Vita Chiesa
Conclave: mons. Arrieta, «Nessuno può proibire ad un cardinale di partecipare»
«Nessuno può proibire ad un cardinale di partecipare», anzi «persino un cardinale scomunicato ha diritto di voto». Lo ha detto monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, che nel briefing di oggi ha ricordato che nell’«Universi dominici Gregis», per tutelare la «libertà» dei cardinali ed «escludere ogni intervento» nell’elezione del nuovo Pontefice è prevista la scomunica «latae sententiae» per chi riceve, «sotto qualunque pretesto, a qualsivoglia autorità civile», l’incarico di porre il veto, «anche sotto forma di semplice desiderio».
Proibizione, questa, «estesa a tutte le possibili interferenze, opposizioni, desideri, con cui autorità secolari di qualsiasi ordine e grado, o qualsiasi gruppo umano o singole persone volessero ingerire nell’elezione del Pontefice». «I cardinali – ha commentato mons. Arrieta – devono venire tutti in virtù della santa obbedienza. Anzi, se qualcuno non vuole venire, costui è punibile».
Per i cardinali, dunque, «c’è l’obbligo di partecipazione» al Conclave, non esiste un «quorum» per la validità delle votazioni: «Nelle procedure di scrutinio – ha ricordato – si va alla conta dei voti, che deve coincidere con il numero dei presenti. Non è prevista l’astensione».
Secondo quanto stabilisce l’«Universi dominici gregis», per l’elezione del nuovo Papa serve la maggioranza qualificata dei due terzi (non la maggioranza assoluta, cinquanta per cento più uno) che diventa dei due terzi più uno se il numero dei voti non è perfettamente divisibile per tre.
Ci sono state delle rinunce di cardinali? A questa domanda ha risposto padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, che ha ricordato come finora c’è stata solo la richiesta del cardinale arcivescovo di Giacarta, Julius Riyadi Darmaatmadja, che «ha presentato difficoltà per motivi di salute», ma «la valutazione va fatta dal Collegio cardinalizio», cui «spetta di certificare se tale richiesta sia giustificata o meno», ed eventualmente poi di formalizzarla, come ha confermato anche monsignor Arrieta.
Ad una domanda su quali siano le norme previste per la violazione del segreto, quest’ultimo ha rimandato alla «parte penale» della Costituzione apostolica di Giovanni Paolo II, in cui si arriva fino alla scomunica «latae sententiae» – prevista anche per la pratica della «simonia», cioè la compravendita di voti – e si invitano i cardinali elettori ad astenersi «da ogni forma di patteggiamenti, accordi, promesse od altri impegni di qualsiasi genere».