Vita Chiesa
Il Papa ai malati: nessuna lacrima va perduta
“La Chiesa si rivolge sempre con lo stesso spirito di fraterna condivisione a quanti vivono l’esperienza del dolore”. Lo ha detto, stamattina, Benedetto XVI, ricevendo i partecipanti alla XXVII Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari.
La scienza cristiana della sofferenza. Rivolgendosi ai professionisti e ai volontari della sanità, il Papa ha sottolineato: “La vostra è una singolare vocazione, che necessita di studio, di sensibilità e di esperienza. Tuttavia, a chi sceglie di lavorare nel mondo della sofferenza vivendo la propria attività come una ‘missione umana e spirituale’ è richiesta una competenza ulteriore, che va al di là dei titoli accademici. Si tratta della ‘scienza cristiana della sofferenza’, indicata esplicitamente dal Concilio come ‘la sola verità capace di rispondere al mistero della sofferenza’ e di arrecare a chi è nella malattia ‘un sollievo senza illusioni’”. Di questa “scienza cristiana della sofferenza”, è stato l’invito del Pontefice, “siate degli esperti qualificati! Il vostro essere cattolici, senza timore, vi dà una maggiore responsabilità nell’ambito della società e della Chiesa: si tratta di una vera vocazione, come recentemente testimoniato da figure esemplari quali San Giuseppe Moscati, San Riccardo Pampuri, Santa Gianna Beretta Molla, Santa Anna Schäffer e il servo di Dio Jérôme Lejeune”.
Non dimenticare la dignità. “È questo un impegno di nuova evangelizzazione – ha precisato il Santo Padre – anche in tempi di crisi economica che sottrae risorse alla tutela della salute. Proprio in tale contesto, ospedali e strutture di assistenza debbono ripensare il proprio ruolo per evitare che la salute, anziché un bene universale da assicurare e difendere, diventi una semplice ‘merce’ sottoposta alle leggi del mercato, quindi un bene riservato a pochi”. Infatti, “non può essere mai dimenticata l’attenzione particolare dovuta alla dignità della persona sofferente, applicando anche nell’ambito delle politiche sanitarie il principio di sussidiarietà e quello di solidarietà”.
Come il Buon Samaritano. “Oggi – ha osservato Benedetto XVI -, se da un lato, a motivo dei progressi nel campo tecnico-scientifico, aumenta la capacità di guarire fisicamente chi è malato, dall’altro appare indebolirsi la capacità di ‘prendersi cura’ della persona sofferente, considerata nella sua integralità e unicità. Sembrano quindi offuscarsi gli orizzonti etici della scienza medica, che rischia di dimenticare come la sua vocazione sia servire ogni uomo e tutto l’uomo, nelle diverse fasi della sua esistenza”. Per il Papa, “è auspicabile che il linguaggio della ‘scienza cristiana della sofferenza’ – cui appartengono la compassione, la solidarietà, la condivisione, l’abnegazione, la gratuità, il dono di sé – diventi il lessico universale di quanti operano nel campo dell’assistenza sanitaria. È il linguaggio del Buon Samaritano della parabola evangelica, che può essere considerata – secondo il beato Papa Giovanni Paolo II – ‘una delle componenti essenziali della cultura morale e della civiltà universalmente umana’”. In questa prospettiva “gli ospedali vanno considerati come luogo privilegiato di evangelizzazione, perché dove la Chiesa si fa ‘veicolo della presenza di Dio’ diventa al tempo stesso ‘strumento di una vera umanizzazione dell’uomo e del mondo’”. Secondo il Pontefice, “solo avendo ben chiaro che al centro dell’attività medica e assistenziale c’è il benessere dell’uomo nella sua condizione più fragile e indifesa, dell’uomo alla ricerca di senso dinanzi al mistero insondabile del dolore, si può concepire l’ospedale come ‘luogo in cui la relazione di cura non è mestiere, ma missione; dove la carità del Buon Samaritano è la prima cattedra e il volto dell’uomo sofferente il Volto stesso di Cristo’”.
Silenziosa testimonianza. “Questa assistenza sanante ed evangelizzatrice – ha chiarito il Santo Padre – è il compito che sempre vi attende. Ora più che mai la nostra società ha bisogno di ‘buoni samaritani’ dal cuore generoso e dalle braccia spalancate a tutti, nella consapevolezza che ‘la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente’. Questo ‘andare oltre’ l’approccio clinico vi apre alla dimensione della trascendenza, verso la quale un ruolo fondamentale è svolto dai cappellani e dagli assistenti religiosi”, ai quali compete “in primo luogo di far trasparire nel variegato panorama sanitario, anche nel mistero della sofferenza, la gloria del Crocifisso Risorto”. Benedetto XVI ha riservato, infine, un ultimo pensiero ai malati: “La vostra silenziosa testimonianza è un efficace segno e strumento di evangelizzazione per le persone che vi curano e per le vostre famiglie, nella certezza che ‘nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio’. Voi ‘siete i fratelli del Cristo sofferente; e con lui, se lo volete, voi salvate il mondo!’”.