milioni di fedeli. La catechesi contrappuntata da 14 lunghi applausi. Una mamma si china sul suo bambino: «Lo sai che oggi stai entrando nella storia?». «Benedetto XVI, ci mancherai», recita uno degli innumerevoli striscioni che colorano, insieme alle bandiere, la piazza

Otto anni in meno di due ore. Rivivere un pontificato già entrato nella storia nell’abbraccio di una piazza. La normalità di un congedo straordinario. Sono le 10.30, un fiume di gente arrivata da ogni parte d’Italia e dal mondo si prepara a salutare il suo Papa. Benedetto XVI fa il suo ingresso con qualche minuto di ritardo, protrae per l’occasione il consueto giro della piazza con la Papamobile tra gli applausi e i cori festosi, «Viva il Papa!», «Benedetto». Un’udienza speciale, quella di oggi, che si svolge sul sagrato invece che nell’Aula Paolo VI, teatro abituale delle udienze invernali. Unica eccezione – oltre alla Messa delle Ceneri celebrata per la prima volta nella basilica di San Pietro – allo snodarsi ordinario di una Quaresima che si è aperta con un Pontefice ma che culminerà in una Pasqua i cui riti saranno presieduti dal suo successore al soglio di Pietro.

Quello che si respira, nella piazza dove oggi sono puntati i riflettori del mondo, è simile alla sensazione che chiunque di noi ha provato, almeno una volta, nell’accomiatarsi da una persona cara all’improvviso, vale a dire troppo presto. La si vorrebbe trattenere, ma non si può. Così, si cerca di vivere fino in fondo, di godere di ogni attimo della sua presenza. Il più possibile. Come nel Vangelo della Trasfigurazione, citato dal Papa solo tre giorni fa, dalla finestra del Palazzo Apostolico. «È bello per noi essere qui». Le parole di Pietro a Gesù diventano le nostre.

La folla è davvero immensa, la piazza non basta a contenerla. Oltre 150mila persone, la stima ufficiale, ma sino alla fine dell’appuntamento del mercoledì, via della Conciliazione si trasforma in una processione interminabile di volti. Un fiume in piena. Il primo dei quattordici applausi che scandiranno la catechesi arriva all’inizio, quando il Papa ringrazia i fedeli aggiungendo, a braccio e quasi per fermare l’applauso nato spontaneo tra la folla, «Grazie di cuore, sono veramente commosso, vedo che la Chiesa è viva». La Chiesa è un «noi», ci ricordava Benedetto XVI nell’omelia della Messa delle Ceneri. Ed è questo il concetto che il Papa ha scelto anche oggi per descrivere la piazza, in uno dei passaggi più applauditi della catechesi: «Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, non un’associazione per fini religiosi e umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino». «Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi», ha aggiunto il Papa fuori testo.

«La Chiesa è viva!». È stata una delle prime esclamazioni di Benedetto XVI. L’ha pronunciata il 24 aprile di otto anni fa, nella sua prima Messa da Papa. Mai come oggi questa piazza sembra dimostrarlo. Chi è qui, ha già scelto tra «l’io e Dio». Glielo ha insegnato un Papa che, a leggere in profondità, non ha fatto altro che declinare da par suo – nelle sue infinite e ricche sfumature, offrendo ogni volta una «summa» della fede – un unico grande discorso: portare Dio agli uomini e gli uomini a Dio, rendere presente Cristo in questo mondo e mostrare al mondo che, con Lui o senza di Lui, cambia tutto. E ritornano ancora una volta alla mente le parole di quel 24 aprile: «Non devo presentare un programma di governo: il mio vero programma di governo è mettermi in ascolto, con tutta la Chiesa, della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, perché sia Lui a guidare la Chiesa in questa ora della storia». Rilette oggi, queste parole suonano di sorprendente attualità, soprattutto se incrociate con le motivazioni della rinuncia al soglio di Pietro, spiegate ancora una volta oggi ai fedeli con sobria semplicità, ma con toni ancora più intimi. «Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi». Assumere il ruolo di successore di Pietro significa non avere più una vita privata, quasi confessa il Papa, «appartiene sempre e totalmente a tutti». Da domani sera, quindi, il Papa non ritorna al clamore del mondo, alla vita privata: «Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso», spiega ancora tra gli applausi, definendo questa scelta un restare, grazie alla preghiera, nel recinto di Pietro.

Un Papa è per sempre, continueremo a chiamarlo «Sua Santità». Il Papa non è solo, non si è mai sentito solo, ripete Benedetto XVI tra gli applausi: ho voluto bene a tutti e a ciascuno, con il cuore di un padre che si allarga al mondo intero. «Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore». L’applauso che ha salutato questo passaggio della catechesi è forse la testimonianza più eloquente dell’amore senza confini di un successore al soglio di Pietro per il suo popolo. Una mamma si china sul suo bambino: «Lo sai che oggi stai entrando nella storia?». «Benedetto XVI, ci mancherai», recita uno degli innumerevoli striscioni che colorano, insieme alle bandiere, la piazza.

L’abbandono sereno, fiducioso e gioioso alla volontà del Padre è una delle cifre di questo pontificato. «Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili», il congedo del Papa dalla piazza: «Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo». Quella di oggi è l’udienza n. 348 del Pontificato, durante le quali il Papa ha incontrato più di 5 milioni di fedeli. Le udienze del mercoledì sono state uno splendido esempio di questo sapiente esercizio di ascolto che un Papa teologo, ingiustamente e riduttivamente ingabbiato in un cliché mediatico d’intellettuale rigido e distaccato, ha saputo esercitare grazie alla capacità di entrare nel cuore della gente. I grandi media, spesso, non lo hanno capito: ma per chi, in questi otto anni, ha avuto il privilegio di poter fare un’informazione pensata e non gridata, non alla ricerca dello «scoop» a tutti i costi ma rispettosa del pensiero del Santo Padre, l’appuntamento del mercoledì con Joseph Ratzinger è stato sempre una boccata d’ossigeno. La notizia c’era sempre. A dettarne il titolo, il distillato del magistero di un Papa che ha saputo sempre andare all’essenziale. «Gründlich», si dice in tedesco con un’espressione quasi intraducibile in italiano, ma che ha a che fare con il dono di andare fino in fondo, perché alla base di ogni scelta – fatta sempre al cospetto di Dio e interrogando nel profondo la propria coscienza – c’è la roccia della fede che non delude. Altro che fuga, altro che abbandono… Il Papa come san Benedetto, ci ha mostrato «la via per una vita che, attiva o passiva, appartiene totalmente a Dio». E la piazza, la sua gente, lo applaude ancora una volta: «Grazie, Padre Santo. Ad multos annos».

M.Michela Nicolais